Passato e Presente - anno II - n. 7 - gen.-feb. 1959

' Claudio Pavone del 1935, fu scritto da Ruggero· Grieco 1 , che appare fra i dirigenti comunisti piu impegnati a dare una base culturale alle posizioni del partito. Grieco che, nel già ricordato scritto attorno al Patto d'accordo coi soci~listi del 1934, aveva con sincera enfasi scritto : « Diffondiamo fra le masse lavoratrici il pathos della patria socialista... Oggi la Unione dei Soviet e la Repubblica Soviettica cinese sono la nostra patria. Grande fatto per il proletariato del mondo intero, quello di avere finalmente una patria ... », si sforza di far quadrare questo atteggiamento con la rivendicazione del carattere nazionale del partito comunista italiano. Egli concede ai polemisti di GL che nell'Appello c'è del nuovo: ma non, come essi credono, un nuovo meramente tattico, bens1 l'organico sviluppo di quell'insegnamento di Gramsci che il partito non aveva ancora saputo mettere bene a frutto. Del resto, non aveva già Engels, nella sua lettera a Giovanni Bovio del 14 aprile 1872, osservato che « nel movimento della classe operaia... le vere idee nazionali, cioè corrispondenti ai fatti economici, industriali ed agricoli che reggono la rispettiva_nazione, sono sempre nello stesso tem_po le vere idee internazionali »? «. Noi possiamo dunque - concludeva Grieco - giustamente richiarriarci alla tradizione rivoluzionaria del Risorgimento nazionale, cioè alla tradizione delle lotte popolari per la libertà »: e questa continuità è in Italia piu intima che nei paesi capitalisticamente piu avanzati, proprio per il rachitismo delle soluzioni risorgimentali; né è possibile confondere questa posizione comunista con il filisteismo dei « socialisti nazionali » piccoli borghesi. . A questo motivo di rivalutazione della pur sconfitta democrazia risorgimentale si aggiunge, da parte,_ad esempio, di Emilio Sereni 2 , l'altro di d~fesa addirittura dello stato liberale e borghese in quanto tale: con il che da ·una parte si estendeva la tattica delle alleanze fino alle ali destre della borghesia, dall:altra si poteva riprendere il motivo del riconoscimento, marxisticai:nente indispensabile, di un qualche svilup,po borghese italiano. Ed è sintomatico che a questo tema si dimostrasse sensibile proprio chi, come Sereni, si dedicava allo studio del capitalismo nelle campagne italiane, cioè dei reali, se pur particolarmente contraddittori, effetti borghesi del Risorgimento, e non di quelli mancati. Perciò Sereni, rivendicando il valore del XX settembre come momento in cui la classe dirigente italiana compie finalmente un atto di significato europeo e mondiale, può affermare che, « nonostante tutta la sua incompletezza ed incoerenza », il Risorgimento rimane un fatto « obiettivamente rivoluzionario », avendo creato in Italia lo Stato moderno, borghese, s'intende, ma unitario, indipendente, laico, costituzionale, «autonomo» (nel senso dello Spaventa): quello Stato che il fascismo aveva 1 SO, IX (1935), pp.. 404-16. 2 E. SERENI, XX Settembre, SO, X (1936), . pp. 588-92. Biblioteca Gino Bianco •

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