Emilio Agazzi abbiano letto anche i miei pochi scritti, che non sono e non sono mai stato un neopositivista; e che anzi, da almeno una diecina di anni a questa parte, ho sempre voluto essere, e creduto di essere, un marxista. Se qu.indi il Cases ritiene che io, e gli altri « metodologi >>contro i quali egli se la prende con tanta passione in nome della « concezione del mondo >>e del materialismo dialettico (sia pure nella sua versione lukacsiana) sian10 altr,ettanti neopositivisti, o press'a poco, ciò mi sembra indicare, con ogni probabilità, una sola cosa : che la conoscenza della letteratura neopositivistica non è il forte del Cases. Per non prestare un facile bersaglio al satirico e alla sua accusa di volermi dare delle arie, gli confesserò sinceramente che la mia conoscenza delle opere di Lukacs non è di natura specialistica. Proprio per questo i miei discorsi che tanto gli hanno dato noia non hanno mai preso come oggetto di indagine l'hegeliano-marxismo di Lukac~, bensf il materialismo dialettico « ufficiale >>.Ma Cases trincia giudizi sul neopositivisn10 e il pragmatismo, che probabilmente egli non conosce meglio di quanto io non conosca Lukacs. Su Lukacs e su Hegel il discorso da farsi sarebbe certo assai lungo: qui voglio soltanto precisare che non solo non ho certo mai considerato Hegel un « parruccone >>, e tanto n1eno un « cane morto >>; ma che anzi ho sempre apprezzato in lui (e come sarebbe possibile il contrario?) il vigoroso senso della storicità obbiettiva del mondo umano, e, certo, anche l'istanza metodologica; senza invece lasciarmi mai entusiasmare dalla « aspirazione alla totalità oggettiva>>. Ma non ci aveva posto in guardia proprio Engels, contro il « sistema >>hegeliano, contrapponendo ad esso il « metodo ))? Per me, si tratta per l'appunto di utilizzare questa distinzione, aggiornandone il significato. 2) Il Cases si serve abbondantemente del solito vecchio disonesto trucco di citare frasi isolate dal contesto, a riprova delle accuse da lui rivoltemi e a testimonianza del mio lorianesimo e delle sciocchezze che avrei detto. Non discuto su questa base : certo ciascuno di noi può dire sciocchezze: ma da parte di chi crede di rilevarle occorrerebbe un piu corretto uso delle fonti. Non mi soffermo a indicare i punti _in cui il Cases fa uso di tale deplorevole metodo: basterà dire che tutte le citazioni da lui tratte da pagine da me scritte sono state cosf stravolte dal loro effettivo significato. Altrove il Cases si accontenta di insinuare e aggettivare in modo poco benevolo, senza dare prove concrete: il lettore insomma è invitato a crederlo sulla parola, e potrebbe esser tentato di crederlo sulla base dell'autorità che il Cases stesso si è giustamente acquistato in una serie di lavori di pregevole fattura. Ma qui egli si è avventurato in un terreno che non è di sua stretta competenza: il « sacrificio del satirico >>si è dimostrato considerevolmente avventato ed incauto. E come giudicare obbiettivo e spassionato, anche nei suoi metodi filologici, il lavoro di chi non arretra di fronte all'uso di giochi di parole che farebbero arrossire un redattore di Candido, corr1e quello che si trova a p. 94? Biblioteca Gino Bianco
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