.. Antonio Giolitti ma della proprietà privata dei· mezzi di produzione non è piu quella che conosceva Marx. L'azionista non è il «capitalista>> e questo non è piu l'imprenditore; il gruppo azionista di maggioranza o di controllo ha poteri proprietari assai pi{1vasti di quelli inerenti al capitale di su~ diretta proprietà, ma non può esercitarli nella forma imprenditoriale se non delegandoli ai managers; questi li esercitano in funzione di finalità aziendali che non possono non trascendere quelle del puro profitto capitalistico privato. Ne deriva uno sconvolgimento di tutte le dimens.ioni e_di tutti i limiti tradizionali : le dimensioni di produzione e di mercato dell'azienda sono quelle del monopolio e dell'oligopolio; mutano qualitativamente i problemi e i metodi di organizzazione del lavoro e del mercato di consumo; ai limiti che erano posti dalla concorrenza si sostituiscono quelli - su scala e di portata ben diverse - che vengono contrattati con le altre grandi potenze industriali, con i sindacati e con lo Stato. Rispetto a questo quadro (che può esser giudicato troppo sommario ma non fantastico) risulta inadeguata e semplicistica la formula del rotranti osservazioni sulle trasformazioni subite di fatto dal diritto di proprietà privata nella società anonima si accompagnano troppo rapide conclusioni sulla disgregazione della proprietà e il superamento del capitalismo. Se è vero e ben detto, ad esempio, che « giorno per giorno l'impresa, il sindacato e lo Stato vadano formando ed intrecciando in concreto, fuori degli ordini politici tradizionali del1' epoca liberale ed in contraddizione con essi, nuovi rapporti fra l'economia, la politica ed il diritto » (p. 21) e che « una nuova e giustapposta "divisione dei poteri " economici fra l'impresa, il sindacato e lo Stato è divenuto l'obiettivo strutturale fondamentale di ogni politica di democrazia reale » (p. 23), ci sembra affrettato e confuso concludere che « lo svuotamento metodico del potere economico del proprietario del capitale è perciò divenuta la effettiva condizione di fondo per fuorus~ire progressivamente dal capitalismo, ed, in particolare, per costruire uno Stato di nuovo tipo>> (p. 22): conclusione contraddittoria, perché è proprio lo spostamento del potere dalla proprietà al controllo dei mezzi dii produzione che ha spostato l'oggetto della lotta per « fuoruscire dal capitalismo )) dal titolo di proprietà all'attribuzione e all'esercizio del potere. D'altra parte. lo ste~so Autore riconosce (p. 30) che « gli imprenditori >) esercitano essi i poteri che derivano dal « fascio dei diritti proprietari >); è perciò troppo sbrigativo parlare sic et simpliciter di « imprenditori non piu proprietari », quando esistono ancora fortissimi legami tra proprietà e controllo, come è stato per es. dimostrato in Inghilterra nella polemica della sinistra laburista contro quelle tesi del Labour Party nelle quali il Craveri a torto vede un nuovo verbo del socialismo (cfr. pp. 52-53). Validissima e feconda di sviluppi ci sembra invece un'altra conclusione alla quale giunge il C., e cioè che « lo statalismo... non abolisce il monopolio, ma semplicemente lo pubblicizza, in quanto è la proprietà privata capovolta in pubblica, senza però che nel rovesciamento venga alterato o mutilato il primitivo contenuto di potestà assolute ed esclusive » (p. 33). Di grande importanza è ancpe la funzionalità ~conom_icarivendicata all'impresa (cfr. spec. pp.3g, 42 e tutto Jl cap. su « Il massimo d'rmpresa »). Biblioteca Gino Bianco .
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