Passato e Presente - anno II - n. 8 - mar.-apr. 1959

• 1024 Leo Valiani E' vero che Carlo Rosselli; anche per la tradizione familiare che Pavone giustamente menziona, sentiva molto lo spirito mazziniano il quale si perpetrò, tramite « Giustizia e Libertà))' e - fa d'uopo non dimenticarlo - tramite molti militanti del vecchio partito repubblicano che nel 1942 non ritennero possibile o utile ricostituirlo tal quale, e confluirono con i « giellisti », nel partito d'azione. Ma in politica la tradizione da sola non è una forza sufficiente, anche se il peso della tradizione prende sovente il sopravvento, quando trova alimento in interessi attuali. Allorché al primo congresso nazionale del partito d'azione, tenutosi nel febbraio del 1946 a Roma, Parri dichiarò che ci bastava l'ideologia mazziniana, la maggioranza dei delegati, che desiderava un programma capace di rispondere a tutte le esigenze moderne del socialismo, gli votò contro. Alcuni di noi, che non eravamo influenzati dal mazzinianesimo; come si può rilevare dalla nostra rivista del 1944-45, i « Nuovi Quaderni di Giustizia e Libertà)>, cercammo di riconciliare Parri con il grosso dei congressisti. Ma Parri non se la sentiva di accettare in quel momento la mozione socialista, che passò con i voti di carissimi amici animati da intransigenza schiettamente mazzin_iana, come Codignola e Livio Bianco. In verità, proprio nella storia del socialismo italiano, la tradizione risorgimentale, principalmente la garibaldina, ma anche la mazziniana, ha un peso maggiore di come non appaia da quanto Pavone ne dice. Non è esatto che essa albergasse soltanto nella corrente di destra, bissolatiana per intenderci, del partito socialista. Senza risalire ai pri~i socialisti, che avevano cospirato con Mazzini o con1battuto sotto Garibaldi, ricordiamo che Andrea Costa, che per ragioni d'età non aveva fatto in tempo a partecipare alle battaglie del Risorgimento, tenne ferma esplicitamente la discendenza dal partito d'azione del movimento rivoluzionario di cui era il tribuno, cosi al momento della sua dichiarazione di fede anarchica, al primo ·Congresso dell'Internazionale anti-autoritaria (Ginevra 1873) e anche nell'atto stesso di convertirsi (1879) al socialismo politico. Nella nativa Romagna, tipica per il suo mazzinianesimo e garibaldinismo, è successivamente - fino a tutt'oggi - per il suo socialismo riv9luzionario, C~sta fu l'iniziatore dei blocchi elettorali dei socialisti con i repubblicani e con i radicali. È vero che piu tardi i blocchi con i radicali furono sostenuti dalla destra socialista, ma l'alleanza con i repubblicani fu coltivata proprio dall'estrema sinistra socialista, in tutta una serie di Camere del Lavoro, ·malcontente dd riformismo della C.G.L., nelle elezio,ni di protesta, come quella di Amilcare Cipriani a Milano, nel gennaio del 1914 e infine nella « Settimana rossa» di quell'anno. La tradizione - ripetiamolo - poteva essere operante peraltro 1 solo finché l'attualità politica non la contraddiceva. Filippo Turati era profondamente imbevuto degli ideali del Risorgime~to, che esaltò sovente ai congressi del partito socialista come la vera « rivoluzione italiana>), in contrapposizione all'oratoria rivoluzionaria, che giudicava fatua, dei suoi avversari di tendenza. Se Pavone non ha trovato ·Siblioteca Gino Bianco

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