Claudio Pavone della classe dirigente tradizionale. Ai partiti antifascisti non comunisti Salve-- \ mini attribuiva il compito di perpetuare e rinnovare la tradizione del Risorgiment9 (per i comunisti parlava di « fonti postrisorgimentali »); e nella Resistenza egli vide attuarsi il sogno che Mazzini aveva aveva invano coltivato dal 1833, quando tratteggiava il quadro Della guerra d'insurrezione conveniente all'Italia: la guerra per .bande. Proprio facendo riferimento agli esempi classici dei moti sanfedisti di fine '700 e della Spagna contro Napoleone, Salvemini scriveva che ciò che aveva reso finalmente possibile nel 1943-45, ' in Italia, una guerra per bande non al servizio della reazione, era stato l'appoggio dei contadini. ·«La partecipazione dei contadini italiani alla lotta partigiana è il fatto piu importante nella storia italiana del secolo in cui .. viviamo »; cosicché, aggiungeva, « possiamo dire oramai che una nazione italiana esiste non solo nelle aspirazioni di una minoranza intellettuale )> : che era il riconoscimento, fin troppo generoso, di una « inserzione delle masse nello Stato» ben diversa da quella del Volpe! Salvemini giungeva fino a rovesciare la frase di Fortunato sopra ricordata, asserendo che non il fascismo, ma « il movimento partigiano... ha rivelato il popolo italiano a se stesso » e agli altri popoli. Di fronte alla nostalgia verso un mondo che muore che, come abbiamo visto, si impadroniva di Croce allo sbocciare della Resistenza, Salvemini ricordava la seconda metà del 1944 e i primi mesi del 1945 come un « tempo di esaltazione crescente», come un rinnovarsi, per diciotto mesi e non in una sola città, delle cinque giornate di Milano 1 • Dell'atteggiamento di Piero Gobetti di fronte al rapporto Risorgimentofascismo vogliamo qui mettere in rilievo due aspetti. Il primo è che il risalire indiero nei decenni era per Gobetti uno strumento della critica che egli intendeva fare a quella classe dirigente che vedeva spappolarsi sotto i propri occhi. Offrire « Ja teoria di una classe dirigente », sbarazzando il terreno dalla incancrenita tradizione politica italiana, è il compito che apertamente egli confessa nella Nota conclusiva della Rivoluzione libèrale. E altrove, per spiegare il significato che attribuisce al « fallimento della nostra rivoluzione », · ricorda « l'incapacità del popolo a esprimere dal suo seno una classe di gqverno » 2 • L'interpretazione «ideologica» che Gobetti. dà del Risorgimento trova la sua origine in questo accanito desiderio di .non vedere nella crisi della classe politica qualcosa di occasionale, e nel rifiuto di cambi~e in positivi i segni negativi di cui vedeva· costellata la storia d'Italia contemporanea. « Accettando la realtà fatta, quale è data dal l~isorgimento », scrive, « noi dobbiamo soddisfare un'esigenza che il Risorgimento non ha appagata e perciò non possiamo esaltare e porre come aspi1 G. SALVEMINI, Partigiani e fuorusciti, in « I'l Mondo», 6 dic. 1952, pp. 3-4; e La guerra per bande, in Aspetti della Resistenza in Piemonte, a cura dell'Istituto storico per. la Resistenza in Piemonte, Torino 1950, pp. XIII-XVI. 2 Risorgimento senza eroi, Torino 1926, p. 130. BiblioteéaGi.noBianco
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