Passato e Presente - anno I - n. 6 - nov.-dic. 1958

Recessione e M.E.C 759 ora i produttori locali cominciano a chiedere protezioni. Le capacità competiti ve del settore erano note. Lasciando queste rapide e forse non molto significative esemplificazioni, in generale si può dire che le grandi industrie dovrebbero sapere già che cosa debbono fare. Ad es., la FIAT si è orientata - a quanto pare e come era logico - verso una distribuzione di compiti tra le industrie automobilistiche del M.E.C., fondata sulla specializzazione per tipi. Nel settore chimico, per es. ancora, si sono registrati accordi tra E.N.I. e Montecatini tramite la Federconsorzi (per il modo, ecco un caso di azione negativa dell'azienda di Stato). Accordi ancora si registrano tra E.N.I. ed industrie tedesche. Quelle che restano piuttosto sprovviste sono le piccole e medie industrie c~e sono tradizionalmente sacrificate nel nostro paese. Sicché gli stessi industriali mancano di fiducia: spesso investono altrimenti le loro disponibilità e lavorano c~l credito. Ciò contribuisce ad aumentare il loro disagio e la loro dipendenza dal gruppo dirigente oligopolista che finisce col disporre delle loro stesse disponibilità. Recenti indagini hanno rivelato casistiche interessanti ed· impensabili. Tuttavia non bisogna nascondersi le incapacità degli stessi piccoli industriali. Nell'inverno scorso l' « Avanti! » propose una finanziaria che per le sue dimensioni e le conseguenti garanzie attirasse le disponibilità dei piccoli industriali e ripartisse i rischi tra di loro con un sistema di partecipazioni. Le poche reazioni raccolte furono negative, si parlava di « proposte bolsceviche». Il caso vuole che in Inghilterra vi siano istituti simili a quello proposto. Non si tratta di conservare la piccola e media industria tout court, ma di conservarne la quota che si giustifica economicamente adeguandola per trasformazione. Fermo restando il principio della concentrazione quando è il caso; si tratta di salvare il tessuto connettivo economicamente giustificato della piccola e media industria. E' sempre quistione di misura. D'altra parte, ancora, non bisogna nascondersi certi casi di negativo frazionamentu diseconomico in attività artigiane. Ad esempio, la provincia di Milano conta tremila étddetti al settore del legno divisi in 7500 aziende. È dubbio che un tale frazionamento sia economico e garantisca possibilità concorrenziali, e recenti concorsi internazionali ci hanno posto sull'avviso. E' vero che non sempre le giuste esigenze sono sentite in pieno, come è vero che l'azione del gruppo dirigente non affronta consapevolmente problemi come questi e che le condizioni in cui si opera sono ostili. Pare ragionevole puntare sullo sviluppo della cooperazione agevolato da particolari condizioni di credito. Si tratta di salvare le risorse artistiche del nostro artigianato ed insieme le esigenze di economicità, viceversa si rischia di creare un vuoto in cui possono infiltrarsi nuove forme produttive che potrebbero far perdere, sotto un ·certo aspetto, dati positivi attuali. BibliotecaGino Bianco

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