Passato e Presente - anno I - n. 6 - nov.-dic. 1958

Praxis ed empirismo 797 rispecchiamento, hann~ dunque come sempre ;un valore non soltanto teorico, ma pratico-politico >>.Zdanovista anche Cases? Tutto il mio scritto si rivolgeva criticamente a questo criterio del come sempre. Dimostrava quanto Lukacs abbia spinto per l'appunto in primo piano il materialismo dialettico, anzichè quello storico; abbia approfondito il rispecchiamento. Diverso è invece il giudizio ideologico e politico sulle controspinte del sistema: positive in senso politico (per me; e per Ca~es) in quanto sollecitanti in senso antizdanovista. N,el senso ideologico, positive per Cases, non altrettanto per me: controspinte che reggono e mantengono la volta della cultura staliniana. Il vero punto della questione è qui. Siccome passione genera passione, secondo il noto meccanismo, il lukacsianesimo rinfocola il crocianesimo di Cases, la sua difesa della supremazia, in Italia, delle « scienze dello spirito >>(l'arte, la filosofia, la storia) su « le scienze della natura >>(la sola distinzione è illuminante!) Eccola dunque verificata la mia affermazione che in Italia il lukacsianesimo aveva ottime possibilità di incontro con il crocianesimo. In questa confluenza io vedevo un ulteriore motivo di resistenza dei limiti del nostro umanesimo tradizionale, che sono appunto la tenace repugnanza e l'ostilità a co.mprendere nell' «umano>> anche ciò che non è strettamente arte, filosofia, storia. Ho esagerato il pericolo, Cases mi risponde, in Italia di lukacsiani c'è solo lui. Ho sbagliato un giudizio di quantità? Può darsi, non però di qualità. Sono contenta che proprio Cases me ne abbia offerto la prova. Vediamo quali consegu_çnze, pochissimo gramsciane, comporti per Cases impostare il problema del passato culturale italiano nei termini lukacsiani della questione dell'eredità. (J.Ja questione, cioè, di rivalutare e di portare avanti dentro la coscienza storica della cultura marxista quanto nella tradizione borghese di una nazione abbia giocato in senso progressivo. Tutto sta, evidentemente, nell'intendere che cosa si richieda al « progressivo »). Ora, il crocianesimo ha fruttato molte buone conversioni al marxismo, osserva Cases, ergo... Ergo, concludo io, ci sono molti limiti del crocianesimo ancora presenti nella mentalità marxista. Ma quei limiti sono buoni, ribatte Cases, teniamoceli e stiamone contenti, sono i limiti stessi inveterati e difficilmente sostituibili della nostra tradizione umanistica. (In poche parole: la loro resistenza inerziale è· scambiata per una « solidità >>positiva). Il resto· è moda, e non fa presa. Ed ecco l'affermazione esplicita e generale « che per essere nazionale una cultura non può non tener conto >>(positivo, s'intende) « dei suoi limiti provinciali >> (p. 8). Affermazione assolutamente inaccettabile. Siamo dunque arrivati, presto e diritti, dal nazional-popalare al nazional-provinciale? Cases raccoglie nel Bi_blioteca Gino Bianco

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