Passato e Presente - anno II - n. 11/12 - set.-dic. 1959

, 1438 Roberto Battaglia di buon diritto, appartenere agli eredi degli antichi romani. E converrà a questo proposito rileggere le acute osservazioni di Chabod nelle sue Premesse alla storia della politica estera italiana. Il fatto è che l'affiorare nel Risorgimento di <<miti>>di questo genere, da una parte pone in risalto la debolezza, la gracilità organica della sua struttura, dall'altra ha una sua indubbia e insostituibile funzione: serve a ron1pere certi limiti precisi, a scavalcare le barriere della <<situazione obiettiva», ad andare avanti con maggior slancio. (Non vorrei che ora Pavone accusasse anche il sottoscritto di avere una <<doppia anima» nei riguardi del Risorgimento: la <<doppia anima>>, in questo senso, appartiene piuttosto allo stesso Risorgimento, è costituita dall'intreccio dei suoi aspetti positivi e negativi). Cosf, l'esaltazione orgogliosa della <<forza militare » degli italiani - vedi la disfida di Barletta - rientra anch'esso nell'ambito mitologico, ma è un mito assolutamente necessario in un paese che come l'Italia era stato disavvezzo per lunghi secoli all'uso delle armi, in cui senza questa spinta o impulso sarebbe stato ben difficile prospettare il sorgere di un « esercito nazionale», l'esplodere d'una lotta accanita contro i suoi padro11i interni ed esterni. Se <<i miti » del primo Risorgimento trovano quindi una chiara giustificazione nella situazione storica da cui en1ergono, c'è da notare tuttavia che quando essi sopravvivono alla situazione suddetta non sono piu <<gli stessi», ma cambiano natura, diventano da progressivi o parzialmente progressivi sempre piu esplicitamente reazionari e contribuiscono non piu a stimolare, ma a frenare il progresso democratico. Tale . è il caso e tale il dramma dell'animatore dell'impresa dei Mille, del suo effettivo responsabile politico, di Francesco Cri~pi, che ho cercato di analizzare nei miei studi sulle prime guerre coloniali. Crispi, secondo quanto ho cercato di chiarire, non è reazionario perché si converte alla reazione, modificando i suoi orientamenti ideali; ma è tale, in sostanza, appunto perché conserva le sue vecchie idee in una situazione totalmente nuova quale è quella dell'Italia dopo l'Unità e vive in un mondo diverso, quello della <<quest_ione sociale» e dell'alba dell'imperialismo, con lo sguardo rivolto al passato, chiuso nei propri sogni o nelle proprie allucinazioni. E l'episodio che forse meglio pone in risalto questo dramma, o il significato anacronistico che ha assunto lo stesso « garibaldinismo », è quello del grande banchetto dato a Roma dai <<reduci dei Mille» nel luglio '95, allorché quei veterani gloriosi celebrarono le dubbie vittorie africane sui dervisci e sui tigrini co1ne la naturale conclusione dello sbarBibliotecaGino Bianco ·

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