Passato e Presente - anno II - n. 9 - mag.-giu. 1959

/ ssato resente 1120 1129 1169 1174 1184 1202 1231 1242 Pianificazione sovietica: L, Cafagna Gramsci giovane: G. Scalìa \ Progresso e lavoro in agricoltura: C. Carlesi Gestioni fuori bilancio: R. Zerilli La S(!Cietàpolacca: L, Vasconi Potenza militare cinese: F, Veneziani Un dibattito sulla classe operaia in Francia Partecipazioni statali: M, A. Salvaco, A. Giolitti N. 9 maggio - giugno 1959 Biblioteca Gino Bianco

Sommario Luciano Cafagna, Dalla caria al piano alla pianificazione Gianni Scalìa, Il giovane Gramsci REALTÀ ITALIANA Carlo Carlesi, Progresso tecnico e occupazione in agricoltura: alcune recenti esperienze nella Padana Rosanna Zerilli, Funzioni e co1itrollo delle << gestioni fuori bilancio » MONDO CONTEMPORANEO Luciano Vasconi, Il dibattito sull'economia e la società polacca Francesco Veneziani, La Cina popolare: una nuova potenza militare rrtondiale NOTE E COMMENTI Giuseppe Tamburrano, Che cos'è la classe operaia in Francia? Un dibattito sulle condizioni e le prospettive della classe operaia -A proposito del convegno socialista sulle partecipazioni statali: Maria Adelaide Salvaco, Gli equivoci di un indirizzo Antonio Giolitti, Una politica senza perplessità SEGNALAZIONI a cura di Nino Cassese, Carlo Alberto Dònolo, Fabio lvlerusi, Danilo _Montaldi, Gabriele Romano. Redazioni BOLOGNA - Via Riva Reno 60 - Tel. 23.74.08 MILANO - Via Calatafimi 12 - Tel. 85.73.80. TORINO - Via San Dalmazzo 24 - Tel. 51.11.87 PISA - Piazza San Giorgio 3 ROMA - Via Uffici del Vicario 16 - Tel. 68.71.08 Amministrazione Segreteria di Redazione presso la Redazione romana. Abbonamenti Annuale L. 2.400 (Italia). L. 4.000 (Estero). Sostenitore L. 10.000 (sul c.c.p. 1/18913, Roma, intestato a Remo Catassi). Un fascicolo L. 500, arretrato L. 600. Direttore responsabile Carlo Ripa di Meana. Biblioteca Gino Bianco ..

• DALLA CORSA AL PIANO ALLA PIANIFICAZIONE Si può dire che non sia passato anno dalla morte di Stalin senza che la direzione della· economia sovietica nei suoi indirizzi e nelle sue forme di organizzazione non abbia _subitonotevoli e spesso bruschi mutamenti. Praticamente. due piani quinquennali, il quinto e il settimo, sono stati messi da parte nel periodo in cui avrebbe dovuto compiersi la loro realizzazione, ed _è sembrato quasi che si affermasse il principio di una strategia economica fondata ·su grossi blocchi di decisioni a breve intervallo, a carattere secco e séonvolgente, empiricamente determinate dalla necessità di fronteggiare in modo ·aggressivo· sìtuazioni di emergenza. In effetti appare piuttosto difficile s·ostenere,·di fronte al ~arattere repentino _di certe mosse e al frequente zig-zag degli indirizzi affer- · m~tisi, che tutto quanto è accaduto fosse l'ovvio passo ultçriore della ~ituazione antecedente. Non •si spiega nulla definendo la. n~ova fa~~ come una fase di articolazione che .segue le rigidezze di una tensio11:e anteriore. Cosf come appare un po' c~struito a posteriqri il tentativ_o. di attribuire i frequenti mutamenti, e una certa altalen.a che· li ha accompagnati, a una lotta di linee diverse, di visioni politiche e ideali diyerse del futuro della società sovietica·: visioni del genere, ad ampio r~spi~q, probabilmente mancavano a tutte le parti. È piu ragionevole invece pensare che i dirigenti ·della società sovietica si_siano trovati di front~ ad µn groviglio assai difficile da sbrogliare e che, toccato da un lato, si complicava dall'altro, in un richiamarsi di ·problemi ostili ad ogni soluzione lineare e continua. .. Si considerino i fatti : nel 1952 viene presentato· da Malenkov e Saburov il V piano quinquennale, in cui viene avanzata fra l'altro l'affermazione - poi dichiarata falsa - della definitiva soluzione del problema cerealicolo; nel 1953 Malenkov, Krusciov, Mikoian, Kossighin presentano, in una serie ~i rapporti, un insieme apparentemente coordinato di sostanziali ·rettifiche al piano riguardanti: (a) un piu rapido ritmo di realizzazione del piano per i beni di largo consumo e investimenti addiBibli0teca Gino Bianco ..

1122 Luciano Cafagna zionali (stornati evidentemente da altri settori) in questo campo; (b) una revisione della politica agraria volta ad assicurare lo sviluppo zootecnico ed agricolo in genere, fondata sull'accrescimento dell'interesse materiale diretto dei kolkoziani; nel 1954 viene lanciata da Krusciov la politica di valorizzazione delle terre vergini unitamente ad una critica piuttosto aspra degli indirizzi colturali seguiti in agricoltura e all'abbandono- della priorità prima assegnata ai grandi lavori di irrigazione per la lotta contro la siccità nelle regioni sud-orientali; si hanno le prime misure tendenti a ridurre la percentuale della produzione controllata dall'Unione rispetto a quella controllata dalle repubbliche; alla fine del 1954 Krusciov apre il fuoco contro la tendenza ad avvicinare i ritmi di sviluppo del1'industria leggera a quelli dell'industria pesante, ribadendo la decisa priorità di quest'ultima; nella primavera-estate del 1955 Bulganin annuncia formalmente la crisi del vecchio sistema di pianificazione: il vecchio Gosplan dovrà occuparsi di elaborare piani a lungo termine, mentre per la pianificazio-ne corrente nasce il Gosekonom; si estendono le facoltà dei direttori d'impresa e - fatto tra i piu notevoli - viene im- ' • postata una vasta campagna per il rinnovamento tecnologico e organiz- \ zativo delle imprese industriali nel nome della « seconda rivoluzione industriale» (Bulganin) in atto nel mondo. Nel 1956, con l'apertura del nuovo quinquennio viene posta un'altra novità sconvolgente: la prospettiva di valorizzazione industriale delle regioni orientali dell'URSS; si annuncia intanto che gli obbiettivi del piano per l'agricoltura non sono stati raggiunti. Nel 1957, a un anno di distanza dal Congresso, che - nonostante discutesse il nuovo piano quinquennale - non aveva toccato tale problema, si affronta d'impeto la distruzione della vecchia impalcatura verticale della economia, fondata sulla direzione ministeriale di St.ato (dipàrtimentalistica), per far ·posto ad una direzione unitaria d~ Regione con maggiori facoltà all 'imp~esa; si delinea il sorprendente abbandono del piano quinquennale adottato appena l'anno precedente; nel 1958 si smembrano le Stazioni statali di macchine e trattori e si vendono ai kolkoz i macchinari mentre - con un rovesciamento della impostazione del 1953 con cui si era dato inizio a tutta l'opera di revisione - si apre l'attacco contro le colture e gli allevamenti . parcellari dei kolkoziani; nel 1959 un piano settennale rimpiazza a metà strada il quinquennale abbandonato, con la prospettiva di un vastissimo rimaneggiamento degli investimenti, implicante i maggiori risparmi di capitali nei singoli settori ed un considerevole allargamento della gamma dei settori posti all'ordine del giorno, con una notevole · Biblioteca Gino Bianco·

Pianificazione sovietica 1123 riconsiderazione di quelli di beni di consumo; in maniera del tutto imprevedibile, infine, il settore scolastico - valutato proprio in questo torno di temp? in occidente come il maggior punto di forza della economia sovietica - viene sottoposto ad una severissima critica per una inadeguatezza ai compiti posti dalla pratica qella vita produttiva. Considerate alla rinfusa secondo cronologia, le decisioni succedutesi possono determinare un senso di sfiducia nella possibilità di afferrarne il significato. Volta a volta chi cerca di inquadrarle in una ~dea direttiva (lo sviluppo dei consumi, le esigenze della difesa, la democrazia economica « base necessaria di quella politica ))) viene smentito dagli atti successivi. Il disegno di un nuovo corso consumistico è stroncato prima del nascere; la priorità della industria pesante è affermata nel cuore della piu verde oasi distensiva del dopoguerra; il decentramento, misura di efficienza, non è accompagnato da effettivo trasferimento di poteri alle « masse )> o da una riforma democratica delle organizzazioni dirette che le taccolgono : viene solo presentato come uri « avvicinamento » ai bi- . sogni delle masse, e le o·rganizzazioni sono sollecitate a partecipare attivamente alla realizzazione ·degli obbiettivi, come del resto era sempre stato. La piu appassionante delle discussioni sindacali seguitene di cui abbiamo notizia verte sulla opportunità, modalità, importanza di riorganizzarsi verticalmente e territorialmente in relazione alla riforma della dìrezione della industria. È impossibile allora coordinare i principali aspetti del nuovo corso della economia sovietica in uno schema esplicativo unitario? Forse è impossibile se si resta fermi all'idea di un principio direttivo ispiratore che stia dietro di essi. Nondimeno può non essere impossibile avvicinarsi ad una logica che connette gli elementi interni al sistema economico stesso (sebbene sia evidente che sollecitazioni verso ciascuna delle soluzioni possono essere venute, in taluni casi, anche dall'esterno della sfera economica strettamente intesa). Questo è naturalmente tutt'altra cosa dall'esprimere l'ipotesi di un disegno a priori piu o meno perfezionato. Significa solo ricercare se vi sia stato un mutamento delle condizioni di sviluppo e uno sforzo, fondamentale rispetto ad ogni altra sollecitazione, originato dalla necessità di sfuggire a un impasse e di riaprire i canali di avanzata. Brevemente, i capisaldi della svolta in ciò che hanno di non contraddittorio e di reciprocamente integrabile possono allora sintetizzarsi cosf : (a) sistema di•interventi in agricoltu'ra in tre tempi: aumento dei .redditi kolkozian~ (intesi sempre _piu accentuatamente come redditi di azienda Biblioteca· Gino s·ianco

1124 Luciano Cafagna e non come redditi parcellari);. messa a coltura di nuove vaste estensioni di terra: misure per la trasformazione dei caratteri dell'unità kolkoziana in impresa dotata di piu piene responsabilità economiche e di crescente efficienza tecnica, precedute dallo smantellamento dell'edificio impositivo e della dogmatica agronomica anteriore; (b) ridimensionamen.to dei rapporti fra le tre sfere decisionali del settore industriale, statale, locale, d'impresa, a vantaggio delle ultime due; (c) modificazione dei rapporti fra pianific~zione e gestione cep.trale corrente dell'economia nazionale (cioè tra pre--coordinamento e intromissione coercitiva quotidiana) a vantaggio della pi~nificazione, del che è massima manifestazione un notevole sforzo di razionalizzazione delle scelte d'investimento quanto a dislocazione territoriale, allocazione di risorse, alternative tecnologiche settoriali e una riduzione della tensione provocata dagli obbiettivi _di piano sul mercato (usiam~ questa espressione del tutto impropria per sfruttare a fini di maggiore comprensibilità l'analogia) dell~ materie prime; (d) mobilitazione di margini di mano· d'opera, attraverso la riduzione degli effettivi amµ,.inistrativi e militari e soprattutto attraverso la utilizzazione delle disponibilità di tempo libero giovanile e studentesco. Ciascuno di questi aspetti è richiamato dagli altri e li richiama in - un determinato modo che ci riconduce ad un fenomeno storico di ampia portata, e cioè - ci sembra ~ al raggiungimento della « frontiera >> del sistema precedente, all'esaurimento delle possibilità di espansione contenute nelle forme economiche e sociali della età staliniana. Se si cerca il principio dominante dell'economia sovietica di quella ·età lo si troverà assai lontano da quella « legge fondamentale » che fu formulata da Stalin stesso nell'ultimo anno di vita (e alla quale è piu che mai lecito dare come fu data - a quanto pare con seguito di aspre critiche - una interpretazione « consumistica »): lungi dal puntare sullo accrescimento massimo dei beni di consumo disponibili entro un dato orizzonte temporale (il che implica ovviamente uno sforzo di accumulazione coordinato al punto fissato sull'orizzonte), il sistema economico fu regolato, in parte dalla volontà in parte dalle cose, sul principio della massimizzazione all'infinito dei beni capitali. Diciamo « all'infinito », ma naturalmente è una questione di ottica : ci si comportava « come se » si dovesse perseguire -uno accrescimento all'infinito dello stock sociale c;Iibeni capitali, in quanto l'ottica era deformata da una scarsa conside- ~ · razione dei rapporti di funzionalità che connettono la produzione di beni capitali con la produzione terminale. Donde nascesse questa scarsa consid½razione potrebbe forse chiarirsi con piu ampio discorso: l'asBiblioteca Gino Bianco

Pianificazione sovietica 1125 ·senza di un potere di pressione dal basso per una maggiore disponibilità immediata del reddito prodotto è probabilmente il dato principale, e non tanto - come semplicisticamente potrebbe intendersi - nel senso di mancato freno alla accumulazione, quanto di mancato stimolo che impone di doppiare delle difficoltà non consentendo di ignorarle. Ma dal fatto istituzionale bisogna indubbiamente passare ad un processo cumulativo che solo può rendere piu ampia ragione del fenomeno : la corsa ai beni capitali determinava la scarsezza dei beni capitali, attraverso la pressione anarchizzante sulle assegnazioni; la pesantezza della situazione economica generale accresceva la massa degli interventi centrali quotidiani; l'elefantiasi del centralismo rafforzava i fattori istituzionali presenti ali'origine del processo. Questa ottica era strutturata secondo due dati: la angoscia della scarsità del capitale nazionale e la fiduciosa persuasione della abbondanza degli ingredienti necessari a for~arlo: abbondanza di conoscenze tecniche, prima di tutto, accumulate da un secolo e mezzo di rivoluzione industriale occidentale; abbondanza di risorse naturali; abbondanza di mano d'opera; abbondanza di poteri di mobilitare·e disporre, vale a dire di efficienza. Gerarchicamente, quindi, il primo dato veniva a costituire lo scopo da raggiungere; il secondo i mezzi. · . ~ Il sistema venne messo in moviffiento (parliamo dell'era staliniana) secondo questa spinta : secondo questa spinta forgiò i suoi valori, le sue strutture organizzative, le sue istituzioni, il suo sistema di poteri; second<?questa spinta continuò la sua corsa, a quel che pare, assai oltre ogni giustificazione ideale e di effettiva opportunità pratica, fìnchè non andò ad urtare contro le proprie barriere. Queste erano le barriere della corsa alla industrializzazione estensiva. Creando una psicosi permanente di scarsità di beni capitali, il sistema poneva in atto sempre nuovi e più gigapteschi progetti volti ad ovviare a tale scarsità e, di fatto, determinandola e accrescendola per il maggiore fabbisogno di beni capitali. che ne derivava, per la tensione, il caos e gli sprechi che rarefacevano tali beni ·e inducevano a progettare nuovi investi.menti capaci di soddisfare la richiesta, ma tali in realtà da aumentarla in misura maggiore di quanto non si riuscisse a soddisfarla. _Non di rado, allora, si accrescevano le dimensioni· dei progetti, per pot~r arrivare finalmente ad una scadenza di offerte massiccie : ma in tal modo si differiva la fecondità degli investimenti e si monopolizzavano·i capitali disponibili, aggravandone,· in costante circolo vizioso, la scarsità. Questo straordinario meccanismo, · forse .piu possente nel suo intrinseco anarchismo di quello Biblioteca Gino Bianco

1126 Luciano Cafagna che si era creduto di costruire, ha creato il massiccio boom da cui è nata la potenza industriale dell'URSS. · La fine del boom è segnata dal suo stesso carattere anarchico. Ad un certo punto l'anarchismo dell'espansione minacciava di strozzare i flussi di derrate, di mano d'opera, le possibilità di coltivazioni di nuovi giacimenti di risorse, minacciava di monopolizzare in vie tecnologicamente unilaterali ed arcaiche l'applicazione dei capitali. La disponibilità complessiva del sistema nelle mani dei pianificatori si faceva sempre piu ridotta, a misura che crescevano le disponibilità frammentarie di « rappezzo » nelle mani dei dirigenti dipartimentali e che queste venivano contese persino in forme illecite fra le imprese. La « corsa al piano » uccideva lentamente la pianificazione. Un attento esame rivelerebbe forse che il primo sostanziale passo verso questo stato di cose venne compit1to con la collettivizzazione forzata. Colpisce il fatto che il primo collo di bottiglia chiaramente manifestatosi nel lungo periodo critico di questo dopoguerra sia stato, come è universalmente noto, quello presentatosi in agricoltura, dal punto di vista del livello produttivo di quest'ultima; e colpisce ancora di piu il fatto che la strozzatura di mano d'opera che ha successivamente colpito l'economia sovietica abbia luogo in una situazione di anormale elevatezza della percentuale della popolazione agricola sul totale. Tutto questo i11ducea pensare che la collettivizzazione forzata fu una operazione estremamente costosa non solo in termini umani e sociali ma anche in termini economici. Nelle vicende della accumulazione del capitale del sistema sovietico può essere paragonata ad un gigantesco movimento di enclosures. Essa permise di formare rapidamente un certo esercito di mano d'opera a buon mercato necessario allo sforzo di accumulazione, ma fu immediatamente pagata con la distruzione di una parte considerevole dello stock agricolo, con_una contrazione del flusso· produttivo annuo dell'agricoltura, con una distruzione di popolazione di proporzioni molto ragguardevoli, e con una inevitabile con-- trazione dell'incremento demografico. Ciò ebbe delle gravi conseguenze negative sugli stessi effetti economici della guerra che trovò il paese già al limite di piena occupazione nei settori essenziali. Certamente oggi non sussistono piu in alcun paese socialista o che aspiri a mettersi sulla via del socialismo condizioni tali da far prevalere coloro che suggeriscono l'opportunità di una simile operazione. Ma non è male ugualmente sottolineare gli elementi che inducono a mettere in dubbio la mitologia della « necessità » di essa anche in quelle condizioni. Comunque sia, è èerto che il primo segnale d'allarme della grande ·Bibliote·ca Gino Bianco ·

Pianificazione sovietica 1127 svolta venne dall'agricoltura, alla quale il dopoguerra chiese un nuovo reclutamento di mano d'opera per l'industria. L'esodo rurale fu favorito con misure tendenti a deprimere le condizioni di vita del contadino. La coercizione era stavolta indiretta e non diretta, ma si ebbe ugualmente un danno agli stocks e al flusso della produzione agricola. E' a questo punto che va collocato il momento di svolta : per cui è lecito probabilmente dire - come ebbe a fare Oskar Lange al congresso degli economisti polacchi del 1956- che l'ultimo scritto di Stalin appartiene ormai alla ricerca di una prospettiva nuova, verso la quale era giuocoforza si indirizzasse la classe dirigente sovietica. Da allora le tappe della riconversione sono state numerose e imponenti e le implicazioni delle rettifiche avviate hanno travolto assai piu di quanto l'originario consenso di esponenti dell'antica politica non comportasse (il che aiuta a comprendere come un gruppo dirigente partito in una stessa direzione, sotto la spinta di una necessità, si sia potuto assottigliare fino a ridursi a quasi un decimo di se stesso). La rettificazione della politica agricola in termini di prezzi mise a nudo una piu profonda anchilosi tecnico-organizzativa che la lunga assenza di un sistema di incertivazione aveva determinato, a rischio di migliorare la quota del reddito contadino senza accrescere il reddito globale e di rallentare l'apporto di mano d'opera all'industria. La via d'uscita fu ricercata in una duplice direzione: una svolta « agronomica » consistente nell'abbandono della linea classica di sviluppo europeo fondata sull'alternanza delle foraggere coi cereali nella forma propugnata dall'accademico Villiams e nella adozione della linea « americana» dell'uso del mais come foraggio; e una decisione di piu ampie implicazioni strategiche, quale quella del dissodamento delle terre vergini. Decisione, quest'ultima, che metteva in luce l'estremo intrico del groviglio creatosi nell'agricoltura ma che, al tempo stesso, mostrava una singolare volontà di anteporre arditamente la praticità dell'intento alla preoccupazione di riconoscere la pesantezza della situazione. Il che sarà un po' la caratteristica stilistica del krusciovismo. Queste misure aprivano un varco importante al sistema economico, allargandone apparentemente le frontiere. In realtà, · invece, rappresentavano un punto importante nella morte del vecchio sistema : ségnando le frontiere di un sistema nuovo o rettificato. Da un lato, infatti, accentuavano quella che doveva rivelarsi la strozzatura piu aspra della industrializzazione estensiva, la penuria di mano d'opera; dall'altro offrivano un vasto campo di alternative alla -applicazione dei capitali, mettendo in crisi le angustie della pianifica-~ione rappezzatrice. ImpeBiblioteca Gino s·ian.co

1128 Luciano Cafagna · riosamente, intanto, la penuria. di mano d'opera e l'allargarsi delle alternative - che lo stesso clima di audacia alimentava - ponevano a questo punto la necessità di mettere fine alla situazione di bassa produttività pro-capite, di disorganizzazione industriale, di elevatezza delle quote di spreco. Costantemente denunciate in passato in termini esortativi e combattute senza esito con inasprimenti di sanzioni e misure coercitive, tali deficienze vennero a questo punto affrontate con un grande e fiducioso piano di ammodernamento tecnologico e con le prime misure di sburocratizzazione del sistema di gestione. Si può pensare che la responsabilità di questa operazione sia stata affidata a Bulganin che sostenne il peso del suo lancio,· per lo meno nel settore manifatturiero (mentre in quello edilizio l~onere fu assunto da Krusciov). L'ultimo dei piani quinquennali (1955-1960) nacque sotto questo segno. . . Il fallimento del piano fu il fallimento di questa prospettiva di rapido ammodernamento e di rapido incremento della produttività della. mano d'opera. Il piano chiedeva assai piu mano d'opera del previsto. Qui si può porre l'inizio della seconda fase del grande processo di riconversione. Dopo appena un ann_o cominciò ad apparire chiaramente che la previsione di rapido incremento della produttività non poteva t~ovare conferma nella realtà : troppo facilmente si era pensato di poter passare, senza modificare in pro~ondità tutta la struttura gestionale della .industrializzazione estensiva, ad una moderna economia di tipo intensivo ·e -ad una situazione effettivamente padroneggiabile da una pianificazione di largo respiro. Queste due condizioni sono quelle alle quali ora aspira l'economia sovietica,· il mi~aggio che domina il nuovo piano settennale, preparato da d.ue anni di interventi chirurgici sulle forme organizzative consolidatesi in decenni di « corsa al piano». Con questa nuova ·strumentazione si è ritenuto ora di poter finalmen~e affronta.re la. prova decisiva che dovrà dimostrare se la validità della economia collettivizzata è ristretta ad un transitorio sforzo, compi1:1tocon mezzi rudi ed eccezionali, per l'accumulazione rapida del capitale in un paese piu o meno arretrato e di larghe disponibilità, o se può andare oltre. Qt1esta, assai piu della solita vistosa elencazione di obiettivi quantitativi, è la vera grande novità del nuovo piano: degli obbiettivi quàntitativi sappiamo già che es~i sono .conseguibili e che sono imponenti anche se la loro realizzazione sarà disordinata e parziale. E sappiamo anche che essi non cam.bierebbero molto nella attuale situazione mondiale, che resterebbe dominata dalle .stesse alternative.. B-iblioteca Gino Bianco

Pianificazione -sovietica 1129 - Del resto, per gran parte, questi obbiettivi non sono altro che la ripetizione degli obbiettivi del precedente piano ripviati di un certo numero di anni. I primi commenti che abbiamo finora letto intorno alla nuova pianificazione si sono soffermati su alcuni problemi di scelta - alternative tecnologiche di investimento, alternative di sviluppo settoriale - che forse per la prima volta sono stati resi ampiamente noti come tali, pubblicizzati come problemi di rilevanza politica. Il che è, prima di tutto, un importante sintomo di svecchiamento, del quale gli scolastici sovietici non hanno mancato di tentare una sistemazione teorica : pensiamo ad alcune tesi emerse nel corso della discussione , aperta dal Kronrod sulle «contraddizioni» nell'economia sovietica, da parte del Krylov che ha sottolineato le fonti interne di movimento delle « forze produttive » contro i sostenitori del necessario rapporto di interazione dialettica di queste con i « rapporti di produzione>>. Discussione che assai più che un vero senso scientifico ha senso come battaglia intorno ai « valori » da imporre nel clima_ideale sovietico, in questo caso contro il sostanziale « tecnicismo>> che si mascherava dietro la svalutazione politica dell'ambito int~rno delle « for~e produttive » (quanto al momento della « decisione >>si capis~e, non quanto al momento della «esecuzione>> che vedeva la più ampia mobilitazione politica) e la riduzione di tale ambito, isolatamente preso, a meramente tecnologico. Non occorre sottolineare come da questo derivi una accentuazione « praticistica » di tutto il clima delle discussioni, una buona menomazione delle possibilità di dominare queste con dettami dogmatici (sebbene non manchi .naturalmente qualche tentativo di giustificare empiricissime scelte citando testi di quaranta anni fa), col conseguente introdursi di possibilità di « circolazione culn1 ~ale>>con il. resto della scienza economica mondiale. Cosi pure gli osservatori hanno sottolineato l'importanza di 11n dibattito di fondo che ha preceduto, accompagnato e - crediamo - segui~à ancora per parecchio lo sforzo della nuova pianific~zione : quello relativo al sistema dei prezz~. Grossi, l'uno come l'altro aspetto, di un vasto tentativo razionalizzatore, doye razionalizzazione non significa, come potrebbe sembrare a prima vista, astratta ricerca di un ottimo, ma soltanto salvataggio e riconquista della pianificazione, formazione di facoltà effettive di pianificazione, che non· stanno tanto nel comandare un piano (secondo un equivoco frequente) ma nel formare un piaho con obbiettivi e in condizioni tali da consentirne lo svolgimento da parte Biblioteca Gino B•ianco

1130 Luciano Cafagna del sistema. La discussione sulle centrali elettriche (se si debbano preferire quelle idroelettrich.e a maggiore impiego di capitali e a piu ridotto costo di esercizio o quelle termoelettriche) non è tanto interessante in sé (come tale è piuttosto vécchia) ma per la scelta cui ha messo capo (e che fa parte integrante di tutto un sistema di scelta, dato che, isolatamente presa, la questione era stata risolta qualche anno fa con conclusioni diametralmente opposte, cioè con la dimostrazione che le centrali termoelettriche ~omportavano non solo un costo di esercizio ma anche un impiego di capitali maggiore). Una scelta che è dominata dal principio della lotta al congelamento di capitale, dello scoraggiamento della moltiplicazione degli impianti, della ricerca dell'investimento a piu pronta fecondità, dell'insistenza su investimenti plurivalenti (come è il caso dei combustibili liquidi che consentono una dilatazione territoriale degli inyestimenti, fan~o base per l'industria chimica e sono fonte di energia). In questo quadro se dovessimo indicare gli elementi più significativi diremmo che sono lo scoraggiamento alla moltiplicazione dispersiva degli impianti, la critica alla « gigantomania », lo scongelamento, la riduzione degli obbiettivi di piano. Tutta la situazione anteriore e tutta la sostanza dei nuovi propositi si possono considerare espresse in questo passo del rapporto di Krusciov: « Nel corso della elaborazione del piano settennale, venne previsto che ·esso doveva poter essere compiuto senza eccessivo sforzo. Perché questo? Perc~é se il piano fosse eccessivo non si potrebbe escludere la possibilità di non riuscire ad eseguire singoli compiti da esso previsti. Alcune branche economiche potrebbero cosi non· ricevere materie prlime, mateniale, attrezzature nelle quantità necessarie, ciò potrebbe portare ad arresti temporanei de_lla produzione e, di conseguenza, alla inutilizzazione parziale del potenziale produttivo e· della forza lavoro, con tutte le .conseguenze che ne deriva~<?». _Poche righe, che sott~. parvenza d~ astratto ragionamento sono, per cos1 dire, cariche di storia. Se e$Se segneranno veramente la fine della lunga corsa, qualcosa di nuovo, forse la piu sostanziale di_ tutti questi anni, comincerà a verificarsi. E non sarà, come molti credono, la conquista della « maglia gialla » nella competizione economica a chi produce di piu. La superiorità di una economia rigidamente diretta dal centro in un pr~esso di industrializzazione estensiva e accelerata è certamente confermata dall'esperienza, quanto ai risultati quantitativi globali. Sua caratteristic~ essenzi~le è però, assai piu che la gestione razionale del1'economia attraverso Ja pianificazione, la possibilità di coercizioné con- ·Biblioteca Gino Bianco·

Pianificazione sovietica 1131 centrata nei confronti della mano d'opera. La superiorità di una economia effettivamente pianificata e fondata su un sistema di decisioni regolate dal centro in una economia già industrializzata è invece ancora da dimostrare. Ma vi sono motivi di « fiducia teoretica » per ammetterla senz'altro, ove complicazioni politiche e difficoltà di trapasso non ne impediscano l'affermazione. In tal caso il cammino che l'URSS sta oggi per intraprendere contiene per la prima volta motivi di straordinario interesse per le economie già sostanzialmente industrializzate. Il problema dei rapporti di questa realtà nuova con la nostra realtà vecchia - che è il vero grande problema del futuro, forse ancor piu importante in prospettiva di quello dei paesi sottosviluppati, il quale in definitiva ne dipende - si porrà allora diversamente da come è stato posto finora. E si tratterà, come forse già si tratta, di saper scavalcare e distruggere l'anacronismo dei legami e delle preclusioni che si riferiscono ad una esperienza in massima parte estranea e diversamente condizionata di ieri, per attingere direttamente e preparare il rapporto aperto ma autonomo del futuro. Diversamente ancora una volta, e in forme imprevedibili, il continente europeo potrà subire la sorte avvertita da Marx: « Le mort saisit le..vif ». LUCIANO CAFAGNA • Biblioteca Gino Bianco

IL ·GIOVANE GRAMSCI Gianni Scalia ha curato, insieme ad Alberto Caracciolo, la raccolta di studi gramsciani recentemente comparsa presso l'Editore Feltrinelli col titolo La città futura. Di lui pubblichiamo ora questa nota, suggerita dall'ultimo volume delle Opere di Antonio Gramsci. La pubblicazione degli Scritti giovanili di Antonio Gramsci (Torino, Einaudi· 1958) ha un valore non solo documentario, ma piu largamente critico, per tutti coloro che sono i{?-teressatiad una comprensione autentica del pensiero socialista italiano e in particolare di quello gramsciano. Da qualche anno le ricerche su Gramsci si sono moltiplicate e arricchite non solo di nuovi documenti ma_ di nuovi punti di vista che non _possononon incoraggiare una sempre maggiore coscienza critica. Certo ancora larga parte dell'opera di Gramsci resta ignorata (si pensi all'importante pèriodo dal 1920-21 al 1926, e all'inizio dei Quaderni) e, aggiungiamo, proprio quella che lo vede impegnato nella concreta azione politica e pubblicistica del partito socialista italiano nei suoi rapporti con l'Internazionale comunista, e ·negli sviluppi del marxismo inter'nazionale, .e sovietico in particolare. Con la pubblicazione di questi Scritti, noi conosciamo il primo tempo della meditazione gramsciana. Non vogliamo in questa sede discutere sulla questione del testo e dell'attribuzione. Nella prefazione dell'edizione einaudiana si ritiene che· si debba segnare nell'articolo -del 31 ottobre 1914 sul « Grido del popolo» il terminus a quo della pubblicistica gramsciana; e si ritiene di dovere assegnare al « limbo» dell'attribuibile alcuni scritti che sono raccolti in appendice: una sorta_ di « extravaganti >> che nella maggioranza noi riteniamo di Gramsci. _Del resto non è da stupire che la pubblicistica socialista di quegli anni,· piu vicina all'influenza diretta di Gramsci, fosse imbevuta delle sue idee e persino del suo stile e linguaggio. Nell'introduzione « anonima >> (e si lamenta -questo perché il carattere interpretativo e non Biblioteca Gino Bianco

Gramsci giovane 1133 semplicemente esemplificativo ed espositivo di essa invocherebbe una piu precisa responsabilità) si prende posizione riguardo ad alcuni problemi affrontati e risolti da Gramsci. Ne parleremo a suo luogo; ci basti ora osservare, prelimi~armente, che su alcuni temi e sulle loro . interpretazioni ci troviamo del tutto dissenzienti, a cominciare (come è già stato osservato) 1 dalla pretesa di giudicare il pensiero in formazione di Gramsci - col suo carattere di crescita, in progresso - come « preparazione» al leninismo; e giudicarlo da questo traguardo. A noi sembra - pur riconoscendo accettabili alcune osservazioni piu generiche sulla relativa informazione riguardo al pensiero leninista ed agli sviluppi della rivoluzione russa - che tale metodo sia contrario ad una seria analisi storica e sopra~tutto astratto e negativo nei confronti del pensiero gramsciano già dall'inizio cos1 indipendente e critico, anche se, ovviamente, impegnato in un confronto diretto con posizione di pensiero precedenti e preesistenti. Si dice nell'introduzione the alcune idee di Gramsci vengono poi da questi corrette nel maturarsi del suo pensiero nei Quaderni, ma sempre in funzione di una adeguazione al leninismo. Eppure già dal1'inizio Gramsci affronta il leninismo in piena responsabilità e libertà critica, e il successivo sviluppo è da riconoscere nella meditazione e nella azione « ordinoviste » piuttosto che nella piu lontana e riflessa ricerca dei Quaderni, e cioè dopo il 1926. Certo si pone un problema di · jnterpretazione assai delicato e complesso, (e che qui non è possibile affrontare) sulla diversa e differenziata accezione di « leninismo » nell'Ordine Nuovo e nei Quaderni: si pensi che tra l'uno ~ gli altri intercorrono anni di fondamentale importanza per il movimento operaio internazionale, e in sede culturale, per lo sviluppo del iparxismo. La propedeutica leninista in Gramsci è da esaminare riconoscendo non solo la continuità ma l_edifferenze originali e cioè, diremmo meglio, la continuità non scolastica e dogmatica, ma critica e attiva del suo pensiero. La « correzione », .quindi, che Gramsci farà di certe sue iniziali posizioni, non deve essere considerata tanto come una adeguazione progressiva al modello leninista, quanto piuttosto come un ripensamento, una discussione approfondita dei temi essenziali della cultura marxista e delle esigenze « nazionali » del movimento operaio italiano. In questa luce l'interpretazione· dei temi gramsciani «giovanili» è direttamente collegata all'interpretazione dell' « ordinovismo » e cioè del . 1 ALBERTOCARAcc10Lo, Gramsci e la nvoluzione, in « Bollettino Einaudi », sett~mbre 1958, pp. 7-8. Biblìoteca .Gino Bianco

1134 Gianni Sca/,~a momento centrale della priID:a maturità; e se c'è preparazione, lo è proprio nel senso di quello che potremmo chiamare il « pre-ordinovismo )). Un giudizio, dunque, degli scritti giovanili non può rifiutare un giudizio sull'Ordine Nuovo, sui suoi precedenti teorici e culturalipolitici, e sulle sue conseguenze, sul ripensamento critico che Gramsci farà di essi negli anni successivi, e piu tardi ancora nei Quaderni. Dove, sia detto sommariamente 1 , i temi ordinovisti sono riconosciuti nei loro limiti storici, e nei limiti di una situazione politica interna e internazionale profondamente diversa, e insieme nella loro sostanziale validità per un marxista democratico, unitario e nazionale. In questo senso le accentuazioni gramsciane sul giacobismo possibile della r~voluzione russa nei suoi sviluppi e nelle sue· concrete conseguenze, o sulla « spontaneità » istituzionale, cioè « consiliaristica )> e non economicisticoprofessionale o politico-demiurgica (e per questo aspetto la riaffermazione gramsciana della « spontaneità » non rientra tout court nella radicale critica antispontaneistica del Che fare?, se vogliamo avanzare questa sola esemplificazione) acquistano un altro significato ed un altro peso interpretativo, come vedremo a suo luogo. I. Le fonti del pensiero gramsciano. . . Abbiamo detto tutto questo per esprimere il nostro dissenso dal metodo dell'introduzione del volume einaudiano che può trarre in inganno i lettori. Secondo noi la pubblicazione dell'Ordine Nuovo prima di questi Scri.tti, ne ha in parte limitato, se cos1vogliamo dire, la sorpresa e l'attesa; in quanto, come si diceva, i temi fondamentali dell'ordinovismo sono qui presenti annunciati e già in parte sviluppati. Ma l 'importanza della pubblicazione (oltre la naturale e legittima richiesta di conoscere tutto Gramsci, ben lontana ancora .dall'essere soddisfatta) consiste proprio nella conferma che questi documenti preparatori offrono della interpretazione « consiliaristica )> dell'Ordine Nuovo. Non si vuol dire con questo che gli Scritti giovanili devono considerarsi solo come annuncio o prefazione d'altro, e non abbiano valore in sé; ma soltanto che essi assumono significato proprio nella misura in cui se ne sorpren1 -Svolgeremo, in altra sede, una tale ricerca. Basti accennare ora, al concetto di .consenso, di istituzionalizzazione democratica di classe (dai « consigli » del1' Ordine Nuovo al « blocco storico >> dei Quaderni), al concetto di un partitoblocco storico e non più « dei consigli >> ecc. : dovuto a ragioni di rinnovata riflessione ideologico-politica e storica, ma in cui rimane sostanziale e permanente l'istanza strutturale democratica, decentralistica, antiautoritaria. · Biblioteca Gino Bianco

Gramsci giovane 1135 dono e riconoscono criticamente le linee di sviluppo e di maturazione: a cominciare dal complesso di sollecitazioni che il giovane Gramsci subiva e interpretava, di correnti di pensierÒ·,di esigenze reali e politico-morali a lui contemporanee. Non sono state ancora studiate le fonti di Gramsci, e questi scritti possono dare indicazioni utili in proposito. Si pensi all'idealismo crociano ed anche in -parte gentiliano (in quello che, negli anni 1914-1918, esso aveva di piu autenticamente «idealistico», cioè di piu conseguente e radicale, nei confronti del pensiero crociano); al gobettismo che si può dire coevo a Gramsci per ragioni insieme ideali e cronologiche (inteso il gobettismo - come ancora non si è sufficientemente dimostrato - come una progressiva reinterpretazione critica del1'idealismo crociano e gentiliano, e nel senso di un rifiuto sempre piu preciso del « gnoseologismo » idealistico per una accentuazione dei motivi etico-politici, insieme ad una sempre pi4 chiara visione della struttura economico-sociale capitalistica e del rapporto filosofia-classe); alla influenza, infit?-e,di Salvemini soprattutto nella sua richiesta di una « cultura » socialista nuova, piu che per la richie~ta di una specificazione e «particolarizzazione» dei problemi, e per- la centralità del problema meridionale e contadino (in questo senso il giovane Gramsci accetta l'istanza di un idealismo etico-politico integralmente storicistico e de- ~ocratico e quindi a confronto diretto con la « società civile »_di classe, di fronte al positivismo sociologico, riformistico, tendenzialmente evolutivo di Salvemini). Certo Grarpsci ha assorbito molta parte della cultura politica e della filosofia del primo quindicennio del secolo, come sarà dimostrato dal lavoro di ricognizione critica accanita e lucidissima nella parte, per dir cos1, storiografica dei Quaderni, strettamente legata alle esigenze 9el «riformatore», dell'uomo di cultura militante e del politico anche nella segregazione del carcere 1 • . Ma tutto questo è, in fondo, secondario per la sua formazione rispetto a quella che sarà la caratteristica essenziale del suo pensiero : la capacità _ critica del « confronto » del marxismo con le correnti del pensiero coevo, da cui nasce u.n'etica della discussione e un'autentica « politicc1 di cultura». Labriola, da un lato, e il leninismo dall'altro, hanno definito la «posizione» marxista di Gramsci (e sarebbe opportuno ancora indagare i temi marxiani più che engelsiani che hanno agito nel suo 1 Si ricordino le parole di una lettera del 1928: « [L'incarceramento] per me è un ·episodio della lotta politica che si combatteva e si continuerà a combattere non solo in Italia, ma in tutto il mondo, per chissà quanto tempo ancora>> (Lettere dal carcere, Torino: Einaudi, 1949, p. 55). Biblioteca Gino Bianco

Gianni Scalia pensiero 1 , ma nello stesso tempo questa posizione sarebbe incomprensibile se non la si cogliesse nelle sue implicazioni, nel suo dibattito con- ~ tinuo e diretto con le posizioni politiche e di pensiero contemporanee; per cui il marxismo gramsciano è tant9 piu rigorosamente « autonomo )> (e autosufficiente) 2 , quanto piu nasce da un confronto: quanto piu è un risultato, cioè, e non un a priori. Q~esto non significa che Gramsci non sapesse riconoscere i limiti di un pensiero ideologicamente e po- .litica~ente borghese o di classe, anzi questo criterio di intransigenza classista è propri~ il dato di partenza della sua meditazione e della sua azione; spiega, piuttosto, la ricchezza, la complessità, l'interno antiscolasticismo, antiprecettismo e,· aggiungiamo, antidisciplinarismo del. suo pensiero. ' Il marxismo tende a diventare in lui sempre piu un metodo di ricerca che si conferma, si amplia, si arricchisce internamente proprio per le sue implicazioni, mediazioni,. per il suo carattere « egemonico », fondato sul consenso, sulla consapevolezza di un processo di pensiero organicamente legato, attraverso la verific~ scientifica e la partecipazione dem~ cratica, al movimento di classe. Il rapporto con Labriola (anche ·se piu_ tardi Gramsci non riconoscerà pienamente il suo debito, o meglio, non comprenderà, ~ntegraltnente, la forza liberatrice del pensiero labriolano 3 ) è decisivooBasti pensare alla concezione di. un marxismo liberato dagli schemi positivistici dell'evoluzionismo, del determinismo fatalistico e spontaneista, del gradualismo passivo e subalterno (non autenticamente « riformatore )>) e liberato, insieme, dal determinismo idealistico dell~ « filosofia della storia )>, di una metafisica « dialettica », - contro cui Gramsci sarà sempre ostile, giustificandolo solo, forse crocianamente, com~ mito pragmatico, <<energetico», non come concezione scientifica organica e coerente, unità di scienza e di « senso comune » sociale. La nozione di un marxismo come metodologia genetica storicistica; e del lavoro come mediazione concreta e universale di uomo-natura e di 1 Alcuni spunti sono stati già da noi offerti in varie occasioni. Cfr. soltanto Una riduzione popolare di un Gramsci, «ufficiale>> in « Passato e presente», n. 1 e 2, 1958. 2 Proprio nell'autonomia e « autosufficienza » ideologica ed organizzativa del pensiero marxista e del partito socialista ha insistito Gramsci in modo centrale. 3 Bisogna rimettere nel circolo della cultura marxista il pensiero labriolano. Finora i contributi piu importanti sono quelli di CAFAGNA e AcTis PERINETTI (che afferma una pretesa superiorità critica di Labriola su Gramsci, che non sapremmo condividere). Sul rapporto Labriola-Gramsci l'ultimo scritto è di A. Bertondini in La città futura, Feltrinelli,, Milano, 1959. Biblioteca Gino Bianco

Gramsci giot1ane 1137 uomo-uomini; e della «teoria» come prospettiva scientifico-pratica dell'azione di classe: sono temi labriolani rivissuti e rielaborati da Gramsci. Senza dubbio l'antipositivismo gramsciano nasce da questa fonte _labriolana, e si ricollega anche alle istanze antideterministiche e volontàristiche dell'idealismo crociano-gentiliano. Elementi idealistici - o di « eccesso >> idealistico - sono evidenti e· si mescolano con lo stesso leninismo: l'attivismo di classe, non individualistico ma sostanzialmente solidaristico ed egualitario; il volontarismo etico, che afferma la lotta di classe ad un tempo come determinazione economico-sociale e come « esigenza » di azione politica e di coscienza morale; lo storicismo come opposizione al materialismo scientistico; la concezione della « personalizzazione » delle masse, sia pure non in un individualismo borghese ma in solidarismo egualitario e democratico; l'identificazione di filosofia e storia e di storia e azione politica. Questi motivi idealistici costituiscono, se non in tutti i casi, piu il tono, il « clima » intellettuale e culturale che l'autentica elaborazione teorica e politica di Gramsci; e, non secondariamente, la misura di un rigore morale, e persino moralistico, di una severità p_edagogica, che sarà una caratteristica del Gramsci pi4 maturo, spogliato di questo intra~sigentismo ideale e ricco di determinazioni storiche concrete, di que~l'originale storicismo realistico consapevolmente « ideologico» che maturerà piu tardi. Questa «moralità» gramsciana è soprattutto una sempre piu diretta coscienza dell'unità tra pensiero e azione, tra elaborazione teorica e realizzazione pratica, azione di classe e azione nella classe. Già si sviluppa la nozione di una cultura di classe non in un senso soci~logico deterministico - sostanzialmente «corporativo» - ma critico e « pratico », cioè di un rapporto organico e libero, di un circuito attivo di cultura e azione politica di classe che si realizza solo attraverso una elaborazione comune, un consenso continuo e attivo delle masse, una ·spinta dal basso, una « spontaneità» scientifica e istituzionale, per dir cos1. E' questo· il p-unto essenziale per capire la sua polemica, sempre piu violenta e sistematica, contro il partito socialista riformista, e la postulazione di uri partito che nasce e _si sviluppa dall'interno d~lla classe (quindi non come co~trapposizione « partitica » di partito a partito,· ma di una nuova politica di classe oppostà al partito considerato ormai come strumento superato e inservibile della lotta organizzata) e per capire anche la lucida volontà di ·Gramsci di condurre una lotta di classe « all'interno » della società capitalistica : lotta che tra73 Biblioteca ·Gino Bianco

Gianni Scalia sforma e rovescia la società capitalistica o, come dice Gramsci, la « sostituisce )) in quanto parte dal diretto potere di classe, dai suoi centri di comando e di decisione,· dal processo produttivo medesimo. Qui Gramsci ha chiaramente compreso l'unità organica di politica e di economia nell'azione di classe, la necessità di trasformazio·ne « dall'interno )> delle strutture come presupposto intimo e diretto del p~tere politico, e la necessità della costruzione di uno « Stato in nuce )) come struttura stessa dello stato socialista, alla cui opera non è possibile giungere se non attraverso la capacità dirigente, « egemonica))' economica, politica e culturale della classe operaia. · ~ Il marxismo è, dunque, per Gramsci, un metodo capace di fondare un «potere)) sviluppatosi dalla continua « produzione di potere )) dell~ classe operaia come protagonista del processo di produzione, di consumo e di scambio. Il marxismo· è un metodo armato, un continuo esame, una perpetua verifica collettiva. Già nelle pagine di questo Gramsci giovane la politica è intesa come « invenzione ))' « attività fantastica )) (p. 100 ), cioè continua capacità di ipotesi e anticipazioni costruttive, consapevole - sia pure con certi eccessi « idealistici )) di linguaggio - della drammaticità e complessità della realtà storica che non si può imprigionare in formulazioni aprioristiche e dogmatiche. La consapevolezza di tale complessità è, di~ei, il senso piu profondo già nel Gramsci giovane, il suo costante accento antiscolastico, antiprecettistico e antinormativo, la ...consapevolezza di un processo ininterrotto, che si deve affrontare e piegare in una volontà collettiva di verifica, di partecipazione democratica, di progressiva egualitarizzazione. Gramsci si difende già dalle concezioni idealistiche individualistico-borghesi; e se da un lato combatte· contro l'ideologia positivistica del socialismo riformista, combatte dall'altro contro l'ideologia idealistica del liberalismo individualistico, « democratico )) in senso « giaçobino >>e « utopico ))' come vedremo. Questa forza etico-intellettuale è evidente dovunque : nella richiesta di un « carattere», cioè di un'etica insieme individuale e collettiva nell'azione di classe; nel rifiuto del moralismo utopistico e radicale e di ogni tendenza al compromesso, all'indifferenza, al trasformismo; nella esigenza di un lavoro intellettuale, intersoggettivo, o meglio « collettivo_», e di una intransigenza che è « necessità democratica» (p. 259), che non è solo un me~odo di lotta politica «esterna)> ma una severità interiore dell'azione politica di classe; nell'affermazione della continua presenza di una « finalità )>che non permette nessun deteriore machiavellismo o dilettantismo fideistico, e si misura concretamente nell'azione ·Biblioteca Gino Biancp ·

Gramsci giovane 1139 verificata e controllata dalle masse. Il fascino di certe pagine - che hanno un sapore autobiografico e un eccezionale fervore che le colloca tra le migliori di una letteratura socialista - deriva proprio dalla affermata necessità di questi « ideali )> (o meglio, come dice Gram_sci · di « fini )) o « scopi)> etici e politici che hanno un valore di universalità concreta e servono contro le mistificazioni borghesi e contro le possibili mistificazioni del -socialismo) e dall'essere calati in una concreta elaborazione pratica e istituzionale. 2. Cultura socialista e organizzazione della cultura. Cosf la richiesta di una rinnovata cultura socialista non ha solo un valore di polemica ideologica contro le sedimentazioni e le cristallizzazioni deterministiche e positivistiche, ma ben piu rigorosamente e fecondamente si incarna in istituti, in organismi operanti. La creazione di una cultura socialista è legata all'elaborazione di un « pensiero socialista >>cioè di un fondamento teorico e dottrinale dell'autonomia del- , l'organizzazione politica, dell'autodecisione e dell'autogoverno di classe. La richiesta gramsciana non è soltanto quella di un « organo )>culturale, ma di un istituto culturale, fondato su un'organizzazione politica .nùova o profondamente rinnovata, che sia una autonoma creazione culturale dal basso. Gramsci critica a fondo le Università popolari (pp. 61-64) proprio in quanto esse sono espressione di una concezione di programmi culturali e di prospettiva politica « riformistici » : cioè di divulgazione di una cultura « borghese)> già fatta in organismi sostanzialmente dilettanteschi e ripetitori, o di una divulgazione apodittica e dogmatica di « nozioni )> di cultura socialista, piuttosto che essere espressione di una ricerca e di una elaborazione originale e creativa. Il carattere subalterno di questi istituti è confermato dalla duplice presenza di una cultura « protetta », priva di slancio di ricerca, di disciplina di indagine collegiale, in una condizione intellettuale inferiore al livello della piu alta cultura borghese, e lontana dalle fonti creative dello spirito e della cultura popolari. .· « A Torino, l'Università popolare è una fiamma fredda. Non è né università; né popolare. I s·uoi dirigenti sono dei dilettanti in fatto di organizzazione di culturi. Ciò_che li fa operare è un blando e scialbo spirito di beneficenza, non un desiderio vivo e fecondo di contribuire all'elevamento spirituale della moltitudine attraverso l'insegnamento ... Non capiscono questi dirigenti che le nozioni', avulse da tutto questo lavorio individuale di Biblioteca Gino Bianco

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