Armanda Guiducci modo piu pomposo, incontrandosi con la questione lukacsiana dell'eredità, le conseguenze piu immobilistiche della politica culturale del P. C. basata sul nazional-popolare come sanatoria di tutti i rnali. Ma una cultura che prende coscienza critica di propri limiti provinciali è una cultura che deve fare, se è ancora vitale, un passo avanti sulla propria tradizione. Nella « provincialità >>essa riconosce una « chiusura >>,una «inerzia>>: un attributo del proprio passato, si, ma non perciò una qualifica positiva anche del proprio futuro. È viva, anzi, e sara viva nella misura in cui si saprà praticamente liberare dall'imitazione, dalla ripetizione, e dalla giustificazione dei limiti che ha riconosciuti. I termini gramsciani della concezione del « nazionale >>sono piu ambiziosi di quelli di Cases, si pongono al livello dell'internazionalità, e sono, in questo senso, decisamente poco indulgenti ad affetti provinciali. Si giudichi Gramsci su Gramsci: « Si può dunque dire che un carattere è nazionale quando è contemporaneo a un livello mondiale (europeo) determinato di cultura>> (P. e P., p. 8-9). Mai Gramsci avrebbe consentito alla consacrazione lapalissiana dei limiti provinciali, perché nazionali. Inoltre, in Gramsci il concetto di nazional-popolare nasceva dalla diagnosi di una mancanza storica. Se in altro modo ~i riproponeva, non era nel senso di un rimedio terapeutico, di una programmatica culturale salutare, ma di una speranza: che il risultato storico di una rivoluzione socialista avrebbe potuto giocare finalmente in Italia anche in senso unitario nazionale. Una volta stabilita « la superiorità del crocianesimo >>in quanto espressione culturale dei nostri radicatissimi limiti umanistici tradizionali, Cases non poteva che riaccentuare Gramsci in senso crociano, rimanendo perciò a mezza strada nella critica abbozzata alle limitazioni dell'interpretazione crociano-marxista di Gramsci. Quel che porta a fondo, con premura, è l'attacco contro di me (e ~ltri sottintesi) per aver cercato di ristabilire l'epicentro· della perso_nalità di Gramsci nel suo interesse preminente di organizzatore culturale. Gli risponderò che questa interpretazione è comprensivamente capace di spiegare come si determini in Gra1nsci il momento teorico, ponendosi _per un particolare movente e tendendo a una direzion.e di incidenza pratica. Può spiegare Gramsci in una profonda unità di teoria e prassi cercata e realizzata a un livello intellettuale altissimo, non solo messa a verbale. Le interpretazioni fra cui Cases oscilla, quella di Gramsci sub specie Lenin e di Gramsci sub specie Croce, sono eteronome e univoche. Perché, pur prendendosela con me, Cases si è fatto sfuggire « un'ottima occasione>> per impostare il problema almeno per quanto riguarda l'arte, perché si è limitato solo a « vaghissimi accenni >> ? (p. 39). Sostenere che Gramsci sia stato preminentemente un organizzatore di cultura non è affatto fare di Gramsci un neo-positivista. Che idea larga e positiva del neo-positivismo ha Cases ! Né è affatto concludere che egli si sia Biblioteca Gino Bianco ·
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