Passato e Presente - anno II - n. 7 - gen.-feb. 1959

860 Claudio Pavone · cesso di allargamento delle b·asi sociali dello Stato, perché sapeva cogliere l'elemento di urto contro la· classe al potere che quella inserzione comportava. Tutto si rièuceva tuttavia, per il Volpe, nel vedere lo Stato come qualcosa esistente di per sé e costruita una volta per tutte, una botte bella e· pronta entro la quale versare il vino popolare. Questa entifìcazione dello Stato, ultima deiezione della tradizionale dottrina dello « Stato etico » e dello « Stato di diritto >>, e punto, pertanto, sul qu·ale il Volpe si ritrovava accanto il Gentile, faceva dimenticare al Volpe che le masse, nello Stato, ci sono sempre state come oggetto, non fosse altro, degli obblighi fiscali e militari, e che pertanto il problema dello Stato non può correttamente porsi, per il « popolo », che come problema di partecipazione al potere; e parlare di « masse nello Stato» senza aver fede nella. democrazia significa fare soltapto del paternalismo o della demagogia. Ma per il Volpe lo Stato è, nazionalisticamente, soprattutto una macchina da politica estera 1 , e partecipazione del popolo allo Stato significa solo possibilità di meglio utilizzare le masse popolari a fini di potenza. ·Resta tuttavia a questa tesi del Volpe il merito di aver richiamato l'at- . tenzione sul carattere di massa assunto dal fascismo, il quale, primo esempio nella storia del regno d'Italia, aveva mostrato un gruppo dirigente incapace d.i reggersi senza fare, sia pur demagogicamente, appello alle masse. Era un carattere che avrebbe richiamato l'attenzione anche dei piu acuti antifascisti; e Carlo Rosselli, sensibilissimo com'er8: al «nuovo» del ~ascismo, avrebbe visto un elemento essenziale di tale novità proprio nel regime di massa da cui, con dialettica alquanto moralistica, si riprometteva sarebbe scaturita finalmente una grande lezione di libertà per tutti gli -italiani. Un'altra grossa difficoltà, anch'essa tuttàvia adombrante un problema reale, era insita nella posizione del Volpe: il suo ottimismo sullo sviluppo dell'Italia in cammino come si conciliava con la irrisione fascista all'ltalietta, come salvava quel carattere di rottura con un indegno passato cui il fascismo, per le stie velleità rivoluzionarie, non poteva rinunciare e che, in alcuni suoi piu intransigenti apologeti, tendeva, come abbiamo visto accennando alla reazione del Gentile, a travolgere il Risorgimento stesso? Il Volpe cercò di trarsi d'impaccio un po' usando e abusando del suo metodo a partita doppia çhene, sì certo ... ma non solo bene ... ; male, indubbiamente, ma anche bene ...), e poi distinguendo adialetticamente il piano delle forze economiche e sociali in sviluppo (un capitolo, il piu celebrato, dell'Italia in cammino si intitola Gli italiani· al lavoro) e il piano della classe politica dopo .l'ascesa della sinistra al potere, che viene fustigata come rinunciataria, senza ideali, ecc. con l'unica eccezione di Crispi. « Alla elevazione ~ 1 Caratterist,iche le parole con cui commenta il « piatto realismo di tanta parte dei ceti dirigenti che non volev~no Trento e Trieste, non volevano colonie, insomma non si sa bene· che cosa volessero... » (op. cit., p. 44). Biblioteca Gino Bianco

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