Passato e Presente - anno II - n. 8 - mar.-apr. 1959

Resistenza e nuova classe dirigente 1025 traccia della tradizione risorgimentale nella « Critica sociale>> del 1911, in occasione del cinquantenario dell'Unità, può darsi che ciò sia dovuto alla circostanza che la minaccia di una guerra europea, acuta da parecchi anni, aveva già separato Turati da Bissolati e l'aveva reso consapevole del contrasto in cui, sulla questione dell'eventualità bellica per Trento e Trieste, il ·partito socialista si sarebbe trovato con tutte le altre forze politiche che l'avrebbero invece auspicata come l'ultima delle guerre del Risorgimento. In effetti, l'intervento del 1915, nonostante l'articolo di stile schiettamente risorgimentale che Turati e Treves scrissero poi, al momento di Caporetto, su « Proletariato e resistenza», spezzò il cordone ombelicale che legava il partito socialista italiano allo Stato ufficialmente erede del Risorgimento. Non v'ha dubbio che, dopo la vittoria in guerra, il fascismo nascente profittò di questa scissura. Uomini cosi diversi come Giovanni Amendola e Antonio Gramsci ne tenevano il dovuto conto, quando diedero un giudizio meditato sul movimento degli ex-combattenti. Ma il fascismo aveva già vinto. Gli antifascisti che popolarono le carceri del regime, per l'esperienza che io ne ho fatto in varie case di pena, non avevano l'abitudine di vantare la parentela della loro vita di sacrificio con quella dei perseguitati del Risorgimento. Nelle dichiarazioni di fede pronunciate dagli imputati antifascisti al Tribunale speciale, non credo ci fossero molte rievocazioni risorgimentali. Preferivamo, in generale, la chiarezza e la sobrietà spinte all'estremo. Gli accenti risorgimentali dovevano echeggiare di nuovo in esilio. I fuorusciti erano bollati dal fascismo come rinnegati, traditori della patria, venduti allo straniero. Era naturale che essi fossero i primi, fra gli antifascisti militanti, a risollevare la bandiera del ·Risorgimento, contrapponendola al disprezzo in cui la dittatura teneva i valori di quell'epoca di lotta per la libertà. « Giustizia e Libertà» (il cui nome proveniva peraltro - a ragion veduta - dal circolo socialista federalista « Libertà e Giustizia» del 1867, ~iesumato da Nello Rosselli) e il partito repubblicano, cioè il partito mazziniano classico, erano per forza piu sensibili a queste esigenze. Ma via via che pure i partiti operai si rivolgevano a ceti per i quali la lettera del classismo non bastava, ·erano portati anch'essi - con sincero dispiacere dei loro militanti di base piu ingenui o settari, che stentavano a comprendere la necessità del connubio dei vessill_i- ad affiancare, come disseto, il tricolore alla bandiera rossa. È vero del resto, come Pavone accenna, che in tal senso giuocava il minaccioso ingresso, sulla scena della politica mondiale, della Germania hitleriana. Stalin rivalutò addirittura il nazionalismo in Russia, e i comunisti di Francia propugnarono nel 1937-38 un « fronte dei francesi » aperto a tutti i patrioti, da destra a sinistra, al posto del fronte popolare, accessibile alle sole sinistre che si dicevano giacobine. In ogni caso, l'asse Berlino-Roma diede consistenza politica all'ispirazione neo-risorgimentale che doveva necessariamente guadagnare l'antifascismo italiano. L'oppressore· tedesco tornava ad essere, non metaforicamente, il nemico della libertà dei popoli e dell'indipendenza italiana. Bi_bliotecaGino Bianco

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