Passato e Presente - anno II - n. 8 - mar.-apr. 1959

1008 Roberto Guiducci, attraverso il discorso di Oppenheimer, di sfatarsi e nascondersi nella figura mediocre del buon scienziato, sollecito delle sorti dell'uomo, virtuoso e trepido moralista del ~ene comune. Di qui il paradosso di leggere nelle pagin·e di Oppenheimer stesso le parole che a lui, e a coloro che sono direttamente responsabili dell'inizio e della prosecuzione delle corse nucleari, rivols~ro e rivolgono gli uomini davvero comuni nei loro inutili ed inascoltati appelli: « Mentre nuovi strumenti di guerra, di enorme spaventosa efficacia, rendono la guerra piu feroce e totale, noi comprendiamo, come una caratteristica e un problema particolari del nostro tempo, che la continua preoccupazione dell'uomo di migliorare la sua sorte, di combattere la fame, la povertà, lo sfruttamento, deve essere armonizzata con la prepotente necessità di "limitare, e in generale di eliminare, il ricorso alla violenza organizzata fra nazione e nazione )) (pag. 90-91). De quo loquitur? Quale è la responsabilità dello scienziato in tutto questo? « Per la maggior parte di noi, nella maggior parte di quei momenti in cui siamo piu liberi da qualsiasi corruzione, è stata la bellezza del mondo della natura e la stessa irresistibile armonia del suo ordine che ci ha sostenuto, ispirato e guidato. Anche questo è come deve essere» (pag. 91), risponde Oppenheimer. Il serpente si mangia la coda. Che cosa obbiettare alla necessità della bellezza ed alla bellezza della necessità? Elogio dell'ignoranza e principio di complementarietà. Chi è responsabile? « Siamo, naturalmente,· una massa di ignoranti». « Di tutte le nozioni sicure esistenti... solo la minima parte è posseduta da tutti ». « La nostra illimitata ignoranza... è un limite inerente alla nostra natura». Tutto ciò che sappiamo è che « sappiamo che siamo ignoranti » ci spiega Oppenheimer. Frammentati dalle nostre stesse spiecializzazioni, non possiamo piu accedere al mito dell'unità della scienza, vecchio ideale settecentesco definitivamente tramontato. La scienza ·moderna ci ha ormai dimostrato, in prove irrefutabili, che non è pensabile di poter ridurre sotto lo stesso modello le infinite ricerche • di infiniti rami del sapere. Ogni scienza crea propri strumenti, propri schemi, propri metodi. Anche il criterio di analogia si è rivelato un vincolo e ·un fraintendimento e, molto spesso, un gravissimo errore metodologico. L'autonomia è assai piu feconda della ripetizione o trasposizione. E fin qui siamo d'accordo con Oppenheimer. Ma come far convivere su piano sociale questi rami ignorantisi a vicenda e necessariamente ignoranti il quadro completo? Oppenheimer trova che il criterio di analogia cosf funesto in fisica, può essere invece di felicissimo uso in metafisica. Allo scopo basta adottare il principio di complementarietà, valido per il mondo atomico, e portarlo nel mondo umano e sociale. Si vedrà allora non solo come i risultati delle varie scienze, divenute cosf diverse ed estranee le une e le altre nel loro proSjblioteca Gino Biànco ,

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