Passato e Presente - anno I - n. 6 - nov.-dic. 1958

Segnalazioni gere il paese su questa strada. Lo scontento serpeggiante tra le masse spinge Ràkosi ad accettare l'esperimento Nagy come momentaneo espediente tattico. Le implicazioni politiche di questo programma dovevano invece rendere diffidenti non solo Ràkosi e soci, ma anche i sovietici. Bisognava smantellare le bardature poliziesche, riabilitare i condannati dei processi terroristici, riaffermare la piena uguaglianza ed indi pendenza dei paesi socialisti l'uno verso l'altro. E' questa la parte piu audace del pensiero di Nagy, che direttamente ricollega l'uomo leale e rispettoso verso il Partito al ribelle delle giornate d'ottobre-novembre 1956. Della sua posizione di segretario del Partito Ràkosi si valse per ostacolare continuamente l'opera di N agy: si assistette cosi ad una vera diarchia. I sovietici diedero, a parole, man forte a Nagy, ma si preoccuparono sempre di non eclissare completamente Ràkosi. Nagy ha l'ingenuità di credere che i sovietici fossero compatti dietro di lui, mentre se ne- servivano per rimediare ai disastri più clamorosi e temporeggiare, tenendo il piede in due staffe. Secondo Kruscev, l'autorità di Ràkosi non doveva in nessun caso essere scossa :. da despota doveva passare al rango di leale membro della direzione collegiale, allora in auge anche in U.R.S.S. Con la caduta di Malenkov si ha la riscossa di Ràkosi e il ritorno al comunismo di guerra: Nagy avverte i sintomi della tempesta che si va addensando. Il socialismo deve procurare un mi- ·glioramento del tenore di vita delle masse fin dalla sua fase preparatoria, altrimenti nulla piu differenzia l' accumulazione primitiva capitalistica da quella socialista. E Rakòsi infatti teorizza la necessità di un esercito industriale di riserva, da concentrare provocando eventualmente una dis0ccupazione artificiale, per stimolar_e lo sviluppo dell'inBiblioteca Gino Bianco dustria. Quando, di fronte all'aperta rivolta, i sovietici decideranno di ricorrere di nuovo a Nagy sarà ormai troppo tardi. TIBOR MENDE, Entre la peur et l' espoir, Réfiexions sur l' histoire d' aujourd' hui, Edition du Seuil, Paris 1958. s. P· Per l'uomo medio occidentale il conflitto Est-Ovest occupa tutta la scena mondiale; egli non dedica molta atten- . . . . z1one a quanto avviene o s1 prepara nei paesi posti al di sotto del 30° parallelo Nord : essi esercitano ai suoi occhi solo una funzione 1narginale di disturbo. T. Mende, sulla base di una vastissima conoscenza dei problemi dei popoli di recente giunti all'indipendenza o in via di conquistarla, non la pensa cosL Piu di una metà dell'umanità versa in condizioni di estrema arretratezza, retaggio dei secoli passati e dello sfruttatnento _coloniale : per essa vale la legge di Malthus. Le cifre parlano chiaro: l'aumento della produzione di generi alimentari e lo sviluppo dell'industria nella maggior parte dei paesi sottosvi1 uppati, o non esistono o non reggono il passo con l'accrescimento della popolazione. Queste sterminate moltitudini umane sono oggi in fermento e cercano la strada miglio~e per uscire dal loro stato d'inferiorità. Il conflitto delle classi, composto su scala nazionale, rischia di . . . trovare quasi una traspos1z1one su scala internazionale tra nazioni ricche e nazioni miserabili. Il concentramento della ricchezza e della miseria ai due poli delle società nazionali, previsto da Marx nel secolo scorso, non si è verificato, grazie alla pressione della classe operaia e all'intelligenza delle classi dominanti che hanno saputo fare per tempo i necessari sacrifici; esso è una evidente realtà nella odierna società mondiale. Utilizzando le statistiche del-

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