Passato e Presente - anno II - n. 8 - mar.-apr. 1959

assato resente 981 Al di là della coesistenza: A.C. 992 La burocrazia come classe: L. Faenza 1007 La scienza e la luna: R. Gt1iducci 1014 Populismo ungherese: Z. Szabo 1021 Tradizioni della Resistenza: L. Valiani 1061 Problemi jugoslavi: Collotti, Meana, Melograni Note di A. Caracciolo, E. Fano, A. Guiducci, L. Paladini, G. Rocca, R. Solm-i: televisione e cultura N. 8 marzo - aprile 1959 . Biblioteca Gino Bianco

Sommario A.C., Al di là della coesistenza Luciano Faenza, La burocrazia è itna classe sociale? Roberto Guiducci, La scienza e la luna Zoltan Szabo, Populismo ungherese Le idee della Resistenza: Leo Valiani, Sulla « continuità » risorgimentale REALTÀ ITALIANA: Discutendo di televisione Armanda Guiducci, Un nuovo linguaggio? Renato Solmi, Televisione e cultztra di r11,assa Ester Fano, I poteri della televisione Gianni Rocca, Intellettuali e progresso tecnico Albe~to Caracciolo, Nuovi strumenti per la diffusione della cono- . . scenza storica Leo Paladini,. La TV in Unione Sovietica MONDO CONTEMPORANEO: Problemi del socialismo in Jugoslav"ia· Piero Melograni, Il conflitto con il Com._inform . . Enzo Collotti, Sviluppi della gestione operaia in Jugoslavia Carlo Meana, Motivi di difficoltà nella politica estera jugoslava ***, f: 1organizzazione delle scienze sociali nella RPFJ SEGNALAZIONI a cura di Claudio- Pavone e Carlo Alberto Donolo Redazioni BOLOGNA - Via Riva Reno 60 - Tel. 23.74.08 MILANO - Via Calatafimi 12 - Tel. 85.73.80. ROMA - Via Uffici del Vicario 16 - Tel. 68.71.08 Amministrazione Segreteria di Redazione presso la Redazione romana. Abbonamenti Annuale -L. 2.400 (Italia). L. 4.000 (Estero). Sostenitore L. 10.000 (sul c. c. p. 2/15265, Torino). Un fase. L. 500. Direttore responsabile Carlo Ripa di Meana. Biblioteca Gino Bianco

AL DI LÀ DELLA COESISTENZA 1. - Una stagione densa di trattative, di incontri, di dialoghi a diverso livello, si annunzia fra i due grandi blocchi che dividono il mondo. E· dopo anni di ritornante « guerra fredda », di lacerazioni e di pericoli, non possiamo che salutare con soddisfazione le prospettive di allentamento della tensione internazionale che ne derivano. In sede immediatamente politica le singole mosse, le richieste o le concessioni delle parti, le successive battute delle diplomazie, meritano di essere considerate davvicir10. Ed è certo che per ottenere sia pure il piu piccolo passo, o accordo, o atto distensivo, nessuno sforzo perseve- ' . . rante sara mai eccessivo. Esistono però motivi che trascendono la co11tingenza diplomatico-militare, sui quali conviene pure richiamare l'attenzione quando si abbia. in vista la complessità della crisi del~a società contempor~nea nel suo in- · sieme. Il fatto è che l'attuale trattativa di vertice poggia tuttora sul presupposto di una irre~ersi~ile spartizione del mondo in due blocchi, o se vogliamo in due sistemi, tra i quali potrà anche non esservi guerra, ma non si potrà andare piu in là di una « coesister1za » che significa, precisamente, un prolungamento dell'attuale spaccatura. Attraverso la << coesistenza », ogni parte conta di aver ragione dell'altra, accettando nel miglior~ dei casi una certa distensione come via per sfuggire ai pericoli distruttivi di una guerra nucleare, o come mez~o per rinsaldare le proprie posizioni strategiche nella competizione con · 1, avversario. Ed anche dai governanti sovietici, cioè da quelli che paiono più affaticarsi per diminuire l'attuale tensione mondiale, la divisione in due blocchi e la c~ntrapposizione dei ·due sistemi continua a darsi per. scontata. Prendere atto di questa sèissura del· mondo in due parti tra loro « coesistenti >> è considerato dai Potenti della terra - cosf Russell li chiamava nel suo· messaggio 1 - come segno di massimo realismo. È 1 . B. RussELL, Lettera ai potenti della terra, Torino 1958, pp. 63. . . Biblioteca Gino Bianco

Al di là della coesistenza facile jntendere però quali pericoli di guetra ciò implicitamente comporti, poiché a questa si sarebbe portati prima o poi in modo irresistibile dalla logica stessa della ricerca di posizioni di forza, dell'incremento delle armi distruttive, da una tecnica militare che rende possibile una conflagrazione in seguito al semplice errore materiale di un soldato. Sicché non è pensabile, ha osservato il Whright Mills nel suo recente scritto 1 , una autentica strategia della pace, senza che nelle grandi scelte .politiche « ai termini militari e scientifico-militari oggi predo-· minanti si sostituiscano termini economici e culturali >>. Di piu, i gruppi che sono alla testa dei due blocchi contrapposti, dominati da un ristretto « realismo a breve scadenza » e dall'immagine di un mondo congelato nell'attuale spaccatura~ finiscon<?proprio essi per non elaborare soluzioni realistiche, cioè ragionevolmente prevedibili e soddisfacenti, ai proble~i di fondo : essi « affogano nei particolari delle decisioni immediate e in apparenza pressanti, alle quali sentono l'obbligo di reagire. Nessuno di loro sa quel che occorre fare, dopo : aspettano che un altr~ faccia la mossa » 2 • Dal che consegue una serie di azioni e controazioni immediate, ma una carenza di indirizzi e programmi di piu globale portata . • 2. ~ Quali presupposti vengono portati a sostegno di una visione dei rapporti internazionali, che giudica inevitabile per un periodo di tempo assai lungo la esistenza di blocchi contrapposti? In termini ideologico-politici essi consistono nella convinzione, altrettanto radicata in ciascuna delle due parti, di una superiorità del proprio sistema, ed anzi della impossibilità persino di una mediazione fra un sistema che si proclailla costruito sulla proprietà individuale (e la libertà), ed uno che si van!a fondato sulla proprietà collettiva (e il socialismo). Nel paese-guida del blocco occidentale - gli Stati Uniti d'America - tale concezione viene çoltivata, dalle élites dominanti, essenzialmente a difesa di un sistema di appropriazione della ricchezza (e, con ·es~o, di un « modo di vita ») che in ogni mutamento scorge un pericolo alla sua stessa sopravvivenza. Ma essa trova alimento anche nel gruppo dirigente sovietico ed in molti partiti che parimenti sogliono richiamarsi a una interpreta- _zionemarxista del processo storico, quando questi esaltano il sistema capeggiato dall'URSS e dalla Cina senza rilevarne le interne contraddizioni, e respingono in modo pressoché globale le esperienze sociali e • 1 C. WHRIGT MILLS, Le cause della terza guerra mondiale," Feltrinelli, Milano 1959, p. 118. . 2 WHRIGT MILLS, op~ cit., p. 106. Bibl"oteca Gino Bianc0

Al di là della coesistenza ideali che maturano nel sistema avverso senza portare abbastanza attenzione al modo complesso in cui entro ciascuna formazione economico-sociale alle spinte (e forze sociali) espansive, progressive, rivoluzionarie, si oppongono controspinte (e forze sociali) reazionarie e conserva~ive. Su questa via evidentemente si finisce per far coincidere, in 'un modo che non a torto fu detto manicheo, tutto il bene e tatto il male con uno dei due sistemi, e con gli Stati e i territori che lo incarnano. La tradizionale « tolleranza » dell'Occidente si trasforma in inclinazione alla crociata, ed anche la ricerca leniniana, delle forze motrici della rivoluzione mondiale lascia il passo al mito dello Stato-guida. Si ritorna, in ultima a~alisi, alla tradizionale concezione delle « sfere d'influenza » e dei rapporti internazionali come equilibrio di Stati, con in piu i pericoli di distruzione integrale che nella nostra epoca uno spostamento eventuale di questo equilibrio con1por~a. · Criticabile e criticata sotto molti aspetti, u~a concezione di tal genere è tanto piu insufficiente quando la si sottoponga ad un'analisi di tipo socialista, fondata cioè sul riconoscimento di una lotta tra le classi e di una dialettica della società in tutti i suoi momenti. Proprio in questo senso, per esempio, varie formazioni socialiste europee, tra le quali è anche il partito socialista italiano, si vengono collocando in una posizione che, mentre combatte il capitalismo imperialistic~, riconosce determinate tradizioni di pensiero razionalistico e di lotta di classe tipiche dell'Europa occidentale, cerca di comprendere e criticare le contraddizioni esistenti in seno ai paesi del blocco sovietico. E nello stesso modo è stato giustificato anche in linea teorica dai dirigenti della lega dei comunisti il « neutr:alismo attivo» della Jugoslavia, sostenendo nel recente Programma (di cui si parla anche in altra parte di questa rivista) che « il socialismo diventa sempre piu sostanza della prassi quotidiana di tutta l'umanità», in quanto informa ·in modo crescente le forme stesse del mondo capitalistico 1 • Il socialismo insomma,. e con esso tutte le idee, le tecniche, le soluzioni valide e progressive, secondo questo modo di vedere non sta in un solo « sistema », ma in varia misura è presente in entrambi e dovunque: e la storia avvenire sarà determinata dall'emergere dei valori piu ·avanzati. presenti in ciascuno degli Siati e dei blocchi di Stati che oggi si dividono la scena internazionale. Siano pure talvolta çontingenti e provvisorie le ragioni che la de- . 1 Programma della Lega dei comunisti jugoslavi, qpprovato al VII congresso della LC/, aprile 1958,· Feltrinelli, Milano 1958, p. 24. Biblioteca Gino Bianco

Al ·di là della· coes,istenza terminano, la polemica contro. il. permanere. di rigidi blocchi, con quei corollari che si chìaman9 ricerca del colloquio e .delio. scambio a tutti i livelli, rivendicazione del disarmo e di zone neutralizzate, rottura di patti militari è fatta propria in vari altri paesi da forze signipcative. Mentre incontra serie difficoltà negli Stati Uniti, dove voci come quella rjcordata d~l Mills sono ancora abbastanza isolate, essa per esempio tr~va sostenitori numerosi anche fra i governanti di paesi legati alla leadership americana, dai conservatori inglesi ad esponenti scandinavi, e sembra divenuto motivo dominante della piu dinamica sinistra non comunista d'Inghilterra, Germania, Francia. Nel blocco orientale si è avvertita una seria battuta d'arresto alle aperture teorico-pr~tiche seguìte al XX congresso sovietico, ma elementi ~ignificativi sopravvivono oggi nella Polonia, che non ha abbandonato. il Piano Rapacki per una zona di disimpegno, mentre è da apprezzare l'insistenza di talune dichiarazioni piu possibiliste di Krusciov. U~a 11otevolec. onsapevolezza su questo terreno, per la diretta esperienza .di soggezione all'imperialismo da cui appena stanno uscendo e per l'ambizione. di conquistare una personalità libera da interessate protezioni e modelli, è inoltre present~ nei paesi ex coloniali, che si sogliono chiamare ~el gruppo· di Bandung: i quali attraversano anch'essi quasi tutti, proprio in questi mesi, fasi assai delicate di assestamento interno e di collocazione internazionale, ma nei quali l'idea dell'indipendenza dai blocchi ed anzi di un apporto all'avvicinamento fra i blocchi stessi, sembra essersi radicata in un largo spazio politico che va da esponenti del nazionalismo borghese fino a settori di comunismo ortodosso o trotskijsta. La rassegna delle forze oggi dichiaratamente ostili alla divisione in atto#~el mondo, per quanto po~sa essere estesa ad altri gruppi politici o intellettuali, non ha però grand~ importanza per il nostro discorso. È infatti evidente che le soluzioni decisive vengono determinate da alcuni· paesi di punta, che hanno proprio essi la leadership dei due blocchi, e la cui p~eponderanza economica, tecnologica, strategica enorme anziché attenuarsi tende naturalmente ad aumentare ancora. Se una valutazione delle prospettive di distensione e di riunificazione della scena internazionale .dovesse.f~ndarsi sul conteggio delle forze politiche dichiaratamente « neutral~ste » sarebbe assolùtamente giusto dire· che è utopistica, e che • 1 una scelta diversa dal parteggiare per uno dei due blocchi è priva di significato. La vicend~ mondiale si decide infatti nelle aree ·di.piu avanzato _svilupp~ tecnico-industriale, o sia pure nel migliore rapporto stabilità in que~te aree con i settori p~rifer~ci sottosviluppati. Biblioteca Gino Bianco

Al di là della coesistenza 985 Ma propriò la determinazione della grande politica in base a . un rapporto statico -del pqtenziale dei due blocchi (che è poi quella spesso portata dalle élites del potere a testimonianza della propria « concretezza»), è ciò che sempre piu appare insufficiente. E non soltanto perché porterebbe priJlla o poi a una guerra di strage, ma perché proprio la sua premessa di una inconciliabilità e div;iricazione crescente fra i due sistemi appare. scarsamente fondata su dati che non siano ideologici o contingenti.. Esistono al contrario nella società attuale problemi di fondo comuni nell'economia, nelle istituzioni, nella cultura: problemi eh~ non sempre veng-ono colti al livello della politica quotidiana delle potenze, ma che l'analisi scientifìcamentet condotta dei fenomeni sociali e della loro dinamica consente di evidenziare. E precisamente gli elementi di tale analisi ·ci fanno convinti della .possibilità effettiva di una . - . rottura dei ·blocchi contrapposti, di una gara positiva che si.gnifica integrazione dei due sistemi, e quindi di un avviamento all'unità del mondo contemporaneo su basi socialiste, secondo una spinta storica mòlto piu sostanzialé delle vistose ed esaltate spinte concorrenziali e centrifughe. ~ 3. - Il campo dove _piu appariscenti, ed effettivamente decisive, s:i manifestano le tendenze di fo11do all'unificazione dei ·_problemi mondiali, è quello economico. Nel corso dell'ultimo secolo si è di gran lunga accentuata la formazione di centri di produzione che esorbitano dai confini di uno Stato e che, dopo aver alimentato i mercati nazionali arroccati sulle difese protezionistiche, hanno ora creat~ un conflitto aperto tra spazi economici organici e integrati e spazi razionali territorialme~te delimitati 1 • Ma già si intravede che gli stessi ·centri di produzione fondamentali non possono trovare uno sviluppo razionale e programmato quando vengano considerati separatamente tra loro, o indipendentemente dai progressi tecnologiéi e dall'espansione di un altro centro. Sicché i problemi dello sviluppo economico possono essere concepiti in inodo equilibrato solo mediante il coordinamento su scala mondiale dei grandi centri· di produzione ·e di finanziamento 2 • ~'economia sovietica costituisce un'esperienza storica fondamentalè 1 Cfr. F. PERRoux, La coexistence pacifique, P.U.F., Paris 1958, vol. I, pp. 8289, ed anche J. D. BERNAL, World without War:-Routledge, London 1958, pp. 24748 e 257~8. I .2 PERRoux, op. cit., voL III passim e spec. pp. 405-10. Bibliote·ca Gino Bianco

g86 .. Al di là della coesÌstenza di pianificazione orientata verso la soluzione di tali problemi. Si può ormai affermàre con sufficiente sicurezza che essa ha saputo pienamente realizzare lo ~viluppo tecnico-economico di un paese arretrato. Ma una volta raggiunto l'alto livello della società industriale d~l secolo xx, si sono presentati anche nell'Unione Sovietica i problemi ti-- pici di una siffatta struttura produttiva ed economica. Non dobbiamo lasciarci fuorviare dalle differenze di linguaggio e di concetti : quando i sovietici si ripropongono le questioni della teoria del valore in termini che appaiono alquanto lontani e diversi da quelli usati dalla scienza economica contemporanea nei paesi· capitalistici~ essi in realtà affrontano problemi relativi alla formazione e al livello dei prezzi che hanno molti punti di contatto con quelli che si presentano anche nelle economie capitalistiche più avanzate. E cosf, quando essi parlano di decentramento degli organi di pianificazione, di autonomia dei direttori d'azienda, di rapporti di scam~io tra la produzione colcosiana e la produzione industriale, ecc., essi indicano processi di sviluppo e contraddizioni che si manifestano in forme diverse ma con sostanziali analogie anche nei paesi capitalistici fortem~nte industrializzati. Negli S. U. le dimensioni sempre piu vaste del processo produttivo spingono obiettivamente verso forme di pianificazio°:e, che devono· organizza·rsi e articolarsi entro i limiti imposti dalla proprietà privata dei mezzi di produzione. La contraddizione di fondo resta cos{ irrisoluta : tuttavia la programmazione a lunga scadenza della produzione e degli investimenti è ormai largamente diffusa, e l'intervento dello Stato nell'economia si svolge in modo diretto: massiccio e sistematico: cosicché è lecito affermare che- anche nei paesi capitalistici la pianificazione si avvia ad essere lo strumento per indirizzare il contrasto delle classi in direzione di un progresso collettivo 1 • . Non ci possiamo qui proporre altro, con questi esempi ed approssimazioni, se non di segnalare la vastità della problematica che si offre non appena si abbraccino i fenomeni economici al di là dei confini di uno solo dei due campi attuali. Ma l'indagine si potrebbe estendere ' facilmente alle connessioni presenti sotto il profilo ·del progresso tecnico, dove si assiste a una simultaneità di nuove conquiste, che può · ' essere spiegata solo da analoghe necessità oggettive nella gara di sviluppo tra i due blocchi, molto piu importanti ormai della «_casualità» e ge- ' 1 P. BAUCHET, L'expe,jence française de planification, Ed. du Seuil, Paris 1958, pp. 197-198, Siblioteca Gino Bianco

Al di là della coesistenza niaN.tà delle scoperte del passato. E l'attenzione dei sociologi si è_ soprattutto soffermata, non da oggi, su determinate analogie che si vengono a configurare tra Stati Uniti ed Unione Sovietica nella dimensione e nella organizzazione dell'azienda. Il rapporto fra il produttore e il prodotto nella grande fabbrica attrezzata per una lavorazione di massa e inserita in un piano statale ovvero nella programmazione dell'oligopolio, presenta ad esempio affinità degne di essere considerate tra la re~ltà «occidentale» e in quella sovietica. Anche quest'ultima non .sembra infatti avere co~piutamene risolto proprio uno dei proble1ni storici proposti dal socialismo scientifico, quello dell'alienazione operaia e del « feticismo della merce », né la strutturazione sociale di fabbrica sembra restare del tutto estranea a fenomeni tipici dell'azienda americana dell'età dei Managers e delle Public Relations. Uno dei motivi che piu ostacolano oggi tanto l'effettiva valorizzazione della società civile di fronte al potere di Stato nell'area sovietica quanto l'emergere di soluzioni rivoluzionarie nei paesi a direzione capitalistica, sembra essere la straordinaria tensione economico-politica raggiunta dalla gata per la supremazia mondiale. A questa gara-, e all'intensificazione di conq~iste tecniche, militari, e specialmente produttive che ne derivano, sembrano ormai dedicarsi tutte le energie. Nessun p~sto viene lasciato a· movimenti contraddittori e neppure a valori che non siano produttivistici o globalmente « strategici». Ma proprio dall'osservazione di ciò· non siamo indotti forse a guardare con speciale interesse ad ogni successo, anche limitato, sulla via della distensione e della coesistenza ? 4. - Gli studi che si vengono conducendo sotto profilo sociale, giuridico, politico, suggeriscono una stretta connessione tra l 'aflermarsi della moderna società industri~le di massa e l'evolversi delle forme associative e statali. Al punto che tali forme sembrano talvolta manifestare un divario maggiore tra paesi arretrati e paesi di punta, che non tra l'uno e l'altro lato della cosiddetta « cortina di ferro», nonostante il contrasto delle ideologie e delle forme di proprietà. Sul modo in cui si è venuto concentrando negli Stati Uniti ogni potere di decisione in mano a una élite ristretta, espressione della volontà di alcun~ mon~poli e di caste di tecnici, burocrati, militari, si è scritto ormai moltissimo. Ed il fenomeno ha riscontro nell'Inghilterra degli lnsiders e in tutto il mondo <<occidentale» anche se talora - come in Biblioteca Gino Bianco \

Al di là della coesistenza Italia - intrecciandosi con forme di potere premoderne. Meno si è esaminata, a livello rigor~so, la strutturazione del gruppo dirigente sovietico e il rapporto di questo con il resto della società. Ma varrebbe la pena di chiarire meglio, come auspicà anche l'articolo di L. Faeriza che qui di seguito pubblichiamo, se in URSS non stiano emergendo analoghe formazioni di tecnocrati (come direttori di sovnarcos e di crrandi aziendé), di burocrati civili e militari, di uomini di partito, b . nelle quali vengono a concretarsi le leve esser1ziali del potere. È probabile infatti che le esigenze di una società altamente industrializzata, di grandi dimensioni, e per di piu in gara implacabile con un « ststema )) concorrente, inducano a questo genere di stratificazione che provoca, sia pure attraverso conflitti interni ed appello volta a volta a gruppi di base, una forte centralizzazione in poche mani. I piani economici, e a maggior ragione' i delicati piani strategici e tecnico-militari, paiono incoragg~are questa tendenza, ed il corrispondente distacco tra le alte sfere e una massa che pure il medesimo processo industriale va facendo piu matura. • Evolvono di pari passo in tutti i centri più din~mici i mezzi e gli indirizzi per la formazione dell'opinione pubblica, della cultura, delle idee, attraverso passi avanti in rapida successione che si chiamano radio, giornali di massa, cinema, televisione, pubblicità, fino al limite della propaganda «occulta)). La validità universale di certe tecniche è la ragione prima dell'estendersi di questo fenomeno al di là dei confini politici_e dei «sistemi)>. Ma le tecniche corrispondono anche a precise esigenze di consenso popolare e di egemonia politico-ct1lturale di massa da parte di quei gruppi, che per evidenti ragioni di costo hanr10 il m.onopolio degli strumenti di diffusione. Dal che derivano problemi di estrema complessità sotto profilo sociale, cultural~, persino morale, di cui molto si va discutendo e di cui ci si occupa anche in altra parte de~la riy}sta: problemi che appaiono propri non piu solo di questa o quella .formazione economico-sociale, ma dell'intero mondo d'oggi. S'intende che di fronte alla spinta a concentrare le massime decisioni ·politiche in. una sfera ristretta, presente oggi· nei regimi che vantano una tra~izione democratico-parlamentare ma a11che in quelli che si appellano ad una rivoluzionaria socializzazione del potere, insorgono considerevoli controspinte. E se ne esistono talune di. significato solo arcaico, o di gelosia di gruppi sociali storicamente supe~ati, altre ve ne sono di notevole valor~, in quanto sorgono dalla volontà di classi moder-- Biblioteca Gino Bianco

• • Al di là della coesistenza ne come la classe operaia e lavoratrice, chiamata dallo sviluppo indu- · 5triale a compiti di protagonista, di partecipare alle decisioni e alle scelte a· tutti i livelli. Continuano a deteriorarsi ad ogni passo, e si può dire in ogni luogo, le forme di democrazia parlamentare e di democrazia operaia sulle quali classiche costruzioni teoriche erano state edificate. · Ma non cessa un movimento, ora spontaneo ora programmato, per la ricerca di forme nuove che allarghino le basi del potere, si suggeriscono e si tentano istituti di tipo societario o consiliare, o di rappresentanza settoriale. Sorgono qui, com'è chiaro, gravi interrogativi, le cui risposte non possono forse essere trovate da upa sola scienza, ma dal concorso di molteplici specie di osservazione e attraverso tentativi multiformi. Sembra infatti che una logica di potere assolutistica e accentratrice, mentre è coerente ad un elevato livello tecnico-industriale tanto in regime di proprietà oligopolistica che proprietà socialista, diventi insufficiente nel punto in cui le esigenze interne della grande produzione si incon-. trano con l'insieme del!' articolazione sociale. Strutture aziendali-istituzionali efficaci per accelerati ritmi di sviluppo economico incontrano resistenza quando si tenti di estenderle alla soluzione globale dei problemi di un mercato, di un popolo, di una nazione. Si manifesta an_ziun rifiuto ad esse soprattutto da parte dei gruppi sociali esclusi dall'appro- • priazione dei frutti dello sviluppo economico e da parte di ambienti · sensibili a parametri diversi da quello meramente produttivistico. Sicché assistiamo al fatto che la classe lavoratrice inclina a « non limitare il suo compito di indirizzo e controllo nel solo ambito del mondo produttivistico, ma pretende ad una estensione dell'area di potere a tutte le manifestazioni della vita associata. Solo da questo punto· di vista generale può essere possibile la determinazione del giusto equilibrio nello sviluppo economico con gli altri aspetti della configurazione della società » 1 • 5. - Siamo giunti evidentemente a un punto in cui, segnalate tante ragioni di convergenza, ci vengono incontro importanti motivi di diffe- . renziazione. E non· pensiamo solo alle infinite particolarità che sussistono in ogni situazione determinata sotto pro_filodi tradizioni civili o nazionali, di credenze ideologico-religiose, di scelte politiche, bensf anche ad una condizione basilare per ogni allargamento e soci·alizzazione del potere: la socializzazione dçi mezzi di produzione. Nella logica del pro- ~ R. Gu1nucc1, Progres!o controllato, « Mondo Operaio», 1958, n. 6-7. Biblioteca o Bianco • •

Al di là della coesistenza fitto capitalistico, formazioni oligopolistiche o protette dallo Stato possono ancora trovare accorgimenti per superare gli ostacoli che il sistema crea all'ordinato sviluppo economico: quanto alla partecipazione politica delle classi escluse, però, i rapporti sociali esistenti non la consentono altro' cl1e come mistificazione. 'In questo senso in tutti ~ paesi organizzati capitalisticamente urge oggi un rivolgimento socialista, come alternativa di potere corrispondente alle esigenze di tutto il mondo contemporaneo, e non di una sola parte di esso. Efficace come esempio e aiuto concreto per molti popoli semicoloniali, la politica di blocchi e di· « ragion di Stato» perseguita dalla Unione Sovietica sembra d'altra parte aver rappresentato molte volte un ostacolo, fino a ieri, allo sviluppo del movimento delle classi lavoratrici nei paesi industriali piu avanzati. E soprattutto ha fatto danno alla espansione di questo movimento l'estrema tensione di tipo produttivistico e strategico esistente fra i due contendenti mondiali. Ecco perché pensiamo che ogni minore radicalizzazione tra i blocchi, ogni sdrammatizzazione del contrasto internazionale, sia propizia a un progresso socialista : forse con qualche momentaneo « rischio » interno alla rigidità del sistema sovietico (come sembra suggerire l'esperienza del 1956) ma con un respiro mondiale capace di rimettere in modo, molte situazioni cristallizzate dalla paura, dalla disciplina, dalla contrapposizione fra Stato e Stato. Cos1 si ritorna, dal nostro insistente richiamo ai massimi problemi, di nuovo al livello della politica in atto. Anche la logica di significato globale per il mondo contemporaneo, che ha attirato la nostra attenzione, ci appare nello stesso tempo condizionante e condizionata dalle scelte politiche piu r~vvicina.te. Essa· stenta a dispiegarsi e ad operare, fino a che non esistano condizioni sufficienti di comprensione, di dialogo, di scambio fra gli attuali blocchi. Ciò che viene a confermarci la complementarità fra i due livelli: l'uno di ricerca intellettuale e scientifica che operi per individuare tendenze di fondo, eludere pregiudizi e mistificazioni, l'altro di considerazione ed azione sui dati piu prossimi. La fiducia in q.uesta complementarità, che è poi garanzia di un operare consapevole, ci fa rifiutare· la facile tesi secondo la quale pteoccµparsi dei termini · immediati della « gara » in atto, dedicare tutte le energie alla conquista di migliori posizioni di forza, sarebbe il solo compito concreto dei governati dei due blocchi. A meglio guardare non si apre su. quella via alcuna prospettiva a lunga scadenza, che non sia quella di una guerra devastatrice .. E dunq~e, per ritornare a dirla col Mills, abbandonando Biblloteca Gino BiancQ

Al di là della coesistenza 991 \ un simile presunto re~lismo occorre « tirar fuori la testa dal sacco, e guardarsi intorno alla ricerca di una alternativa vera » 1 , cioè di soluzioni concepite su di una scala tale da comprendere i problemi di fondo sempre piu interdipendenti della società attuale. Abbandonando il puro calcolo strategico e concorrenziale, è probabile che « ci troveremo di fronte a problemi piu difficili, da un punto di vista intellettuale, rispetto a quelli di ora: saremo però in condizione di affrontarli in un mondo umanizzato» 2 , e secondo una prospettiva di sviluppo piu armonica e coerente di quella che a tutt'oggi è in grado di offrirci il realismo dei grandi politici. A. C. 1 WHRIGT MILLS, op. cit., p. 161. 2 WHRIGT MILLS, op. cit., p. 131. • Biblioteca ·Gino Bianco •

• .. .... , LA BUROCRAZIA E' UNA CLASSE SOCIALE? Un problema sociologico di attualità viene offerto dall'esistenza, in seno alla società del -nostro tempo, di una burocrazia avente caratteri tendenzialmente o spiccatamente egemoni, nel quadro della vita statale dove essa è vent1ta emergendo con tratti specifici di stabilità e durata. È oggetto ormai di verifica sperimentale la constatazione che i due settori in ct1i inizialmente si è articolata la classe politica dello Stato liberale - quello elettivo dei deputati alle cariche pubbliche centrali e periferiche, e quello burocratico dei funzionari di carriera, selezionati in base a concorso - hanno via· via manifestato nel loro rapporto interno una tendenza costante a modificare il rispettivo peso specifico, nello ambito ·dello stesso stato liberale. La burocrazia amministra ormai ·10 Stato e i su~i istituti anche se non_ li gestisce in forma autonoma; i politici assumono sempre piu, agli occhi della burocrazia, la figura di avventizi di alto, medio e ba~so rango, che dirigono la cosa pubblicà senza incidervi p·rofondamente perché i loro gruppi si costituiscono e dissolvono prima che la loro politica abbia potuto operare oltre i confini della normale amministrazione, che sono appunto i confini della burocrazia. Égemonia larvata, ma non per questo meno grossolana e materiale, stabili~à e durata; tali caratteristiche dell'apparato statale dei funzionari di tutti i gruppi e di tutti i gradi hanno fatto sorgere un quesito che viene frequentemente riproposto dalla pubblicistica politica sopratutto da quando alcune grandi società umane sono state organizzate a stato secondo una formula che è stata definita «totalitaria>>. Tale quesito si compendia m<?ltobrevemente cosf: la burocrazia è una classe sociale? · Tempo fa l.1elioBasso (in « Nuovi Argomenti )), n. 25, 1957) osservando incidentalmente come in URSS vi siano almeno ancora due classi i cui interessi non coincidono - operai e colcosiani - sfiorava il problema da cui abbiamo preso le mosse e lasciava deliberatamente da parte, perché non pertinente al suo assunto, la questione relativa all'esistenza o meno di una terza classe: quella della burocrazia . ,Biblioteca Gino Bianco

La burocrazia è una classe sociale? 993 Ora è evidente che una precisazione o un tentativo di precisazione del significato di classe sociale è pregiudiziale al tentativo di enucleare caratteri potenziali o attuali di classe in seno alla burocrazia di uno stato_. Ed è noto che il concetto di classe possiede una sua storicità. Anche se la storicità di un termine è altra cosa dalla storicità di un contenuto, tuttavia è essa indicativa di una modificazione di quel conte- .nuto, _dovendo pure esistere un rappo~to tra segno e cosa significata. La scienza politica elabora definizioni piu o meno adeguate alla complessità dei rapporti viventi che si offrono alla sua indagine, e tali definizioni appaiono quasi sempre come schematizzazioni di un contenuto empirico la cui ricchezza non si lascia abbracciare nella sua totalità. Gli stati (Stande) delle monarchie assolute coglievano dall'esterno una realtà sociale differenziata e in divenire. Dalla società di stati alla società di classi c'è un passaggio che sul piano della formula s~atuale si esprime in una organizzazione giuridica basata sulla separazione. dei poteri anziché sulla loro centralizzazione. Sul piano della società civile c'è una modificazione ·del tessuto caratterizzata o dall'immissione di forze fresche nei .quadri della vita politica preesìstente o da un ampliamento della possibilità d'azione di quelle forze. Ma il concetto di classe, come , già quello di stato (Stande), è sempre una schematizzazione empirica di..grande approssimazione, meglio adeguato però, rispetto al suo antecedente. storico a configurare un contesto le cui maglie esistevano in fieri ·nell~ formazione sociale superata. È noto infatti come sia estremamente difficile fissare un confine tra i gruppi che condizionano la di- _namica di una società umana, e come quindi ogni determinazione concettuale sia anche una negazione. Ciò nonostante certe aggregazioni si presentano tendenzialmente costanti, perché costante è la riproduzione delle condizioni reali in cui esse si manifestano. E questo è appunto il caso delle classi sociali in regime capitalistico. Se uria società civile come quella russa attuale,· dive~samente strutturata rispetto a quella capitalistica, si presenta inadeguata nella sua materialità all'idea di classe, questo prova soltanto che quella idea non è strumentale per la conoscenza di una formazione sociale che non è di tip·o capitalistico, ma non prova evidentemente che quella società civile non conosca contraddizioni e quindi aggregazioni umane antagonistiche. Si tratterà di elaborare uno schema che dia una rappresentazione piu evidente delle differenziazioni intrinseche ad una società non capitalistica, ma non si potrà ~egare tali .differenzazioni e antagonismi a meno di voler prestare valore scientifico . ad un sofisma. Altrim~nti si potrebbe sostenere con Biblioteca Gino Bian·co

994 Luciano 1' 1aenza ragione che nella sOCietà capitalistica non ci sono piu stati, che gli stati sono scomparsi, e con ciò sono scomparsi gli antagonismi reali che hanno provocato il crollo degli stati. E infatti, dal punto di vista degli stati, la società capitalistica è una società armonica. Perché non dovrebbe essere una società armonica la società russa tial punto di vista delle classi? Ma non è la storicità del concetto che ci interessa, bens1 la cosa. E per individuare la cosa nei suoi tratti piu generali, per cogliere c~oè in un grµppo umano i tratti che ne fanno u~ gruppo dominante all'interno di una società introducendovi per conseguenza la differenzazione e l'antagonismo, ci pare che debbano essere presi in considerazione sia il rapporto di tale gruppo nei confronti degli strumenti di produzione, sia la condizione privilegiata che tale rapporto assicura nella ripartizione dei prodotti, sia la riproducibilità di tale rapporto. Perché è evidente che se tale riproducibilità non fosse assicurata nel suo complesso, una divisione della società in due piani, quello dei dominatori e quello dei domii:iati non avrebbe ragioni fondate di sussistere, e la mobilità continµa tra l'alto e il basso farebbe della collettività nel suo complesso una collettività di autogoverno senza sfruttamento di dominatori sui dominati. Ora tale mobilità è paralizzata e ridotta al minimo proprio dal tipo di rapporto che in una società si stabilisce tra gli uomini nei confronti degli strumenti di produzione; e non è detto, come vedrem~ piu avanti, che solo la proprietà privata sia, ne~lo stesso tempo, espres- . sione giuridica di tale rapporto ed ostacolo a tale mobilità. Da quanto abbiamo sostenuto fin qui pare intanto che si possa· ricavare una constatazione preliminare ad ogni ulteriore analisi della società. Storicamente determinati sono i concetti con i quali si definiscono certi rapporti all'interno di una collettività umana. Soggetti a mutazione storica sono i mutamenti che danno origine a tali. rapporti (il raggruppamento feudatari-servi della gleba è altra cosa da quello borghesi-proletari). Permanenti al di sotto di tali modificazioni sono i gruppi in quanto tali, permanente è la divisione o la lacerazione in due piani di · qualunque società, e pertanto potrebbe apparire valida anche in sede scientifica -l'osservazione empirica, suggerita al senso comune, di un mondo umano in cui coloro che stanno in alto e coloro che stanno in ... · . . basso ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Ma la mobilità sociale tra le classi (chiamiamo d'ora in poi classi i vari gruppi sociali in riferimento al tipo di rapporto che si stabilisce fra essi e i beni di produzione, e lasciamo da parte per comodità il Siblioteca Gino Bianc

La burocrazia è una classe sociale? 995 significato storicistico del termine) quando è integrale annulla effettivamente ogni confine tra le classi e trasforma una società classista in una associazione armonica. Tale mobilità non cade dal cielo. E' condizionata, come si è accennato, dalla struttura : è una forma che va rapportata ad una dinamica delle· forze produttive. Essa è storicamente possibile, anche se in passato la sua verifica sperimentale ne ha messo ·in luce l'aspetto illusorio e mistificante (le rivoluzioni sono la verifica di una mancata mobilità). Il fatto che si sia realizzata solo in forma mutila fin qui, non prova nulla contro una sua diversa, autentica mani- . festazione futura. Questo ci è sufficiente per escludere ciò che apparentemente abbiamo accettato piu sopra come saggezza del senso comune coincidente con un giudizio scientifico. Anche la divisione in due piani è dunque transeunte, soggetta a storicità, e pur tuttavia il senso co- . mune in questo può presentare una sua scientificità: nell'affermare che in qualunque società umana ci,dovranno essere ~ei dirigenti e dei diretti .. Ma una classe dirigente non costituisce di per sé una lacerazione della compagine sociale. In una società divisa in classi è la classe dominante · che provoca tale rottura in base a condizioni che abbiamo già precisate, e la classe dirigente è soltanto il risultato di una selezione continua operata in seno alla classe dominante e a volte anche in seno alla dominata, dai partiti politici. M~ in una società senza classi, dove dominante è l'intera collettività, la classe dirigente è il risultato di una selezione continua operata dai vari istituti di autogoverno (se non si vuole adoperare la locuzione partiti politici). In entrambi i casi la classe dirigente è la classe degli « specialisti » nell'esercizio del potere 1 , con la differenza che nel primo caso tali specialisti mettono la loro tecnica al servizio di una parte sola della collettività e cercano sùl piano ideologico di presentare i valori-di una classe 1 L'espressione è certamente impropria, perchè l'esercizio del potere è generale e n0n specialistico, ma ad essa va dato, qui, un significato sui generis. Bisogna aver presente quella volontà di potenza che si esprime in una forte coscienza statale di tipo classico e che è propria di una classe che sa egemonizzare le masse avendo assimilato, come la volpe machiavellica, una vasta esperienza dell'animo umano ed avendo elabor~to le corrispondenti tecniche di dominio. Quelle tecniche che ìl senso comune chiama imbrogli, perché. i subalterni fanno coincidere, essi pure per esperienza, la politica con l'arte dell'inganno. Sono tecniche non possedute per dote innata, ma per tirocinio, per <\ specializzazione»: Così è stato · fino ad oggi nelle società classiste. E' chiaro che in una società soc~alista la politica non può essere inganno. Ma anche allora l'esercizio del potere esigerà un tirocinio, una competenza da tutti gli uomini e non da una parte soltanto; tutti cioè dov~anno essere « specialisti ». Biblioteca Gino Bianco ..

Luciano 1:1·aenza · come valori universali; nel secondo caso gli specialisti sono al servizio della comunità intera, rispetto alla quale si distinguono solo funzionalmente come classe, nello stesso modo con cui un direttore d'orchestra si distingue dal complesso dei musicisti. S'è parlato di tipo di rapporto che si stabilisce tra i gruppi sociali e gli strumenti di produzione e si è detto degli ostacoli alla 1nobilità sociale che esso può suscitare. La proprietà privata è, come noto, uno di tali rapporti. La successione ereditaria di carattere privato assicura la ~iproduzione anatomica della società civile data, e i figli dei capitalisti diventano capitalisti per diritto di nascita. Per converso ai figli dei proletari non resta altro titolo successorio che quello relativo alla condizione proletaria dei loro padri. La divisione fra dominatori_ e dominati, cioè la formazione obbiettiva di due classi opposte _chediventano classi antagonistiche quando matura in quella subalterna la coscienza di tale opposizione, viene cos1provocata da 11naforma particolare di proprietà, la forma privata, e dal diritto ereditario correlativo. Il rapporto sociale diventa un rapporto di classi perché i raggruppamenti conservano inalterati i loro caratteri fondamentali nonostante le continue erosioni marginali. La partecipazione ai vantaggi e ai privilegi della classe alta, cosi come la perdita di tali privilegi, sono individuali, e la mobilità sociale assume l'aspetto di un surclassamento o decla~samento di singoli. Ma la proprietà privata è solo una forma particolare di proprietà. Pone in essere classi di tipo capitalistico, ma potrebbe, sotto altra forma, c~ndizionare la costituzione di altri raggruppamenti sociali e di altri rapporti di dominazione e subordinazione tra essi. Nel passato, in epoche precedenti l'attuale assetto capitalistico, si possono individuare regimi politici nei quali la ·divisione della società civile in due piani è stata non meno evidente di quella che gli uomini contemporanei stànno sperimentando. Gli istituti del potere statale attr~verso i quali gli uomini hanno legalizzato i loro rapporti reciproci verso le cose non fur~no sempre i medesimi. Vale a dire che i rapporti di produzione conseguenti all'organizzazione delle forze prodt1ttive della società non sempre sono culminati sul piano giuridico nell'istituto della proprietà privata. Si consideri per un istante l'impero gesuitico del Sud America. L'organizzazione comunistica realizzata nel secolo -XVI dalla Compagnia di 1 Gesù nelle _Riduzioni del Paraguay. era estesa alla totalità della vita pubblica. Ma la società nel suo complesso era divisa in due piani di cui quello inferiore subiva il «comunismo» voluto da quella superiore. La casta sacerdotale _organizzava l'economia e dirigeva la politica, eserBiblioteca Gino BiancQ

La burocrazia è una classe sociale? 997 citava il potere statale a titolo esclusivo e decideva allo stesso titolo sulla ripartizione e destinazione dei plusvalori. L'impero gesuitic<? era una società senza proprietà privata : la lacerazione fra dominatori e dominati, lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, edulcorato di pia unzio- , . ne, erano· nondimeno una realtà. Anche i membri della società inkaica del Pe~Ù conobbero una esperienza analoga, coll'unica variante « laica » rappresentata dalla casta civile e militare dei conquistatori stranieri i quali fruirono di una condizione privilegiata rispetto allo strato, indigeno subalterno. E in Europa, durante l'alto medio evo, si conobbe l'egemonia di uno strato di fe~datari i quali entrarono in rapporto con il sottostante mondo servile controllando il bene fondamentale - la terra - senza esserne p•roprietari. Gli istituti del potere - privilegi, investiture - li costituivano classe di fatto, classe dominante e dirigente nello stesso tempo, anche s~nza la capacità di testare, cioè di riprodurre nei discendenti la loro condizione egemone. Il Capitolare di Kiersy sancisce soltanto una consuetudine sorta nel tempo e non coincidente formalmente con l'istituzione feudale. E' una testimonianza di una tendenza psicologi~a che si può manifestare nell'uomo in circostanze storicamente determinate : rendere permanente il possesso assicurandolo anche ai successori e trasformandolo in proprietà. .. Si può dunque affermare che chi controlla gli strumenti base di una economia domina quell'economia e riassume in sé, in ultima istanza, il potere politico. Il controllo è un rapporto che si istituisce tra l'uomo e le cose e include determinazioni specifiche, una delle quali è la proprietà privata. Questa è dunque sufficiente al costituirsi di una classe dominante, ma non è necessaria. Anche il diritto ereditario, che assicura ai discendenti delle classi alte la riproduzione delle condizioni di dominio e consolida la stratificazione sociale, è correlativo a quella determinazione specifica del controllo che è la proprietà privata ed è pertanto, come quella, sufficiente ma non necessario a individuare il carattere di una classe sociale. Posta una diversa determinazione del coptrollo, come vedremo, la mobilità può conservare il suo aspetto di fatto marginale, anche se la successione ereditaria nella forma specifica del diritto privato capitalistico sarà scomparsa, perché sostituita da una forma qualitativamente diversa di successione. Si coglie in atto, nella società capitalistica, un proces~o tendenziale che si verifica alle spalle degli stessi produttori. L'istituto della proprietà privata, nel suo aspetto originario di proprietà privata individuale, ha _subitomodificazioni _profonde che hanno spersonalizzato la figura del Bjblioteca Gino Bianco

Luci.ano ~·aenza capitalista che si è fatto ~a sé. La massa anonima degli azionisti, pro-. prietari di una ideale quota parte del capitale industriale e percettori di un dividendo che non hanno direttamente contribuito a produrre, opera un distacco sempre piu sensibile tra le figure economiche tipiche del processo produttivo. Capitalisti e proletari si conoscorlo sempre di meno, ma i dirigenti tecnici che organizzano e dirigono l'apparato economico di una società capitalistica molto avanzata, sono presenti e profondamente inseriti nei gangli di quell'apparato e rappresentano quasi per procura la classe capitalistica presso i vendito~i della forza-lavoro. La struttur·a della società capitalistica si evolve, ma il peso specifico del proletariato in questa società è meno determinante. Ciò può apparire contraddittorio a chi per abitudine di pensiero fa coincidere acriticamente la metamorfosi del capitalismo con la genesi del socialismo e non concepisce trasformazione di proprietà se -non come effetto del mordente rivoluzionario delle masse. Ma appunto perché tali trasformazioni che si compiono sott<;>i 11ostriocchi non sono dovute ad incur-- sion~ effettuate dai produttori n~lla sfera del capitale, le· posizioni tradizionalmente tenute dalle figure dei capitalisti sono occupate non dai « becchini della vecchia società gravida della nuova », ma dai tecnici, dagli specialisti, dai burocrati. Costoro non sono neppure una classe sociale a sé, perché obbiettivamente fanno parte della stessa classe lavoratrice; non sono proprietari degli strumenti di produzione ma. di fatto li controllano. E tuttavia la loro esistenza rende sempre piu anacronistica quella dei capitalisti azionisti, _perché il titolo formale di proprietà privata sui beni di reddito garantito a questi ultimi dal possesso del pacchetto azionario, non corrisponde piu alla reale partecipazione alla dirigenza_dell'impresa. Tale partecipazione può avere un senso solamente se convalidata da una effettiva competenza specifica. Ferme restando tali premesse e posta sul piano storico l'analogia tra i tecnici della società capitalistica e i borghesi del tardo medio evo o degli Stati monarchici assoluti, il modo di produzione dei tecnici e dei funzionar~ (economia pianificata dall'alto), il tipo di proprietà (proprietà statale), e quindi il potere politico possono essere anticipati teoricamente ponendosi all 'interrio della società capitalistica. Va da sé che tale anticipazione . non costituisce un fattore necessitante di trasformazione « rivoluzio- ( • naria », perché la diarchia di potere tra i capitalisti, che sono i proprietari form;;ili e i tecnici burocrati che controllano realmente gli strumenti di produzione può continuare all'indefinito. Il regime di coesistenza cioè, non ha come sbocco fatale la concentrazione della proprietà formale Biblioteca Gino BiancQ

La burocrazia è una classe sodale? 999 nelle mani di chi esercita il controllo reale, anche se tale sbocco debba essere tenuto presente come ipotesi. Il controllo esercitato dai feudatari sulla terra non conteneva in sé la soluzione sancita dal Capitolare di Kiersy e questa, pur presentandosi come la soluzione piu probabile nelle c_ondizioni che la storia era venuta maturando via via, non era in sé necessaria, bens1 solo sufficiente. Del resto la proprietà implicita al controllo tecnico è quella statale e non privata, e a tale proprietà statale, quasi per un'astuzia della storia:, potrebbe mettere capo una rivoluzione èompiuta da un proletariato che porta scritta sulle sue bandiere la parola d'ordine della socializzazione dei mezzi di produzione. Quando infatti l'attacco alle istituzioni capitalistiche è ~osso da posizioni frontali esterne e i lavoratori non hanno realizzato alcun istituto di potere statuale all'interno delle strutture economiche oppressive, è spiegabile che l'eredità rivoluzionaria sia assunta da coloro che già di fatto dirigono il processo produttivo, ed è pure spiegabile che costoro imprimano all'economia la « loro» struttura, ed allo stato la «loro» legalità. Sulla scorta delle precedenti considerazioni, possiamo a questo punto affrontare il problema da cui abbiamo preso le mosse all'inizio del presente scritto: quello della burocrazia in quanto classe. ~ È possibile un regime non caratterizzato dalla prop,rietà di tipo capitalistico, e tuttavia derivante da questo nel senso che poggia sulla scien- · za e sulla tecnica capitalistiche più avanzate? La risposta affermativa a questa prima domanda ne richiama una seconda : si può concepire una lacerazione tra dominatori e dominati all'interno di tale regime? E anche a questa seconda domanda ci pare di poter rispondere affermativamente. Alcuni esempi storici a cui ci siamo richiamati fin qui si riferivano o a formazioni precapitalistiche o a regimi superàti diversi da quello• capitalistico. Il richiamo ·alla formazione di uno strato tecnico immanente al presente assetto sociale, con possibilità future di trasformazione radicale di questo assetto, aveva valore di termine per un paragone ellittico fra due tipi di Società, una vera e una pensata. Ma la struttura dello Stato cui ha messo capo. l'organizzazione dell'economia russa, non fa della società dominata dalla burocrazia una società pensata; costituisce al contrario un laboratorio speriment~le per noi ed offre · alle nostre considerazioni sulle classi la possibilità di una verifica. Là dove gli strumenti di prod~zione sono proprietà dello Stato e lo Stato è proprietà collegiale dei funzionari, sorgono ovviamente le occasioni Biblioteca 'Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==