Passato e Presente - anno II - n. 7 - gen.-feb. 1959

888 Claudio Pavone desiderio di sfruttare fino in f~ndo la nuova tattica (che si rivolgerà infatti sempre piu anche a gruppi e partiti per nulla proletari e « a tutti gli uomini semplici e di buona volontà>>), senza tuttavia rinunciare completamente all'antica, conservando intatto il nucleo comunista come unica élite dirigente ddll'intero gruppo di alleati 1 • Insomma: verso I '.esterno apertura, larghezza e duttilità, fino al piu spicciolo realismo; all'interno, ferma preservazione del carattere accentrato e burocratico del partito, che sembrava condizione indispensabile per affrontare senza rischi questa· ed eventualmente altre svolte, a prescindere dal loro contenuto~ Altro, naturalmente, dovrebbe essere il discorso sui risultati che, al di là delle iniziali intenzioni dei gruppi dirigenti, furono provocati dalla svolta nella composizione e nella natura dei partiti comunisti, quello italiano in particolare. La svolta, infatti, secondo il costume comunista, fu subito ideologizzata, e da espediente tattico e diplomatico, sia pur di vasta portata, suggerito da una situazione di emergenza, tese sempre piu a trasformarsi in piattaforma programmatica di quello che fu poi detto il « partito nuovo», ritenuto senz'altro tale da molti arrivati al comunismo durantte e subito dopo la Resistenza. La « doppia anima » del partito comunista italiano, e la equivoca formulazione della « via italiana al socialismo» hanno la loro origine in questo carattere ambiguo della svolta, che, non va dimenticato, si compf in concomitanza con i definitivi giri di vite della dittatura personale di Stalin. L'atteggiamento comunista verso il Risorgimento (e chiudiamo cosf la digressione, necessaria tuttavia per dare un senso a quanto ora diremo) risentf subito del mutamento avvenuto nella direzione politica e di quella che sopra abbiamo chiamato la sua ideologizzazione. Innanzi tutto non poteva venir mantenuto, nemmeno sul piano ideologico, il totale e sprezzante ostracismo contro quei gruppi antifascisti non comunisti ,di cui ormai si so,llecitava la collaborazione: non si poteva piu parlare, rivolgendosi al PSI, di « socialfastismo >> 2 ; non si poteva continuare a insultare i .democratici te unico, tende a rivendicare la continuità della politica comunista (pari tentativi facevano i socialisti: ma è evidente che sia l'uno che l'altro partito, nel realizzare l'unità di azione, operarono una svolta). Cfr., su tutta la discussione, G. ARFÈ, op. cit., pp. 109-120. 1 Scriveva Togliatti, in piena svolta, che « Ja sola garanzia reale della vittol"Ìa della classe operaia sulla borghesia, in tutti i momenti della lotta e particolarmente nei momenti supremi, è il fatto che esista un partito bolscevico e che questo partito non rinunci mai alla sua funzione di d1 irezione e· alla sua iniziativa rivoluzionaria» (ERCOLI, Problemi del fronte unico, SO, IX [1935], p. 510). . 2 Nella ricordata Dichiarazione del PSI annessa al patto del 1934, si diceva appunto che, con ,il patto, il PCI mostrava di aver ripudiato la teoria del « socialf ascismo ». Biblioteca Gino Bianco

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