1406 Commenti competizione su scala mondiale per la creazione di nuovi satelliti, la Europa rischia di ridursi al rango di un satellite minore o di un meteorita oscillante fra il pianeta americano e il pianeta sovietico, se rimane spettatore attonito della grande avventura scientifica. E che di scienza si tratti, e non semplicemente di una prestigiosa esibizione di efficienza tecnica, lo conferma la successiva << stazione automatica interplanetaria » collocata dai sovietici fra terra e luna. Ora, da un exploit tecnico o da un'impresa sportiva si può rimanere esclusi senza danno irreparabile; non cosi dai progressi delle scienze. Ma può l'Europa uscire dalla sua inerzia? E' fatale la sua decadenza? Certo, la sua inadeguatezza alle nuove dimensioni, cui abbiamo accennato, costituisce un fatto ineluttabile; e tuttavia la scienza non è solo satelliti ed esplosioni nucleari, essa offre ancora problemi accessibili ai ricercatori europei. Assurda è la competizione in quei campi: perciò appare pura follìa, degna di nazionalisti forsennati, l'ambizione francese di far esplodere ordigni nucleari nel Sahara, per una vanagloria militare che è priva di senso a confronto con le imprese sovietiche e con i tentativi americani. Ma non è inconcepibile la partecipazione europea alle nuove conquiste, sol che ci si liberi una buona volta dalle angustie nazionalistiche e campanalistiche, che si mettano in comune, a livello internazionale, risorse e risultati, che si affrontino i problemi da un angolo visuale europeo in una prospettiva niondiale. C'è un angolo visuale europeo che può illuminare di una sua luce intellettuale e morale i problemi del mondo in cui viviamo. E' pur sempre alla scala dell'uomo che le conquiste cosmiche devono essere riportate. Su questa scala l'Europa ha ancora qualcosa da dire. Se sono superate le dimensio_ni europee in certi campi della scienza, non sono superate, in~ece, le esigenze europee, vale a dire le esigenze intellettuali, morali, civili della convivenza umana che si esprimono nei travagli e nelle crisi delle società europee. Se la storia della civiltà europea non ha da scomparire senza traccia, questi nostri paesi dovranno pur riuscire a f arie sentire codeste esigenze a quelle società piu giovàni che nella gara impetuosa per le conquiste materiali - la produttività, gli spazi interplanetari, la luna - sembrano troppo spesso dimenticare le piu modeste conquiste di benessere e di libertà alle quali gli uomini anelano specialrnent~ in questa vecchia Europa. Se l'epoca della distensione vuol essere l'annuncio della civiltà della coesistenza, non ci si può accontentare del motto « voi mangerete le vostr~ bistecche, noi mangeremo il nostro borse». La fame che tormenfa tanti uomini e donne in Europa e non soltanto in Europa non è di solo pane, né di sola luna, anche se occorre anzitutto del pane per saziarla: è fame di un nuovo assetto sociale e politico che consenta a ogni uomo di essere artefice e non strumento, dominatore e non schiavo ·BibliotecaGino Bianco ·
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