Passato e Presente - anno II - n. 11/12 - set.-dic. 1959

1426 Commenti' « cura del sonno e dell'ibernazione >> con cui la Germania « cerca istintivamente di guarire» sono stati magnificamente descritti da Carlo Levi nelle ultime pagine della prefazione. E occorre dire che di fronte a tale perfetta sintesi le vere e proprie impressioni di viaggio, già in gran parte pubblicate a puntate nella << Stampa >> appaiono meno efficaci e convincenti. E' certo estremamente interessante, come sempre, seguire Levi nei suoi incontri, nelle sue impressioni e divagazioni. Se non altro, c'è la personalità dell'autore, multiforme, ingombrante e tirannica, ma anche un poco sperduta nelle enormi piazze e vie di Berlino,, tra questi tedeschi che si permettono di nascondersi perfino davanti a lui, finchè in sostanza solo gli orsi bianchi del W eihnachtsmarkt lo apprezzano adeguatamente, e vedendolo prendere degli appunti si domandano: « Scriverà un libro? Parlerà anche di noi? » E Levi riconoscente risponde: « Forse non parlo d'altro», confermando co1ne tutto son1mato se la intenda meglio con gli orsi che coi tedeschi. Questa insoddisfazione, questa difficoltà di capire, già annunciata nella prefazione, grava un po' dappertutto, e si ha l'i1npressione che Levi tiri il fiato quando può evadere parlando del duomo di ·Ulm o della pittura tedesca o della regina Nefertiti. Non che rinunci a scoprire le carte, a interrogare il presente sul passato, ed è anzi quando ottiene qualche cosa in questo senso, quando visita Dachau o fa parlarlare i tedeschi ubriachi, che racconta le cose piu interessanti. Ma la difficoltà di istituire un rapporto tra quel passato e questo presente lo perseguita e lo paralizza, finché nelle ultime. pagine si risolleva con una grande, bellissima immagine sintetica: quella della Germania come pulsante cuore dell'Europa, ma cuore vuoto. Che a Levi sia riuscita la sintesi meglio che l' an~lisi, la filosofia piu che la descrizione della Germania, non fa meraviglia, visto che la Germania si nasconde, e che non è facile descriv-=re ciò che si nasconde. La colpa è principalmente della Germania. Ma un po' di colpa ce l'ha però forse anche Levi. E' noto che nel suo saggio su Svevo e Schmitz Giacomo Debenedetti mosse allo scrittore triestino l'appunto di non aver fatto dei suoi I?rotagonisti degli ebrei, mentre la loro psicologia è quella dell'autore, tipicamente ebraica. Può essere, Ìna il rimprovero non sembra valido per dei romanzi, i cui personaggi sono sempre qualche cosa di piu e di diverso dell'autore, e del resto non si vede perché uno 'non possa chiamarsi Zeno Cosini pur avendo un'irrequietezza << ebraica», perché molti ebrei saranno irrequieti, ma non tutti gli irrequieti sono ebrei. Ma se Debenedetti facesse la stessa obiezione a questo libro BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==