Passato e Presente - anno I - n. 6 - nov.-dic. 1958

Liliana r·aenza di pettegolezzi e anche di ingiurie, ma essa non si estende al di là di una pover,a trama sulla quale vengono intessute ipotesi e previsioni a volte cervellotiche e assurde per la loro madornale cecità. Ciò che di valido, tuttavia, sta al fondo di tali manifestazioni settarie del pensiero, che sono da accogliere come documento di una mentalità irresponsabile non per sua colpa, è la paura profondamente sentita dai semplici, di cadere vittime di una congiura padronale che mira alla divisione di chi sta sotto, per dominare come prima e riportare il fascismo, quello stesso delle camicie nere al potere. << Hanno paura che Nenni si stacchi dal con1unismo, - dice un mezzadro comunista, - perché quando ci siamo divisi allora non abbiamo piu forza )). L'idea che l'unità cosI come si è venuta realizzando tra i due partiti nel dopoguerra sia piu controproducente dell'autonomia politica (concepita dai semplici come divisione pura e semplice del fronte di chi lavora) non li sfiora neppure, anzi rimane al di fuori della loro comp·rensione, perché troppo complicata. Classe e partito per chi sta in basso sono la stessa cosa, e che l'unità di classe cosf semplice da capire, possa essere garantita meglio con l'autonomia dei partiti, cioè con la loro « divisione)), tutto ciò suona come un'astuzia diabolica, o come una gherminella o un imbroglio che possono trovare credito soltanto tra i sostenitori dell'agr.ario. La paura cominciò a sorgere in parrocchia dopo le trattative di unificazione con i socialdemocr.atici. « Sull'unificazione la base diceva malissimo, - ricorda un dirigente: - " Unificazione? coi ~aragattiani? sei matto? con quei traditori? gu.ai al mondo!" Invece tra noi si pensava che poteva essere anche una cosa buona si cercava di capire se era utile o no )). Ma il dirigente è uno di quei pochi i quali fanno il partito « reale )) a San Lorenzo a Monte, e si rende conto della differenza di livello culturale esistente fra quei pochi e la massa dei seguaci. « Sui fatti come l'art. 7, Tito, Beria, Molotof, l'Ungheria, la base accetta sempre tutto. Va sempre bene per lei. Se han fatto cosI è segno che· andava fatto cosL Gli attivisti invece riflettono un po', leggono qualche volta, qui arTiivano anche quattro « corrispondenze socialiste )>a quattro di noi che erano abbonati a « !_lealtà Sovietica )) e noi leggiamo un po' qua e un po' là, perché non vogliamo rimanere chiusi, vogliamo imparare anche da altre parti>). La diversa reazione ai due fatti cruciali del comunismo internazionale del dopoguerra - rapporto K. e insurrezione ungherese - dà la misura limite del dislivello politico esistente tra nucleo attivo e massa diretta, su cui abbiamo insis~ito sin gui. « Anche quella volta, - dice un dirigente, - per la discussione del XX si credeva che venissero tutti, invece solo un 10 % in piu. Lo sbandamento c'è stato tra gli attivisti, otto o dieci in tutto. La base, che è rimasta a casa, l'ha pr,esa con piu calma >).Dalla base infatti viene la testimonianza genuina di un atteggiamento fideistico che appartiene al costume perché fa uno con la « personalità )) dei contadini, cattolicamente formata. Assenti dalla chiesa essi tuttavia ne accettano le direttive e le svolte senza gravi turbamenti dello BibliotecaGino Bianco

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