. Le t"dee della Resistenza un passo piu in là, è altro discorso, cui sopra accennavamo, ma che non rieritra, almeno direttamente, nell'oggetto di questo studio. IX. - La « delusione della Resistenza ». Esaurimento della polemica sul « revisionismo risorgimentale». Ai nostri fini immediati, interessa porre in luce come il punto della continuità dello Stato, le cui implicazioni vanno al di là del discorso ~ulla democrazia cristiana, può forse consentire anche a noi di pro·spettare uno di quei paragoni puntuali fra Risorgimento e Resistenza, cui all'inizio abbiamo dichiarato di volerci sottrarre. E cioè, che nel 1860 come nel 1945 ha prevalso nelle cose italiane, col favore della situazione internazionale, lo Stato come momento del già istituzionalmente compiuto. Fra i CLN e gli altri organismi. nati durante la lotta come embrioni di nuove forme di potere e lo Stato ricostituitosi nel Sud, è il secondo che ha finito, e abbastanza rapidamente, coll'a~er la meglio, nonostante che nel 1946 si sia ottenuta la cacciata della monarchia e quell~ costituente invano sognata nel 1860. Discende da questo, che è ovviamente solo un accostamento volto a stimolare la riflessione sulla vocazione italiana allo Stato già fatto come unico luogo, intrinsecamente trasformistico, della evoluzione sociale, discende forse da ciò che è giustificata una « delusione della Resistenza » che faccia il paio con la « delusione del Risorgimento » patita dai democratici~italiani dopo il 1860? La critica storica ha ormai sufficientemente messo in luce, al di là dei termini in cui il problema era posto dalla pubblicistica dell'epoca, quale fosse la realtà sottintesa da quella delusione; e vincitori e vinti della battaglia per l'egemonia risorgimentale sono sempre più riconosci~ti nelle loro caratteristiche storicamente concrete, nel quadro di un evento globalmente progressivo. Per la Resistenza un analogo processo critico non è forse :neppuré iniziato. Ma non per questo dobbiamo ast.enerci dal respingere sia il volgare· ottimismo ufficiale e governativo, sia il moralismo sterile, anche se nobile, dei nuovi delusi. Le forze politiche che hanno raggiunto il potere sogliono nutrire scarsa simpatia per coloro che, nel processò che le ha condotte a tanto, non rinunciano ad individuare voci ed esigenze reali, realmente sacrificate e non soltanto verbalisticamente « mediate » o « conciliate » dalla parte vincitrice : ., . . . ., . . . ' e c10 avviene con tanto maggiore impegno, quanto p1u una r1v1nc1tae considerata nell'ordine del possibile. Nella classe dirigente post-liberazione, come in quella postunitaria, .la polemica contro i ·delusi ha appunto questo significato pragmatico: negare che vi siano problemi lasciati aperti dal periodo critico e rivoluzionario, e imbalsamare questo come eroica, oleografica e, al limite,· apolitica parentesi, da considerarsi d.efinitivamente chiusa con l'avvento della normalità, e col passaggio dalla poesia alla prosa. I • . . Bi.blioteca Gino Bianco
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