794 Arm.anda Guiducci finire » (p. 27). Contraddizione paradossale. Se io ho preso troppo sul serio filosofi come Preti e Della Volpe, Cases non liquida le mie colpe liquidando nel ridicolo Giulio Preti come il Barone Rampante della filosofia italiana, o Della Volpe come il cacciatore la cui doppietta ha sparato da una canna sola, o come un « Gesu Bambino >> adorabile « soltanto in base a qualche vagito >>. Giungendo a tali eccessi, Cases liquida se stesso, e mette in gioco la sua . ' . . ser1eta cr1t1ca. Ma Cases si giustifica: io non sono un filosofo, dice (il suo scritto lo dimostra del resto benissimo), sono un « satirico )). Il suo lungo discorso nasce dunque dalla presunzione che discutere sia, in questo caso, perfettamente inutile; che gli argomenti degli avversari siano assolutamente e soltanto degni del genere satirico. A parte il fatto che ci sono s,empre novanta pagine scritte per dimostrare con quanta invidiabile sicurezza egli abbia scambiato per ironia l'irrisione; per un prccedimento critico il sistema di involgarire, di render quasi pagliacaesco l'avversario .eer poterlo sopraffar,e piu allegramente a morsi di parole - a parte questo, Cases ha fondarr1entalmente mal scelto, scegliendo il genere satirico in un caso in cui era in discussione l'estetica marxista. È venuto cos1 meno, e proprio come uomo di cultura, a quel principio morale che tanto bene sa predicare di « n1antenere >> (parole sue, p. 15) « quell'atteggiamento di intelligenza critica del pensiero altrui senza il quale non può esserci pensiero . marxista >>. Per di piu, siccome per riuscire alla satira filosofica occorre proprio la dote che Cases qui spregia, cioè una profonda serietà nella spregiudicatezza (unita a una reale competenza filosofica), egli ha finito soltanto per fare della ambigua letteratura. Ci vuol altro, per far rivivere genialmente alla satira un poco almeno dell'eredità illuministica, in un'epoca come la nostra nella quale si tenta, al massimo, di conciliare la critica con l'ortodossia. L'angusta virtu della « critica di regin1e >> non basta proprio. Occorrono ·una tale capacità di rischiare idee, una dose cosi generosa di spregiudicatezza critica, che non c'è niente di sostanzialmente meno spregiudicato quanto il ritorcere gli argomenti piu indietro dèl punto cui l'avversario aveva cominciato a porli in critica, per impedire o negare la critica. Orà in Cases trova voce appunto la preoccupazione della rispettabilit? dei limiti stessi della cultura marxista (egli tratta da ragazzini, da avventati, chi non accetta questo atteggiamento temporeggiatore), di modo che la sostanza delle sue contro-argomentazioni - quando ci sono - è, filosoficamente, puramente assertiva, ripetitiva. La « satira >> nasce allora soltanto dal fastidio, dall'irritazione (non certo dall'audacia travolgente del pensiero). Il semplice tentativo altrui di rifiutarsi di patire· i limiti della provincia, del crocianesimo e anche del materialismo dialettico, di non accettare di amarli, di radicalizzare la richiesta di una cultura veramente democratica, di tentar di vedere in quale direzione BibliotecaGino Bianco
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