Passato e Presente - anno II - n. 8 - mar.-apr. 1959

Televisione Naturalmente di ogni conquista tecnica, in un paese strutturalmente debole, è decisivo l'uso che- se ne fa. E soprattutto da quale classe ed organizzazione sociale viene controllata e diretta. L'introduzione del progresso tecnico nelle nostre fabbriche di punta, dopo il ventennio fascista che fu anche e sòprattutto arretratezza tecnica, avvenuto fra il disinteresse o peggio l'ostracismo dei partiti operai e degli intellettuali comunque ad essi legati o da essi influenzati hanno generato isole di aristocrazia operaia quali mai si erano avute nel nostro Paese, nemmeno ai tempi del riformismo giolit~iano. Lo stacco netto fra le vecchie e le nuove condizioni di vita conseguentemente derivanti, hanno fatto si che le maestranze e le loro famiglie rinunciassero alle tradizionali posizioni classiste nel timore di perdere vantaggi che - ormai è a tutti noto - sono stati raggiunti solo nei paesi capitalistici piu avanzati e solo adesso in via di raggiungim~nto nel piu grande Paese socialista, dopo 40 anni e piu di ininterrotta rivoluzione politica ed economica. La grande borghesia italiana, giocando la carta del progresso tecnico nei settori-chiave del Paese, si è assicurata quelle posizioni che il ventennio fascista e lo sfacelo per la guerra perduta avevano messo in gravissimo pericolo: questa è stata l'essenza della restaurazione capitalistica italiana, su cui possono avere influito in senso positivo solo elementi marginali della piu complessa situazione internazio.r:iale in cui essa si è manifestata ed attuata. Questo discorso abbiamo fatto perché riteniamo che a una sottovalutazione di tal genere si richiamino tutte le debolezze del movimento democratico~italiano degli anni scorsi. Il fatto di non aver compreso il fenomeno sin dai suoi inizi, di non aver calcolato le capacità rivoluzionarie insite nel progresso tecnico, ha respinto la classe operaia ai margini della vita reale dd Paese, e pur riuscendo a raccogliere i suffragi di un terzo e piu dell'elettorato i partiti di sinistra non sono riusciti -ad inserirsi attivamente in quella delicata fase di trapasso da un'Italia autarchica, e diciamolo pure pezzente, ad un'Italia che comincia a gettare le basi per una moderna trasformazione. Il disinteresse se non il disprezzo per quello che stavano facendo i Valletta, i Pirelli, i Faina,- presentati tutti alla stessa stregua come i vecchi succhiatori di sangue delle illustrazione ç>ttocentesche, è stato amaramente pagato dal popolo italiano. Perché i Valletta, i Faina e i Pirelli hanno, come ovvio, marciato sul terreno loro proprio, di classe (e come poteva essere diversamente?). I vecchi schemi, le vecchie concezioni sul riformismo hanno impedit<?alla classe operaia italiana di proseguire nella sua azione di iniziativa nazionale che pure si era cosi felicemente r~alizzata nella guerra di Liberazione e che era stata codificata addirittura nella Costituzione, perfett~ costruzione teorica di un riformismo moderno ed intelligente. Come dicevamo all'inizio, è accaduto che anche nel settore della televisione si commettessero gli stessi sbagli. Proprio nel periodo in cui la. televisione nasceva nelle sue primitive forme sperimentali, gli intellettuali B.iblioteca Gino Bianco I •

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