Passato e Presente - anno II - n. 7 - gen.-feb. 1959

François Bénoit del fascismo come male straniero, al quale si può opporre la Francia di Robespierre, del 1830, del 1848, e - guarda un po~- di Verdun: Robespierre contro Hitler, i volontari dell'anno 2 contro la Marcia su Roma: tutte queste cose si trC?vano al fondo del Fronte popolare. Ma chi non ha sentito dire nel maggiq 1958 che il fascismo sarebbe impossibile in Francia? Quando, dopo la guerra, obiettivo principale dei comunisti fu la ripresa dell'unità d'azione con i socialisti sullo slancio della Lib~razione, il nazionalismo di sinistra si era ripresentato fieramente, sopravvivendo a se stesso. Lo aiutò una particolare circostanza, vale a dire l'accusa di mancato patriott~smo che al Partito comunista facevano i suoi nemici in seguito al patto germano-sovietico, pretesto della sua messa fuori legge nel '39. Illegale. fino alla fine della guerra, questo partito non aveva p<>tuto dare ai suoi stessi sostenitori e ai militanti una spiegazione di quell'episodio. Ma la Resistenza e la Liberazione, inseme alla presenza nel governo provvisorio. di De Gaulle nell'esilio, ad Algeri ed in Francia, parvero riscattare il suo- peccato. I comunisti avevano ormai fornito abbastanza prove del loro patriottismo perché non si potesse piu far loro rimprovero di quella vecchia storia. I primi mesi dopo la Liberazione furono euforici e tricolori, la fraseologia nazionalista trionfava. Vediamo ciò che significasse il generale De Gaulle durante la guerra. La disfatta del 1940 veniva da lui attribuita semplicemente a uno sconvolgimento venuto dalla Germania. Non si vide che se vi era stato tradimento si trattava, in certo senso, di « tradim~nto nazionale ». La partecipazione alla Resistenza di un importante settore della ~estra (quello che non aveva accettato il tradimento come mezzo per il potere) non incoraggiò un'analisi piu precisa. Si cercava di non vedere, in quel momento, che la Francia aveva effettivamente e roo.lmente perso la guerra e di conseguenza non era piu una « grande potenza». E soprattutto, essendo la Francia divisa dalle proprie colonie ,a causa della guerra e dell'occupazione, non si prese coscienza dei profondi cambiamenti che vi portavano gli eventi bellici. Tra questi la fine del mito della grande Francia, e la stessa divisione di traditori (a Vichy) e patrioti (a Londra). In, questo senso si deve dire che la presenza di De Gaulle a L~ndra favor-1 tutte le illusioni nazionalistiche. L'appello del 18 giugno alla continuazione della lotta permise di credere a lungo che la Francia non· avesse perso la guerra, che la disfatta fosse solo un accidente: la Francia immortale non era toccata dall'invasione, e niente era cambiato. Solo il peso della Resistenza all'interno del paese indusse poi De Gaulle a formulare un: programma di rinnovamento. Ma intanto l'unità intorno a lui gli permise di coltivare dopo la guerra il mito di una Francia monolitica, nella quale i partiti, dividendo la nazione, erano apportatori di disordine. Si ricordi che De Gaulle dopo il '47 chiama i comunisti coll'epiteto di « separatisti•>>.Insomma p~r virtu di De Gaulle si poteva essere nazionalisti come Biblioteca Gino Bianc0

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