Passato e Presente - anno II - n. 10 - lug.-ago. 1959

Le autonomie e lo Stato 1377 ad abbandonare. La prima è il peso, legale ma talvolta anche arbitrario, dell'autorità tutoria, particolarmente vessatorio verso le spese « facoltative » introdotte nei bilanci di amministrazioni di sinistra. Il secondo è la scarsità delle imposizioni spettanti agli enti locali rispetto agli obblighi e alle facoltà a questi enti attribuite. Una riforma globale della legge comunale e provinciale, che assicuri un ampio decentramento e una limitazione dei poteri prefettizi, e una riforma dei tri- ·buti locali, sono rivendicate ormai dalle associazioni che rappresentano gli enti locali senza distinzione di partito, come necessità funzionale e democratica. I governi democristiani, concordemente con l'alta buro- ,. crazia e con tutte le forze conservative dello Stato, sono invece profondamente ostili a questi provvedimenti, nei quali vedono il rischio di una diminuzione dei propri poteri centrali. Si ha l'impressione che i partiti di sinistra non abbiano fatto molto, in concreto, per imporre questa riforma. Essi paiono assorbiti per lo piu dalla grande politica, e le articolate proposte avanzate alcuni mesi or sono al convegno del « Mondo » per il decentramento e la lotta contro il regime prefettizio sono state giudicate poco meno che utopistiche. Però in ogni pél:rted'Italia, in centri grandi e meno grandi, esistono esempi d'inventiva, di tenacia, di competenza, sostenuti dal consenso popolare, che hanno portato a successi esemplari anche nell'ambito della legislazione attuale, nel campo dei piani urbanistici e del calmiere dei prezzi, delle municipalizzazioni e della giustizia tributaria. Elevare questi esempi a fenomeno piu generale, e gettare frattanto le migliori energie anche al centro nella richiesta di riforma amministrativa e tributaria piuttosto che - per esempio - di riforma dei criteri elettorali, sembra essere uno dei modi oggi piu efficaci di andare al cuore del sistema conservativo di potere. 4. L'intervento economico su scala regionale. Inutile nascondere i limiti della dimensione comunale per interventi economici di notevole rilevanza. Anche le grandi città, per le quali tale rilevanza vi può essere, stabiliscono così complessi rapporti con i centri · piu prossimi e con il retroterra, che assistiamo frequentemente ormai a iniziative intercomunali (Milano), o si discute la ristrettezza di una « zona industriale » entro limiti municipali (Roma), o si cercano di definire i rapporti fra un capoluogo modernamente industrializzato e lo sviluppo economico di un'intera provincia (si veda qui stesso l'articolo di Franco Momigliano su· Torino). 88 .Biblioteca Gino Bianco

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