La scienza e la luna 1009 cesso interno, potranno ricomporsi in armonia, ma che « Jl timore religioso, il senso dell'umorismo, la commozione estetica, il prendere un impegno o una decisione, il capire una verità ~ sono tutte forme complementari dello . spirito umano - ... Nessuna di esse può sostituire le altre, e quando una di esse viene suscitata, le altre restano in ombra» (pag. 77-78). Ma c'è di piu. Secondo Oppenheimèr tutto è in stato antinomico: rinnovamento e conservazione, ordine e progresso, irregolarità ed equilibrio, ecc. Occorre vedere tutte queste facce della vita in posizione complementare. Cosf, infine, è necessario ricomporre l'irriducibile contrasto fra individuo e società. « Non si può essere contemporaneamente osservatori e attori, nella stessa specifica circostanza, senza fallire nell'una o nell'altra parte: eppure sappiamo che la nostra vita è fatta di entrambe, in parte è libera e in parte è determinata, in parte è creazione e in parte disciplina, in parte è accettazione e in parte sforzo » (pag. 83). Non potendo, dunque, essere dovunque e sempre attori, è giusto. recitare la propria parte e lasciare agli altri recitare la loro. Basta che fratellanza e tolleranza presiedano i rapPorti nel migliore dei modi complementari possibili. Il principiq della complementarietà oggettiva sostituisce perfettamente quello della dialetticità altrettanto oggettiva. C'è sempre una regola, esterna agli uomini, che non chiede che di essere rispettata ixr comporre e risolvere i contrasti interni degli uomini stessi. Il problema di un « quasi ». Del resto, secondo Oppenheimer, tutti sono d'accordo su questa pacifica convivenza. Tutti? Se noi vogliamo che il potere della scienza « sia usato con saggezza e amore per l'umanità, questo nostro desiderio è condiviso da tutti o quasi >> (pag. 91). Quasi. Ahimè, la volontà generale patisce un'eccezione. E poco male sa- -rebbe se fuori dei « quasi tutti » ci fossero solo alcuni .esseri asociali riducibili alla socialità con l'educazione, la medicina o, al limite, l'isolamento. Ma se fuori dei « quasi tutti» ci fossero alcuni che detenessero il potere della e sulla scienza il problema diventerebbe allora davvero tanto grave da rovtsciare le ottimistiche prospettive oppenheimeriane. Questa è precisamente la realtà, e per questo essa si mostra tanto irrisolta e contraddittoria e ben piu drammatica di quanto il Nostro potesse supporre. « Consideriamo giusto e logico - continua Oppenheimer - che la società protegga la scienza soprattutto per il maggior potere che la scienza dà » (pag .. 91). Potere a chi? Oggi, sempre guardando alla realtà, precisamente a quei pochi che non sono « quasi tutti». Ed è logico e giusto che questi pochi proteggano la scienza per il potere che essa dà loro sopra « quasi tutti» gli altri uomini del proprio paese e verso quanti piu possibili altri paesi. Compr_endendo questo, si può capire allora non solo il « cattivo » uso della Biblioteca Gino Bianco
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