Passato e Presente - anno II - n. 11/12 - set.-dic. 1959

ssato resente 1433 Idee della Resistenza: Battaglia, Spriana, Pavone 1462 Scuola e lavoro in URSS: D. Settembrini 1482 La scuola sottosviluppata: M. lnsolera 1499 Petrolio in Sicilia: R. Roche/ ort 1525 Pianificazione economica in Malesia: G. Busino 1546 / deologia e sviluppo in Israele: A. Pizzorno 1571 Sviluppo della Slovacchia: G. Avo/io Commenti: Luna ed Europa - Distensione - Scuola in crisi - Eclissi dell'intellettuale - Germania di Levi - I tolemaici n. 11-12 settembre-dicembre 1959 Biblioteca Gino Bfanco

Sommario COMMENTI La luna e l'Europa - Opinioni in tema di distensione internazionale (Coesistenza e "crisi catastrofica"; Distensione di vertici; Continuità della politica sovietica; L'economia sovietica e la distensione) - Cento anni perduti per la scuola - Eclissi dell'intellettuale - La Germania di Levi - I tolemaici, ovvero i migliori anni della nostra vita (di Antonio Giolitti, Alberto Caracciolo, Car los Gonzales Rivera, Piero d'Angiolini, Andrea Saba, Melina Insolera, Roberto Guiducci, Cesare Cases, Alessandro Pizzorno ). Le idee della Resistenza: Roberto Battaglia, Primo e secondo Risorgimento Paolo Spriano, Gobetti, Gramsci, Morandi Claudio Pavone, Un discorso da continuare Domenico Settembrini, Scuola e lavoro nell'Unione sovietica ' REALTA ITALIANA Melina Insolera, La scuola sottosviluppata Renée Rochefort, Il petrolio in Sicilia Vittorio Spinazzola, "La Stampa" contro i meridionali a Torino A. G., Recenti scritti sul Mezzogiorno MONDO CONTEMPORANEO Giovanni Busino, Un caso a parte: la Federazione malese Alessan-dro Pizzorno, [_fattori ideologici in un processo di sviluppo: Israele Giuseppe Avolio, Punti fermi nello sviluppo econo1nico della Slovaccliia NOTE Gert Petersen, Azione socialista in Danimarca Francesco Veneziani, Nazismo e opposizione Giuliano Amato, Realtà economica e diritto: leggendo Lador-Lederer Luigi Carlo Ottino, Lenin da vicino SEGNALAZIONI a cura di Giuliano Amato, Alberto Aquarone, Alberto Merola, Silvano Merusi, Maria Adelaide Salvaco Indice del!' annata 1959 · Il presente fascicolo è in vendita a L. 600BibliotecaGino Bianco ·

Commenti LA LUNA E L'EUROPA. Che lo strabiliante successo dell'impresa lunare sovietica dovesse far rabbrividire le autorità vaticane c'era da aspettarselo: e ciò non tanto per la paura provocata dalle ovvie illazioni sulla potenza militare ricavabili da quella spettacolosa dimostrazione delle capacità scientifiche e tecniche dell'Unione Sovietica, quanto piuttosto per le preoccupazioni di natura ideologica, filosofica e anche 1'eligiosa che non possono non destare in menti timorate le implicazioni di tal genere contenute - anche se in modo ancora assai oscuro e quasi enigmatico - in quella formidabile affermazione della scienza umana a livello cosmico. Ma ci ~ ha colto di sorpresa, lo confessiamo, la stupefacente reazione di tipo campanilistico manifestata dal/'« Osservatore romano>> col suo buffissimo tentativo di accaparrare alla << vecchia Europa» il merito dell'impresa. Non rileviamo l'episodio per gusto polemico e non vogliamo perciò indugiare nella facile ironia cui si presterebbe la ridicola pretesa di voler improvvisamente ànnettersi ciò che per anni ci si è affaticati a esorcizzare: il riferimento a quella impagabile sortita dell'organo vaticano ci serve a dare maggior rilievo, per contrasto, alla nostra opinione esattamente opposta, fondata su alcune considerazioni forse degne di ulteriore meditazione. • Se esprimiamo il giudizio ·che le nuove conquiste della scienza fisica e astronautica scavalcano e mettono in un canto la vecchia Europa, non ci si farà il torto di credere che lo facciamo per ignoranza del contributo decisivo che nel passato l' Occidente europeo ha fornito per creare le basi della scienza contemporanea. Vogliamo con quel giudizio indicare due fatti: primo, che le dimensioni della ricerca scientifica nei nuovi campi della fisica nucleare e delle esplorazioni interplanetarie superano di gran lunga i mezzi disponibili da parte di ciascun paese europeo (e prevenian1,o gli eventuali maligni glossatori che con questa espressione non intendiamo escludere l' URSS· dal novero dei paesi europei, bensl semplicemente constatare che essa, relativamente al fatto q~i considerato, opera come potenza continentale) euro-asiatica); secondo, che nella 1 BibliotecaGino Bianco

1406 Commenti competizione su scala mondiale per la creazione di nuovi satelliti, la Europa rischia di ridursi al rango di un satellite minore o di un meteorita oscillante fra il pianeta americano e il pianeta sovietico, se rimane spettatore attonito della grande avventura scientifica. E che di scienza si tratti, e non semplicemente di una prestigiosa esibizione di efficienza tecnica, lo conferma la successiva << stazione automatica interplanetaria » collocata dai sovietici fra terra e luna. Ora, da un exploit tecnico o da un'impresa sportiva si può rimanere esclusi senza danno irreparabile; non cosi dai progressi delle scienze. Ma può l'Europa uscire dalla sua inerzia? E' fatale la sua decadenza? Certo, la sua inadeguatezza alle nuove dimensioni, cui abbiamo accennato, costituisce un fatto ineluttabile; e tuttavia la scienza non è solo satelliti ed esplosioni nucleari, essa offre ancora problemi accessibili ai ricercatori europei. Assurda è la competizione in quei campi: perciò appare pura follìa, degna di nazionalisti forsennati, l'ambizione francese di far esplodere ordigni nucleari nel Sahara, per una vanagloria militare che è priva di senso a confronto con le imprese sovietiche e con i tentativi americani. Ma non è inconcepibile la partecipazione europea alle nuove conquiste, sol che ci si liberi una buona volta dalle angustie nazionalistiche e campanalistiche, che si mettano in comune, a livello internazionale, risorse e risultati, che si affrontino i problemi da un angolo visuale europeo in una prospettiva niondiale. C'è un angolo visuale europeo che può illuminare di una sua luce intellettuale e morale i problemi del mondo in cui viviamo. E' pur sempre alla scala dell'uomo che le conquiste cosmiche devono essere riportate. Su questa scala l'Europa ha ancora qualcosa da dire. Se sono superate le dimensio_ni europee in certi campi della scienza, non sono superate, in~ece, le esigenze europee, vale a dire le esigenze intellettuali, morali, civili della convivenza umana che si esprimono nei travagli e nelle crisi delle società europee. Se la storia della civiltà europea non ha da scomparire senza traccia, questi nostri paesi dovranno pur riuscire a f arie sentire codeste esigenze a quelle società piu giovàni che nella gara impetuosa per le conquiste materiali - la produttività, gli spazi interplanetari, la luna - sembrano troppo spesso dimenticare le piu modeste conquiste di benessere e di libertà alle quali gli uomini anelano specialrnent~ in questa vecchia Europa. Se l'epoca della distensione vuol essere l'annuncio della civiltà della coesistenza, non ci si può accontentare del motto « voi mangerete le vostr~ bistecche, noi mangeremo il nostro borse». La fame che tormenfa tanti uomini e donne in Europa e non soltanto in Europa non è di solo pane, né di sola luna, anche se occorre anzitutto del pane per saziarla: è fame di un nuovo assetto sociale e politico che consenta a ogni uomo di essere artefice e non strumento, dominatore e non schiavo ·BibliotecaGino Bianco ·

Distensione delle forze gigantesche che possono aprire nuovi baratri o zonti a seconda che siano affidate ali'arbitrio incontrollato del potere o al controllo democratico dei popoli. OPINIONI IN TEMA DI DISTENSIONE INTERNAZIONALE. Coesistenza e << cr 1s1 catastrofica ». 1407 . . nuovi ortzdelle élites a. g. C'è continuità o rottura? Il classico quesito può porsi ancora una volta a proposito della politica sovietica degli ultimi tempi. Krusciov, principale protagonista, su questo terreno si compromette poco. Se sempre piu rari si fanno i suoi richiami a Lenin e piu empirico il suo procedere rispetto a giustificazioni ideologiche, nell' insieme i comunisti tendono però a presentare la strategia attuale come un'unica strategia ini.z:iata dalla rivoluzione d'ottobre, mutata solo dalle differenti condi- ~ zioni oggettive dell'equilibrio mondiale. Nell'ultimo discorso di Krusciov al Soviet supremo è del resto affiorata ancora la rivendicazione di completa contiTJ,uità con la politica estera di ieri, e solo la diversa forza dell'Unione Sovietica sarebbe la causa di certi mutamenti apparenti. Che alla base dell'attuale fase della « coesistenza » si trovino ragioni oggettive - progresso tecnico-economico sovietico e stabilizzazione in Cina ed Europa orientale, impasse nella gara degli armamenti e pericoli di distruzione bellica totale - è fuori di dubbio. Che di conseguenza alcuni dati fondamentali della politica estera sovietica, fino a ieri condizionata dall'inferiorità tecnologica, dall'accerchiamento, dalla minaccia atomica, siano superati, è altrettanto vero. Eppure, . se si confronta l'indirizzo attuale di Krusciov con quello degli St~lin e dei Molotov, si scopre un cambiamento di accenti e di obiettivi che esprime una frattura anche soggettiva, di impostazione strategica. Trascurando questa visione diversa (di una diversa generazione del gruppo dirigente) nel modo di intendere la << coesistenza >> e la « vittoria mondiale del comunismo »,si perdono, al contrario, conseguenza di notevole portata. · Qual' era, in ultima analisi, il disegno strategico di Stalin? Serrarsi entro la cortina di ferro per forzare i tempi della costruzione economica, tecnica, militare, evitando al massimo contatti con l'esterno. Guadagnar tempo - trattando o polemizzando, resistendo o secondo la tecnica del << rischio calcolato ». E aspettare in queste condizioni l' approfonBibliotecaGino Bianco

1408 Commenti dirsi dei conf Zitti interni tra i paesi del!'altra sponda (la famosa tesi delle guerre ricorrenti fra capitalisti, riaffermata nel '52), aspettare la crisi economica definitiva del!'America, limitata nei mercati e delusa di uno sbocco bellico alla sua produzione. Insomma la pace, a cui Stalin teneva era una tattica per minare il sistema imperialista, giudicato a un punto di cronica sovraproduzione e militari.z.zazione. Un modo · per suscitare, prima o poi, il marasma nell'opposto campo, mettendo il nemico in ginocchio. Conseguenze? Prima di tutto - davanti a una guerra pressoché inevitabile per l'esigenza di profitto dei monopoli americani - diplomazia rig;ida, ostentazione di forza, militarizzazione dell'economia e della società sovietica. Inoltre, davanti ali' incapacità della industria americana a trovare sbocchi pacifici, nessuna offerta capace di suggerire alternative di impiego pacifico, ma acuta lotta per sottrarre mercati semicoloniali, anche a costo di sacrifici: subisse l'imperialismo fino alla crisi mortale le· conseguenze della propria logica. Al termine c'era, guerra o no, il << momento >> della drammatica e globale resa dei conti. Forse uno scontro bellico, per il disperato gui.zzo del capitalismo morente, cui dovevano esser pronti con ferrea decisione Unione Sovietica e movimento comunista mondiale (a guardar bene, nella politica interna ed estera sovietica tutto pareva teso ad affrontare nelle migliori condizioni questa prova). O· forse, se la crisi tra i capitalisti fosse capitata in tenipo come gli <<esperti» di Stalin prevedevano ad ogni passo, il confronto decisivo sarebbe avvenuto attraverso la paralisi, la resa del mondo capitalistico per la propria impotenza. Catastrofica però in ogni caso la soluzione di una coesistenza così intesa: una specie di apocalisse, dalla quale il comunismo sarebbe emerso come unico superstite, e il suo nemico annientato. '!il a non soluzione sorprendente, se intesa come parte di un pensiero impregnato del determinismo di certe interpretazioni marxiste, di un manicheismo senza sfumature, di un' intolleran.za spietata, niaturato anzi in una Russia assediata e drammaticamente tesa a sopravvivere e a darsi un'economia industriale. Qui ci pare profondamente diverso -. testimonianza di altre condizioni e di altri tempi - il disegno kruscioviano, in ciò che si riesce ad afferrarne. La <<gara» tra i due sistemi è concepita ancor più che nel passato come gara di efficienza economica fra due Stati, accantonando come accessorio e quasi anacronistico l'apporto dei 1novimenti operai dei paesi capitalistici o dei movimenti di liberazione dell'area semicoloniale. Ma essa si fonda, adesso, soprattutto, sul tacito abbandono della teoria di una crisi generale e catastrofica pronta a travolgere gl' imperialisti, e sul riconoscimento di una persistente vitalità del « capitalismo morente» diagnosticato quarant'anni prima in estrema agonia. Ma proprio per questo è anche una gara meno spietata, meno incline a pre- •BibliotecaGino Bianco

Distensione 1409 parare il colpo segreto dietro la stretta di mano, ritenendo che fra le massime potenze, « fra gentiluomini», ci sia sempre modo di intendersi. In questo quadro anche le offerte di Krusciov per il disarmo, le comuni applicazioni in campo nucleare, l'intervento concordato nelle aree depresse, disegnano un programma non tatticistico, ma sincero. Devono avere appresso con scandalo di uomini della vecchia guardia - un Molotov, diciamo - come Krusciov abbia lanciato, nel suo discorso all'O.N.U., quasi un suggerimento all'America sul modo di evitare una crisi di riconversione dell'economia bellica, dirigendo il suo sforzo economico verso i paesi sottosviluppati: quando il programma staliniano tutto faceva invece perchè questa crisi scoppiasse. Così da un lato l'escatologia staliniana, colorata di implacabile fatalismo, sembra lasciare il posto a un discorso meno arbitrario, e prima di tutto a un discorso possibile, libero da una prospettiva massiccia di distruzione. Bandito lo spirito di crociata dei Dulles e Mac Carty, ma anche la superba aspettazione catastrofica dei bolscevichi del!'età staliniana, nella diminuita tensione bellica si scopre, per l'iniziativa di energie democratiche, moderne, popolari, non legate alla primazia meramente produttivistica e statuale, quello spazio meno angusto e quel contesto meno intollerante di cui scrivevamo qualche mese fa guardando << al di là della coesistenza ». D'altro lato, proprio per questa condizione nuova si pongono problemi di alta complessità alle energie sociali e intellettuali non contente della semplice intesa fra i <<grandi>>e non rassegnate a concepire la distensione come fatto diplomatico, industriale, o spaziale. Nell'idea della << imminente catastrofe» del capitalismo c'era pur sempre, accanto al fatalismo manicheo, una tensione giacobina di significato rivoluzionario; ed ora che i più autorevoli portatori di questa idea la vanno accantonando, si fa urgente inserire nella coesistenza, in tal modo sdrammatizzata, gli elementi di un disegno alternativo, carico di quella forza che può derivargli dal!'aderire alle grandi esigenze di libertà degli uomini nel nostro tempo. a. c. Distensione di vertici. Non si può dire che la distensione, finora, sia stata qualche cosa di diverso o qualche cosa di piu di un'attenuazione della guerra fredda: non si può dire che a!la relativa conciliazione tra le grandi potenze sia seguita_ una sia pur incipiente liberazione all'interno dei due formidabili Biblioteca·Gino Bianco

1410 Commenti blocchi egemonici che si dividono il mondo: questo mi pare da sottolineare rispetto ad alcune conseguenze piu ampie che Caracciolo sembra voler ricavare. Nikita Krusciov ha potuto portare nei suoi colloqui statunitensi non solo la comprensibile volontà di coesistenza dello Stato sovietico, ma una ostentazione di cordialità mal conciliabile con la pretesa di rappresen .. tare, di fronte al proletariato internazionale, un partito che fu quello di Lenin; ha potuto - dove pur sarebbe stata sufficiente la fredda correttezza della trattativa diplomatica - rendere alla democrazia degli oligopoli l'ostentato omaggio di un pubblico rinnegamento del marxismo nella non insignificante dichiarazione di non far distinzione tra governo e popolo degli Stati Uniti. Già nel corso del viaggio del leader sovietico appariva il carattere puramente internazionale della distensione proposta: davanti ai rappresentanti del movimento operaio degli Stati Uniti Krusciov non esitava a riesumare le tradizionali ingiurie staliniane e a vantarsi cinicamente della repressione della rivoluzione popolare ungherese. Né i fatti successivi consentono di ritenere che, fino ad oggi, il gruppo dirigente post-staliniano voglia dare alla distensione un significato meno freddamente limitato alle «realistiche» considerazioni di una politica di potenza. Il governo fantoccio ungherese continua a condannare i superstiti dell'insurrezione, né altri satrapi dell'Europa orientale si mostrano sensibili ad. esigenze di libertà o sia pure di tolleranza. Non risulta che sia stato liberato, per esempio, il marxista Wolfang Harich, condannato per delitto d'opinione dai ristalinizzatori della Germania orientale per aver diffuso tesi che egli si proponeva di sottoporre alla discussione dei militanti del SED come fu a suo tempo documentato dal settimanale << Risorgimento socialista». N,é appare turbato l'immobilismo staliniano di paesi come la Romania, la Bulgaria, l'Albania: paesi e popoli di cui non è lecito ricordarsi solo quando si svolgono clamorosi processi_, e in cui la storia sembra essersi fermata agli anni che precedettero la scomparsà dell'autocrate geor- . giano. Altrove il « nuovo » consiste proprio nell'abbandono delle pur caute riforme introdotto dopo il drammatico autunno del 1956: se il comitato centrale del POUP riprende le tesi del più chiaro conservatorismo e vuole imporre ai lavoratori il blocco dei salari e l'aumento della produttività (quasi che non si potesse attingere a spese improduttive e a redditi di minoranze privilegiate) certo nessuna illusione è possibile, e solo dall'esterno dell'attuale gruppo dirigente potranno venire le forze del rinnovamento. Nuove Posnan saranno necessarie, una nuova « primavera d'ottobre » riaprirà la via del/' iniziativa operaia contro un gomulkismo ristalinizzato. Fin d'ora è doverosa la solidarietà inBibliotecaGino Bianco ·

Distensione 1411 CQndizionata e senza equivoci del movimento operaio internazionale con i lavoratori polacchi contro i quali, ancora una volta, l'ordine regna a Varsavia. La Cina, indubbiamente, richiederebbe piu ampio discorso, anche perché i suoi rapporti internazionali sono molto più complessi di quelli dell'Est europeo. Ma non si può non ricordare almeno due fatti: la continua provocazione di « incidenti di frontiera» contro un'India neutralista e democratica, e la massiccia riaffermazione di una granitica ortodossia ideologica contro la rinnegata proniessa dei << cento fiori ». Dall'altra parte delle non cancellate frontiere della guerra fredda non sembra molto diverso il significato della distensione. Dopo gli amichevoli colloqui con Krusciov, il presidente degli Stati Uniti non ha esitato ad invocare contro i lavoratori in lotta la schiavistica legislazione antisindacale sorta all'ombra dell'incipiente guerra fredda; nel territorio degli Stati Uniti continua la cospirazione permanente contro la coraggiosa democrazia cubana; perdura latente il ricatto economico e diplomatico contro la stessa Cuba, contro il nuovo Venezuela, contro i nuovi paesi indipendenti d'Asia e d'Africa; né sembra attenuarsi l'appoggio entusiastico del governo degli Stati Uniti alle sanguinose dittature che opprimono la Spagna, il Portogallo, la Repubblica Dominicana, il Nicaragua. Non interamente contrario alla distensione si dichiara ormai, sul piano internazionale, l'anacronistico bonapartismo francese. Ma guerra e torture, massacri e devastazioni continuano in Algeria: un governo succube al permanente ricatto della sedizione colonialista ha fatto dello sterminio sistematico di un popolo, dalla distruzione fisica di un Paese, quotidiano metodo di governo. In una Francia ormai divenuta colonia dei colonialisti d'Algeri la stessa opposizione - opposizione legale a un governo illegale - e ormai obiettiva complicità, e l'obbedienza disciplinata di un esercito dimostra fino a che punto possa giungere la corruzione e la degenerazione delle stesse forze popolari quando chi ne assume la direzione·- come il P.C.F. - si sente in dovere di dimostrare al nemico di classe il proprio << patriottismo ». Distensione conservatrice, dunque, fino ad oggi Né si può presumere che altro carattere debba assumere in seguito per impulso dei gruppi dominanti, i quali tutti, in forme diverse, cercano nella diminuita tensione internazionale il consolidamento della loro posizione . interna. Tuttavia ciò non significa che il movimento operaio possa assumere nei confronti della distensione un atteggiamento di neutralità o di passività. La distensione non significa automaticamente progresso pacifico e neanche attenuazione della repressione interna, anzi è chiaBibliotecaGino.Bianco

1412 Commenti, ro che le classi dominanti, per esempio in paesi come l'Italia, si ripromettono da essa una piu efficace << conservazione dell'ordine » e l'immancabile rafforzamento dell' << autorità dello Stato». Ma nello stesso tempo la distensione, per il fatto stesso di rompere le artificiose cristallizzazioni di forze e le attese apocalittiche della guerra fredda, pone le condizioni per una contro// ensiva del movi1nento operaio. Dopo anni di sconfitte il proletariato vede indebolirsi il fronte unico antipopolare saldato da terrori manichei e da prospettive di catastrofe, mentre non può piu affidarsi all'implicita speranza di una solu.zione << dall'esterno ». Alla lotta dei lavoratori all'interno di ogni singolo paese, e nei paesi dipendenti anche contro l'oppressione straniera, è ormai rimessa la speranza unica e irrinunciabile di una . ' societa nuova. c. g. r. Continuità della politica sovietica. Nell'interpretazione dei recenti fatti di politica internazionale prevale, a mio avviso, nella nota di Caracciolo, il tono ottimistico che scaturisce dalla convinzione della novità della politica kruscioviana e dal giudizio sostanzialmente positivo che se ne deve trarre. A me non pare che il cambiamento, indubitabile, della politica sovietica sia da ricondurre troppo intempestivamente alla originalità delle concezioni personali di Krusciov o ad una sua svolta ideologica. Ragioni di prudenza vorrebbero, prima di concludere per la "rottura" del nuovo corso sovietico, che si cercasse di esaminare preventivamente, tenendo presenti le nuove condizioni oggettive e i mutati rapporti di forza tra URSS e Stati Uniti, se il cambiamento di rotta non sia piu apparente che reale e, in ogni caso, se davvero miri a spostare la strategia e gli obbiettivi finali del comunismo sovietico. Una certa sclerosi, una certa rigidità di manovra e un'applicazione spesso meccanica di espedienti tattici era chiaramente avvertibile negli ultimi anni del regime staliniano in prol~L-ngataagonia. L'adeguamento di Krusciov, pronto a cogliere le esigenze nuove, è apparso quindi piu brusco: era quasi inevitabile che la linea politica apparisse spezzata in corrispondenza del passaggio del potere da una mano all'altra. Si pensi poi alla vistosa propaganda, alla clamorosità obbligata del· XX congresso, alle irruenze proprie del temperamento personale del nuovo leader. Non ci sembra inutile tentare di interpretare i dati obbiettivi di cui possiamo disporre sulla politica krusceviana secondo una linea di coerenza con la tradizione sovietica. 1) Che l'URSS dovesse uscire dalla fortezza, assediata non appena BibliotecaGino Bianco ·

Distensione 1413 lo potesse fare senza rischio - mutate cioè le condizioni di fatto per le quali vi si era rinserrata - era, piu che un consiglio, un ordine per un leninista. Era l'obbligo per lo Stato socialista tentare di impadronirsi della leadership mondiale come i partiti comunisti devono, non appena se ne creano le occasioni propizie, impadronirsi del potere. In breve volger di tempo è avvenuto un salto qualitativo sui generis: prima assediato, lo Stato sovietico è passato a porre l'assedio al mondo capitalistico. Non si tratta certo della prevista rivoluzione mondiale ma di un cambiamento essenziale nei rapporti di forza da Stato a Stato: della superiorità dell'URSS nel campo dei missili e del vantaggio che ne deriva sul piano militare. 2) E' un fatto che la crisi economica e i con/ Zitti interni del mondo capitalistico non si sono verificati nella misura in cui prevedevo Stalin. Che però Krusciov abbia escluso l'una e gli altri dal novero delle possibilità futvre è troppo presto per dirlo. Si può supporre a11.ziche egli, usando dei nuovi mezzi a disposizione con piu successo di Stalin, si sia mosso, sia uscito dal guscio proprio per provocare artificialmente quei dissidi e quella crisi, creando una offensiva psicologica, obbligando gli Stati capitalistici a rapide trasformazioni economiche. La propaganda di pace, che mira appunto a spingere il mondo capitalistico sull'orlo dell'abisso, della crisi di sovraproduzione, si affidà:,,4 - piu allora che oggi - ali'azione dei partiti comunisti occidentali e "alla partecipazione attiva delle masse al processo eversivo: Caracciolo si spinge troppo oltre nell'attribuire a Stalin una mentalità manichea e la credenza in un ferreo determinismo, laddove gli elementi sovrastrutturali (propagandistici e d'ordine politico) non sono mai stati sottovalutati dai comunisti, pur con la difficoltà di armonizzarli con l'attesa di eventi risolutivi. L'offensiva pacifista kruscioviana è tanto piu pericolosa per gli Stati capitalistici in quanto, potendosi disporre di un'area maggiore di con•· cessioni, si offrono piu serie garanzie. Tale politica non si riduce a quella sterile schermaglia che, p~r l'addietro, aveva contrassegnato i rap• porti tra i due blocchi, sequestrandoli nell'ambito della . diplomazia .. Si pensi allo choc psicologico del àtsarmo totale - minaccia mortale per l'economia americana - offerto con nuove suggestioni. E si considerino i vantaggi, ora che Krusciov si appresta a raccogliere le fila del suo ordito, dello sblocco di una situazi(!ne stagnante, dei contrasti che riemergono all'interno del hlocco occidentale. 3) L'altra componente della politica kruscioviana, quella dichiarata, si fonda sul vantaggio acquisito nel settore di punta della tecnica, tende ad aumentarlo e a superare gli Stati Uniti in ogni campo della p,:oduzione. Quaranta anni di propaganda hanno promesso al popolo sovietico un livello di ·vita superiore a quello dei popoli che vivono in BibUotecaGino Bianco

1414 Co1nmenti, regime capitalistico. Scadenze improrogabili imponevano di dar ,nano a questa parte, mai sconfessata, del programma comunista: la superiorità acquisita nel campo dei missili e le mirabolanti imprese nel campo spaziale non giustificherebbero agli occhi delle masse la necessità di tirare ancora la cinghia. Probabilmente nessun altro capo del regime - e Malenkov sta a testimoniarlo - avrebbe potuto evitare di imboccare questa strada, non fosse altro per avere un punto decisivo di vantaggio sulr avversario. Ma gli sforzi nel campo dell'industria leggera e dell'agricoltura non intaccano l'affermazione basilare della priorità dell'industria pesante. 4) La necessità di una nuova espansione produttiva spinge l'URSS a fare agli Stati capitalistici le offerte cui accenna Caracciolo: scambi commerciali, aiuto ai paesi coloniali e simili. Basterà tutto ciò per evitare la crisi nel mondo capitalistico? E' difficile pensare che gli Stati imperialisti possano,_ senza contraddizioni, adattarsi a simili direttive economiche e politiche. Ma se ciò avvenisse - e senza danno per essi - vi sarebbe, per contropartita, un aumento ancor maggiore della forza produttiva dell'URSS sulla base degli acquisiti vantaggi e nella credenz:a della superiorità del sistema socialista. In ogni caso l'URSS aumenterà il suo prestigio, allargherà la sua sfera d'azione, altererà in definitiva ancor piu a suo vantaggio il rapporto di forze. 5. Che Stalin pensasse alla guerra - ad una guerra provocata dall'URSS - come via d'uscita dalla fortezza assediata, anche Caracciolo non lo crede. Krusciov fa però un passo avanti: non gli appare piu necessaria né la guerra imperialista, né altra catastrofe nel campo avverso per guadagnare la leadership mondiale, per raggiungere gli stessi risultati cui porterebbe un conflitto armato, peraltro di esito sempre incerto, e in ogni caso letale per tutti i contendenti.- . Ciò significa spostare l'asse delle future prospettive piu sulla potenza e· sul prestigio degli Stati socialisti che sulla crisi interna al sistema capitalistico, che non appare piu necessaria. Di conseguenza i partiti comunisti si ritengono assai meno impegnati in senso rivoluzionario, m/ntre si smorzano i con/ Zitti che nasc~no dalle reazioni de popoli coloniali. E qui Caracciolo è d'accordo. Ma cosa significa tutto ciò se non che si è giunti alle estreme conseguenze - dopo l'attesta di una rivoluzione mondiale -- dell' app(icazione del sistema del socialismo in un solo paese? Sempre piu si assiste al trasferimento del trionfo di una causa, che dovrebbe cointeressare l'umanità intera, ad una politica di vertici e ad una gara di gruppi di scienziati. Che la politica kruscioviana sia condizionata dalle trasformazioni interne e dai conflitti dei gruppi dirigenti all'interno dell'Unione sovietica, non vi è dubbio. D'altra parte probabilmente lo spostamento cui è stato ·BibliotecaGino Bianco ·

Distensione 1415 condotto ha costretto Krusciov a ceréare la sua base di manovra in piu vasti strati dirigenti e popolari, tagliando fuori uomini della· vecchia guardia. Ne ha fatto, piu dei predecessori, l'esponente incerto e contraddittorio delle aspirazioni diffuse nelle masse sovietiche; intuite con sicura sensibilità. Spinto dalla necessità di mantenere l'egemonia nel nuovo rapporto di forze instaurato egli potrebbe spingersi piu in là, essere obbligato a non mantenere negli stretti limiti le intenzioni iniziali. La stessa apertura d.ell'URSS, per effetto della nuova politica estera potrebbe, a lungo andare, risolversi in un processo di trasformazione del regime comunista. Ma è difficile pensare che ciò avverrebbe per diretta volontà del gruppo dirigente. Anche se previste e calcolate come rischio della nuova audace politica, le aperture libertarie scaturirebbero piuttosto per le contraddizioni interne poste in essere dal nuovo corso e per la pressione delle forze liberate. Ma non è questo il discorso che qui si vuol fare. Qui preme sottolineare che la soluzione oggi adottata può rientrare negli schemi ormai acquisiti al comunismo sovietico. La « giustificazione » teorica è possibile e probabile; e servirà a ribadire il prestigio e l'autorevolezza dell'attuale gruppo dirigente. p. d'a. L'economia sovietica e la distensione. Poiché non credo che possano darsi giudizi di fondo su una situazione ancora in corso, anzi appena agli inizi, mi pare che in merito · alla attuale fase di distensione internazionale giovi piuttosto cercar di esaminare alcuni fatti concreti che tentare di intravvedere già eventuali 1nutamenti di natura ideologica. Un richiamo, necessariamente rapidissimo, alla situazione interna all'economia sovietica, può fornirci alcuni elementi di fatto per un giudizio politico. Nessuno ignora lo sforzo avutosi dal 1917 ad oggi nell'URSS per costruire una progredita struttura indusfriale. Si sa come la sensazione maggiore sia stata diretta a creare una moderna industria pesante, e come la produzione di beni di consumo, di abitazioni, di servizi non indispensabili, sia stata . com pressa fino al limite della sopportazione sociale. Ma ora per il popolo russo, che ha acquistato ormai una posizione di sopremazia scientifica e strategica, si prospetta un periodo di maggiore benessere materiale, dato che un alto livello tecnico e industriale consente di raggiungere un'elevata produzione, .senza scapito per i s~ttori di ·base, anche di quei· beni che rendono pìu confortevole l'esistenza. Bibl"otecaGino Bianco

1416 Commenti · Hanno dunque molta importanza, secondo noi, le cifre del bilancio recentemente approvato dal Soviet supremo. V i si parla di incremento del 60% nella costruzione di abitazioni e di altri aumenti, pure cospicui, per alcuni beni di consumo durevoli come /rigori/ eri e lavatrici elettriche. Naturalmente si è ancora lontani dai livelli statunitensi, ma ciò che importa (ed anche Krusciov lo ha sottolineato con molta decisione) è la svolta che si viene determinando nelle scelte economiche in Unione Sovietica. Proprio per lo sforzo economico a cui era sottoposta, ancora ieri l'URSS restava contratta e chiusa in sé. La rigidità interna del periodo staliniano, la durezza, immane a volte, con cui tutto, comprese le libertà, la cultura e l'arte, veniva soffocato di fronte al fine di realizzare o addirittura superare gli obiettivi dei piani quinquennali, determinavano un atteggiamento assai duro anche sul piano della politica internazionale. Si -prenda come esempio il fenomeno della « corti1J,a di ferro». Esso pure si ebbe, almeno in parte, in funzione dello sviluppo economico. E' noto infatti col termine di << effetto dimostrativo >> quella tendenza, comune a tutti i paesi. sottosviluppati, per cui le classi piu abbienti, ma spesso anche le altre, sono portate << per imitazione» ad adottare un livello di consumi proprio dei paesi ricchi ( si pensi alla diffusione della televisione nelle zone piu povere del sud italiano). Tale condotta riduce di molto la tendenza al risparmio e quindi la possibilità di investimento produttivo. Di qui acquista significato economico anche la << cortina di ferro »: un popolo che non può ricever è aiuto dalt esterno - cosi si ragionava - deve di forza trovare da sé stesso i mezzi per creare una struttura industriale moderna. E ciò è possibile solo spingendo al massimo il risparmio ali'interno e favorendo il risparmio coatto attraverso la com-pressione dei consumi. Perciò non si potevano, dati i fini, lasciare aperte le porte in Russia al miraggio del piu alto te·nore di vita degli occidentali e dell'elevatissimo livello di benessere americano. Ora il periodo di tensione massima sembra çuperato. I governant~ si sentono in grado di allentare la briglia; la linea di condotta politica può diventare piu malleabile; e il popolo russo, galvanizzato dai successi scientifici, vede ormai vicina un'epoca di maggiore benessere ed è assai meno sensibile alle lusinghe del!' American standard of life. In questi termini il, dialogo con l'occidente diviene possibile. Una politica di distensione trae insomma fondamento secondo noi (e qui ci troviamo d'accordo con la spiegazione che dà Krusciov) in una realtà obiettivamente mutata. · Vi è in ciò, come ritiene Caracciolo, un cambiamento di indiri.zzo da parte degli attuali dirigenti sovietici? Ritengo di si, ma nella misura in cui esiste un rq,pporto dialettico fra ideologia e realtà. Se è la realtà -BibUotecaGino Bianco ·

Cento anni di scuola 1417 obiettiva a imporre determinati adeguamenti ideologici, la politica di Krusciov, pur essendo la continuazione di quella di Stalin, non si differenzia in sostanza da quella di Malenkov, soltanto che quest'ultima fu troppo precipitosa, anticipando rispetto a una situazione economica non ancora matura. Per quanto riguarda le condizioni interne dell'economia russa, ci sono dunque le condizioni per sperare che la guerra fredda possa vera1nente trasformarsi in << pacifica competizione economica». Ma qui si aprirebbe l'altro discorso; si può dire lo stesso, e in che senso, a proposito delle tendenze interne dell'economia degli Stati Uniti? a. s. CENTO ANNI PERDUTI PER LA SCUOLA. Il 13 novembre è ricorso il centenario della legge Casati, fonda- ~ mento delle istituzioni scolastiche italiane. La data ha coinciso con la · discussione al senato del piano per lo sviluppo della scuola nel prossimo decennio, noto con1e << piano Fanfani». Avrebbe potuto essere un modo degno di celebrare la ricorrenza: si poteva considerare l'occasione come indice di una scadenza ormai improrogabile, tanto più che la legge Ca,sati costituisce ancora l'ossatura della nostra scuola e già un secolo fa era accusata di non essere abbastanza moderna, favoren,do la cultura classica a scapito di quella tecnica. Ma il « piano Fanfani» non presenta prospettive confortanti: formulato come piano finanziario, senza apparente pretesa di riformare le strutture scolastiche, non sòlo rischia per ciò stesso di cr•istallizzare l'inadeguatezza della scuola di oggi, ma risponde in realtà, unito ai disegni ,di legge che lo accompagnano, ad una linea ben precisa, ancor meno democratica del progetto di riforma Gonella del 1951. Tale linea s'identifica, come ha messo chiaramente in evidenza Carlo Ludovico Ragghianti (nel volumetto Scuola secondo costituzione, pubblicato a cura dell'Associazione per la difesa e lo sviluppo della scuola pubblica in Italia), con « i progetti dell'Associazione italiana maestri cattolici, dell'Unione cattolica italiana insegnanti 1 medi, della Federazione istituti dipendenti dall'autorità ecclesiastica, dell'Ufficio stud,i della CISL, delle ·A,CLI, dei Centri didattici nazionali». In altri termini << si è fatta, nel complesso, una scelta, e questa scelta non coincide con quella della BibliotecaGino Bianco

1418 Commenti scuola della libertà, laica e democratica>>. Anzi la scelta piu chiaramente individuabile è il tentativo ,di far finanziare dallo Stato le scuole private ed ecclesiastiche, soprattutto le scuole materne » ( art. 15). Inoltre « la finalità strettamente confessionale che le ispira conferisce un carattere educativamente partigiano a queste scuole, e non appare giustificata l'erogazione ad esse di crescenti somme derivate dalla pubblica tassazione», osserva J..,amberto Borghi (nello stesso volume Scuola secondo costituzione), confutando ad uno ad uno gli argomenti addotti dai cattolici a sostegno dell'attuale condizione della scuola italiana, che, teoricamente inconsistenti, mascherano appena la faziosità e la malafede. Ma si •sa che non si tratta di un conflitto di teorie pedagogiche o religiose, bensf di interessi tutti mondani e terreni. Tuttavia la discussione del piano e l'iter legislativo dei vari progetti connessi hanno offerta qualche conseguenza politica degna di rilievo. Da un canto l'opposizione laica è apparsa sostanzialmente unita nella difesa della scuola pubblica, dall'altro si è operata una singolare frattura in seno alle forze cattoliche, nel giudicare il progetto Medici sulla scuola obbligatoria dagli 11 ai 14 anni. Il contrasto è fra l'AIMC e l'UCIIM ed è dovuto a ragioni corporative, in quanto maestri e professori si contendono la scuola secondaria inferiore. Il risultato è stato il parere del Consiglio superiore della P. I. contro la scuola quadripartita progettata da Medici e a favore della scuola unitaria opzionale, secondo le intenzioni dell'UCIIM. Il vantaggio di questo compromesso non sarebbe grande, perché le opzioni avrebbero ancora carattere predeterminante; ma almeno la diiScriminazione piu grave (che accanto alla scuola media inferiore sussista una· sezione «_normale», cioè post-elementare) sarebbe evitata. In ogni modo è interessante osservare che il n1inistro è ancorato alla posizione piu retriva, forse per far sf che continui ad apparire scandalosa innovazione da noi ciò che altrove è da tempo naturale. costume civile. Viene un senso di profondissima noia a pensare che si debba ancora lottare perfino perché sia attuata pienamente l'istruzione obbligatoria, di cui si preoccupava già la legge Casati un secolo fa. E ancor piu malinconico è che, per insegnare in una scuola che ancora non esiste, si accapigliano maestri e professori, 1nentre in altre parti del globo fanno ormai lezione gli apparecchi elettronici. . m. t. ·Biblioteca Gino Bianco·

' L'intellettuale 1419 ECLISSI DELL1INTELLETTUALE. All'uomo moderno è proscritta la possibilità di incarnare la categoria dell'opposizione. Egli perciò si è svestito della divisa ·del «guerriero» (in senso morale, s'intende, hegeliano o, meglio, come vedremo avanti, hegeliano alla prima maniera). Guerriero è chi affronta il rischio mortale nella dialettica padrone-servitore per essere, di là della battaglia, o nulla o vincitore meritevole del proprio destino dominante. La nuova figura, che sostituisce quella eroica, è il «giocatore», l' uomo, cioè, che non può rischiare interamente se stesso in un atto definitivo e qualificante, ma è costretto a spandersi quantitativamente in una partita in cui le mosse sono rigorosamente limitate dalle regole del gioco, dove il massimo dell'audacia è soltanto astuzia, dove il possesso è solo avere piu fiches da rilanciare nella successiva partita, dove è possibile, al limite, far saltare un banco, ma mai il casinò che non è messo, per principio, in palio. Fuor di metafora, il giocatore è l'uomo della società di massa, o società industriale moderna, in cui ogni avventura è possibile tranne quella di mettere in causa il senso stesso dell'avventura: la società di massa o l'industria in quanto tale. Tuttavia non è possibile adeguarsi ad una tale società che va degradando ogni valore umano, che sta 1neticolosamente e tecnicamente sostituendo al pensiero, all'iniziativa, alla fantasia, ali'arte: la ripetizione, l' Òttundimento, l'indifferenza, il conformismo, e, al limite, la mistica sessuale, r ipnosi, la droga. Il libro di Elemire Zolla << Eclissi dell' intellettuale» è tutta una fenomenologia della degenerazione dell'uomo mo-- derno assalito e distrutto dalla fatica produttivistica da un lato e dalla cultura industrializzata che, dall'altro, suadendolo, lo rende adatto ad accettarla. Dalle pagine di Zolla nasce una sorta di « breviario del rifiuto » che non temiamo di consigliare anche a chi, a:;sai piu esperto nella sociologia della società di massa, spesso non trova, nell'analisi, ragioni sufficienti ad uno scatto definitivo, incuriosito talora assai piu dalla scoperta del negativo, che irritato dalla sua sempre piu vasta affermazione. Vogliamo dire che non ci rifiutiamo ad una moralistica. Anzi ne speriamo una ripresa moderna. Sappiamo bene che, a furia di intelligenti c_ollocazioni storicistiche per i fatti social.i e di giustificazioni psicanaliticlie per i fatti individuali, i piu si sono messi il cuore in pace ed esercitano,, se esercitano ancora, la loro critica per dimostrare la necessità dell'errore, la 'sua invalicabile oggettività e, quel che è peggio, la sua natura di mezzo realisticamente indispensabile per poter raggiungere un livello superiore, con ciò perpetuandolo e confermandolo all'infinito._ Avremmo, anzi, voluto che la moralistica di Zolla andasse oltre gli BibliotecaGino Bianco

1420 Commenti aspetti piu appariscenti della società di massa ( « immondezza s,onora » della radio e delle canzonette, l'ipocrita campo di concentramento delle spiaggie, l'infantilismo della letteratura d'evasione, la paralisi televisiva, ecc.), e che egli avesse affrontato, oltre la critica alle élite del potere, quella al proletariato, tradito ed oppresso sì dalla duplice industria produttiva e culturale della classe avversaria, ma supino anche verso l'industria politica della propria classe, che lo fisra nella posizione subalterna di massa non meno della prima. Ma Zolla, pur partito con l'inten.zione lodevole di. negare il mondo industriale e la degenerazione di cui esso dà spettacolo, non può portare a fondo il suo discorso perché questo è, fin dal principio, dentro la logica del mondo a cui egli cerca di opporsi. Cosa significa, infatti, la distinzione fra «guerriero» e « giocatore» su cui egli imposta la sua critica? Egli giudica il giocatore dal punto di vista del guerriero. Ma chi è quest'ultimo, disincarnato dalla rappresentazione hegeliana ed incarnato in quella marxista, se non lo industriale ali' alba del capitalismo, erroneamente elogiato dallo stesso Marx nel Manifesto? Che cosa significa l'atroce dialettica mortale che egli esercita se non che l'uomo è ancora stretto in condizioni sociali a carattere biologico? Il guerriero, che elimina l'avversario con il rischio totale della sua vita, non è, fuor di metafora, che il capitalista il quale elimina un rivale nel!' età industriale della concorrenza; il- giocatore, che accetta il compromesso secondo le buone regole, è ancora il capitalista o il pianificatore autocratico nell'era dei trusts e della collettivizzazione statuale. Non c'è antagonisn20 fra le due figure, non c'è eroicità nella prima, ed avvilimento nella seconda, entrambi sono eroi allo stesso titolo nel cielo della metafisica, e niente affatto eroi sul terreno della realtà. · Opporsi alla società di massa non può significare, pertanto, nostalgia per il guerriero e disprezzo per il giocatore, ma chiara negazione di entranibi questi modi di esercitare il mestiere nel mondo industriale. Ma per far questo occorre avere il coraggio di passare attraverso gli anatemi del buon Flaubert (che, co1ne ci ricorda Zolla, diceva che volèr concludere è degli imbecilli). Occorre concludere, invece, che un' opposizione radicale è necessaria, che essa comporta certamente lo svincolamento dal riscatto realistico della routine ma che, nello stesso tempo, ciò non significa affatto una ascetica accettazione dell' « idiozia » ( << idiota », ci ricorda sempre Zolla, era, secondo i Greci, chi si rifiutava alla vita pubblica). Contemporanea all'opposizione è già la formulazione di un << programma alternativo», aperto alla elaborazione, al.la verifica, alla partecipazione collettiva. La posizione dell'intellettuale non deve perciò differire da quella di qualsiasi altro uomo èhe, soffocato e oppresso da una Qrmai assurda condizione sociale, si propone di modificarne radicalmente non solo la di- -BibliotecaGino Bianco ·

L'intellettuale 1421 rezione, ma la natura. La sostanza democratica dell'iniziativa non può consentire all'intellettuale di assumere una posizione di aristocrazia autorevole né, tanto meno, di leadership partitica. Non abbiamo perciò nulla da obbiettare alla sostan.za della critica di Zolla alla concezione gramsciana dell'intellettuale come dirigente politico piu specialista. La partecipazione democratica a carattere generale annulla la necessità del « leader politico », la partecipazione specialistica (la ricerca a tutti i livelli) annulla la necessità del << leader specialistico » a servizio del << leader politico ». E' la vittoria della persuasione, qui scientifica e basata sulla possibilità di verifica diretta, di cui Zolla rimpiange la drammatica scomparsa dal mondo moderno. Ma Zolla va per tutt'altra strada, e critica Gramsci per tornare a Croce. Quale il compito dell'intellettuale moderno che vuol passare oltre la società di massa? <<L'ufficio di censore della vita pubblica, aristocrarticamente alieno dal gioco degli interessi». Al di fuori della mischia egli eserciterà la sua fun.zione critica della vita politica, alla quale tuttavia aderirà come cittadino. Ma ad un patto: << egli dovrà inibirsi la politica attiva in quanto intellettuale, anche quando vi sia spinto come cittadino>>. Il che non può significare altro che questo: l'uomo di cultura, sdoppiato su piano astratto e su piano concreto, secondo i noti distinti ~crociani, potrà essere quanto si vuole intelligente come intellettuale, ma non potrà essere che « idiota » dal punto di vi~·ta del cittadino; ugual1nente, potrà essere quanto mai attivo come cittadino, tuttavia «idiota» da un punto di vista intellettuale, dato che in questo esercizio egli non potrà usare, appunto, Le sue qualità specifiche di scienziato o di pensatore. La critica è, qui, aspra perché è. anche una autocritica. Uno schema analogo proposero anche alcuni di noi, in pieno stalinismo, sperando che l'istituzionalizzarsi di un centro culturale critico, staccato dal piano politico, potesse giovare da me11:ento e da modifica della politica staliniana stessa. Nel medesimo ternpo l'adesione politica, diretta o indiretta, ci avrebbe garantito la presenza e la solidarietà con il movimento di sinistra che andavamo criticando. Questa posÌ.zione si dimostrò quanto 1nai errata e sterile perché, anziché cooperare alla caduta dello stalinismo, sarebbe stata disposta ad accettarlo, purché questo, a sua volta, avesse tollerato il discorso critico di una ristrettissima schiera di intellettuali. Lo stalinismo non fu in grado di capire che, concludendo il patto, avrebbe ben presto ridotto quegli intellettuali a sostenitori del sistema. La sua cecità ci salvò l'anima, come, oggi, la cecità della società industriale salverà quella del!'amico Zolla: non conceden,dogli, neppure, il piccolo monastero che egli chiede. 2 BibliotecaGino B.ianco

1422 ' Commenti Ma non c'è ragione di disperare. Caduti i miti del guerriero e del giocatore e, infine, del monaco che, fittiziamente, cerca di sostituire incruentemente il primo, restano esatte le critiche che Zolla e altri e noi andiamo facendo ad un modello di società, quello industriale e di massa, che, per verifiche concrete ed esprimibili su terreno 'insieme morale e scientifico (e scientifico perché morale), si va sempre piu dimostrando del tu.tto inadatto e insufficiente a risolvere i problemi di cui è gravato il mondo e a sviluppare le potenzialità di cui è carico.. L'importante è non sperare nelle restaura.zioni positive. Già il vecchio H egel, superando le sue posizioni intransigenti delle Lezioni del 1803-04 in cui esigeva la risoluzione cruenta della dialettica signoreservo, intravvedeva nella Fenomenologia la vittoria finale del servo, capace, egli solo, contro la potenza dominante, ma aristocratica e non costruttiva, del signore, di fabbricare pezzo per pezzo e dal basso un mondo interamente umano. << Nel servire, la coscienza servile sopprime il proprio attaccamento all'esistenza naturale in tutti gli elementi costitutivi particolari e isolati; e, col lavoro, elimina tale esistenza». Si affaccia, anche se in un'alba ancora estremamente buia, l'idea dell'uomo che fa se stesso, che sorpassa e fa suo corpo inorganico la natura, che si apre alla storia. Marx, il pensatore di questa grande transizione, ci porta, oltre Hegel, all'egemonia della coscienza servile, e ci conduce verso una società industriale ra.zionalizzata. Oggi andiamo intuendo che la società industriale ha in sé una logica irrazionale, uno schema autocratico di potere, e che i sogni di Hegel e di Marx hanno probabilità di realizzarsi solo di là da questo limite. Paradossalmente, l'industria sembra avere la possibilità di razionalizzarsi solo dal punt? di visia di una società post-industriale. Certo, a questo punfo, non ci sono piu né leggi oggettive, né spinte biologiche, né ineluttabilità che ci guidano. Gli uomini potranno scegliere fra un estendersi ed un arricchirsi quantitativo di una società di massa a scala mondiale o tentare la costruzione di una società in cui si possano decidere modi nuovi di vita, forme qualitativamente intense e civili di consumare la propria esistenza. Nel quadro di questo futuro ci dice Zoll:i: << la luce intellettuale d'amore e l'animo féstivo non danno una ragione di vivere e lavorare, bensf una pienezza che dispensa dal cercare una ragione; senza d'essa gli unici stimoli, come osservava Simone vVeil, sono la coercizione o il guadagno, cioè l'oppressione o la corruzione». Esatto. Ma occorre sapersi decidere a costruire la propria domenica. r. g. ·BibliotecaGino Bianco·

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