Passato e Presente - anno I - n. 6 - nov.-dic. 1958

Antonio Giolitti terviene a modificare - fino a invertirla - la tradizionale dinamica so-- ciale della proletarizzazione del ceto medio. Le riforme di struttura devono essere tali da modificare questa complessa articolazione di forze e forme economico-sociali. Non basta far leva semplicemente sulla contrapposizione dialettica di due classi sociali: quel punto d'appoggio è ur1'astrazione e non serve per sollevare il mondo. A meno che la contrapposizione si sposti sul piano internazionale, diventi una divisione di classi non piu in senso orizzontale tra sfruttatori e sfruttati ma in senso verticale tra Stati o blocchi o « campi »: allora sf, il mondo può sollevarsi; ma fino a scoppiare. Quello spostamento si sta verificando, per effetto di fattori di politica internazionale legati al fenomeno dell'imperialismo (sviluppo economico ineguale, aree sottosviluppate), ma a11cheper effetto di un dogmatismo ideologico che rimane abbarbicato a quella dicotomia e si limita a meri riconoscimenti verbali delle nuove realtà strutturali. La prospettiva attuale della politica comunista è una conseguenza del suddetto spostamento: all'azione nelle strutture della società capitalistica nazionale per la loro trasformazione dall'interno, si sostituisce l'azione di sostegno alla politica di espansione del « campo socialista )); la formq.la delle « vie nazionali )> h~ una funzione tattica, di adeguamento estrinseco - e starei quasi per dire psicologico - a esigenze e diffico1tà diverse, ma non sta a indicare la possibilità di metodi e contenuti intrinsecamente diversi della lotta politica per il socialismo in società nazionali diverse per la loro struttura. Ciò è perentoriamente dimostrato dal rifiuto di ammettere la possibilità di un'alternativa socialista al regime rakosiano in Ungheria e dalla condanna dell'alternativa jugoslava, la quale - come ha già osservato Carlo Meana su questa stessa rivista (N. 4, p. 543) - rappresenta un fatto di estrema importanza proprio come esempio r:oncreto di una via nazionale alternativa rispetto al modello sovietico. Ciò potrà essere ulteriormente dimostrato, ad abundantiam, da un'analisi della politica del P .C.I. riguardo alle riforme di struttura, dalla quale crediamo che dovrà risultare che, se non è mancato un serio sforzo di elaborazione e di propaganda e una spinta genuina verso la politica delle riforme di struttura da parte delle generazioni matt1rate durante la Resistenza, non vi è stato però un serio impegno di azione realizzatrice il_ 47% (forze armate 4 %). Cfr. anche la nota di A. P1zzoRNosul N. 5 di questa r1v1sta, pp. 663-67. Biblioteca Gino Bianco

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