- Le idee della Resistenza 861 economica e sociale del paese non era corrisposta una elevazione politica ... l'Italia dava l'immaginazione di un paese migliore del suo governo e meritevole di miglior governo»: cosf scrive Volpe a proposito dell'età giolittiana, sulla quale il suo giudizio è, e ci pare sintomatico, sostanzialmente oscillante. ·Incerto è, del resto, anche il suo concetto di borghesia, la quale deve essere ii:1sieme e la classe economicà in sviluppo e quella politica in declino e, infine, la creatrice, cos1 nel Risorgimento come nel fascismo, di valori spi- .rituali e nazionali che la trascendono 1 • Che il deus ex · machina risolutore di tutte le contraddizioni sia il nazionalismo e poi il fascismo, appare cosf una conseguenza indispensabile della f~lsa dialettica del Volpe, per la quale un movimento che· si poneva proprio come elemento di rottura del processo, democratico e socialista, di immissione dei ceti popolari nella vita politica del paese, assumeva la pretesa di esserne invece il sanzionatore 2 • Ma, ancora una volta, la pertinace volontà del Valpe di trovare le basi del fascismo nella recente storia della società italiana lo spingeva a vedere con penetrazione maggiore di certo antifascismo moralistico i legami di quello sia con alcune remote eredità risorgimentali, sia con il nazionalismo e l'imperialismo caratteristici, in tutto il mondo, del nuovo secolo, sia infine con lo sviluppo delle forze industriàli italiane, che proprio nell'età giolittiana avevano avuto un notevole slancio. · Il taglio netto che si era rifiutato di compiere fra Risorgimento e fascismo, il Volpe lo vorrebbe oggi fare fra Risorgimento e Resistenza. In un recènte opuscolo 3 , nel quale mostra di aver saputo essere piu libero di fronte al fascismo trionfante che dinnanzi al proprio risentimento di fascista (e di monarchico) sconfitto, egli scrive che la mania ep·uratrice post '45 non risparmiò neanche il Risorgimento. Qualche « fascista piu fascista di Mussolini», o qualche nazionalista dottrinario come Rocco, aveva, è vero, già manifestato « qualc~e cenno di fastidio » verso quella età, considerata troppo liberale: « ma ora si andò piu in là», perché « quella età non era nelle grazie dei ·due piu forti partiti formatisi o ricostituitisi dopo il 1943 o il 1945: il comunista,. che la vedeva troppo "borghese", poco "sociale"; e il democristiano che la vedeva massonica, irrispettosa dei diritti della Chiesa, usurpatrice di Roma al legittimo sovrano » 4 • . È un giudizio, questo sulla fine, negli ultimi anni, del Risorgimento (o meglio, dello ·« spirito risorgimentale >>), che vedremo neUa sostanza condiviso da altri epigoni della vecchia classe dirigente post-risorgimentale, · pur lontani dal Volpe, come, ad _esempio, il Croce e lo Jemolo. 1 Cfr. L'Italia in cammino, cit., p. 18; Storia del mov. fascista, cit., p. 46. 2 Cfr., su questo pu_nto, la recensione di R. Romeo a Italia moderna (in « Rivista storica italiana», LXIII (1951), pp. 120-28). 3 Dieci anni, ediz. « Monarchia », Roma 1956. 4 Op. cit., pp. 5-6. Bi iciteca Gino Bianco
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