• • L'India e il socialis1no 1923 Certo, c'è un capitalismo di Stato in India, accanto a quello privato col q1 uale è in diretta competizione. A parte il fatto che dappertutJto, nei paesi definiti socialisti, c'è ancora capitalismo di Stato, og·gi il movimento operaio comincia ad accettare l'ipotesi che il trapasso non avvenga necessariamente con pure e semplici sovver- , sioni politiche, ma attraverso una conquista dall'interno. E' il senso, anche se appena abbozzato e incompiuto, del XX Congresso e delle elaborazioni delle << vie nazionali » in Occidente. Questo può essere valido anche per l'India, e a maggior ragione ·perché le borghe~ie nazionali dei paesi sottosviluppati sono strutturalmente deboli, non possiedono per effetto del colonialismo le risorse necessarie per i grandi programmi d'investimento, non hanno le stesse possibilità dinamiche d'accumulazione: sono tesi, fra l'altro proprio di Lange, il quale, pur cauto nei singoli casi, non esita a definire 1~ sostituzione della bor1 ghesia con lo Stato, nei paesi arretrati, un processo « irreversibile», anche se non automatico nelle varie fasi (quindi anche q,ui i rilievi di Maitan nel confronto fra settore puibblico e privato vanno visti secondo una prospettiva). Vi è stato solo un caso specifico diverso, quello del Giappone, ma avvenuto in condizioni storiche irripetibili, quan.do lo Stato, dopo aver finanziato l'industrializzazione, ne ha donato interamente i frutti alla borghesia. Oggi è improbabile una ripetizione di quel caso in paesi che devono costrui•re le stesse basi industriali; il capitalismo di Stato, gli investimenti pubblici, sono l'unica forma capace di imprimere ·uno sviluppo economico e di porsi tendenzialmente in condizioni di crescita piu rapida rispetto al settore privato. Certo non c'è automaticità, bensf lotta di classe. E il primo, e soprattutto il secondo piano quinquennale indiano, vanno appunto visti nel quadro della lotta di classe e della competizione, a1 ccanita, fra settore pu·bblico e settore privato. Di qui, a parte le difficoltà finanziarie e la scarsezza delle risorse, i limiti che si sono riscontrati nella esecuzione dei programmi. Era ovvio che il sabotaggio frenasse e li1mitasse certe realizzazioni (in Cina il problema si pone su una scala diversa, e anziché sabotaggio capitalista c'è resistenza ·popolare a un processo di accumulazione accelerata che impone pesanti sacrifici: ma il risultato pratico è il medesimo, cioè ancora. limiti e freni alla realizzazione di programmi am,biziosi). Malgrado però sabotaggi e tentativi di in.voluzione, al primo piano è sèguito il secondo, piu i·mpegnativo, ed ·oggi si gettano le basi di un terzo piano che gli Indiani considerano «decisivo» (e non lo dicono oggi, ma l'han sempre detto riconoscendo che i primi ·due erano necessariamente modesti in quanto aventi l'obiettivo di creare le fondamenta, e solo queste, dello sviluppo: bisogna ricordare che la Cina, ali' atto· della- rivoluzione · coiblioteG·aGino Bianco
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