Socialisti e cattolici m1n1stro ed al presidente della repubblica la violazione anche delle norme concordatarie compiuta dai vescovi col loro intervento elettoralistico), non diversamente da come sotto il fascismo ci si difendeva dall'oppressione e dall'arbitrio anche con le stesse leggi fasciste, è nostro dovere però dire a chiare note che questo concordato ha tutti i crismi del regime da cui è nato. Mussolini sapeva bene quel che faceva quando si metteva sotto i piedi la disprezzata e ormai morta tradizione liberale in cambio dell'appoggio della chiesa al suo regime. Dire che esso non è quindi affatto passibile di interpretazione democratica ed è incompatibile con i princip1 di uno stato socialista. Che perciò noi ne vogliamo in ultima analisi, presto o tardissimo, quando ci sarà possibile, l'abolizione. O altrimenti dov'è la « franca battaglia delle idee >>? . Pertanto sosteniamo pure, in sede giuridica, che le norme concordatarie sebbene richiamate dalla costituzione non sono costituzionali e che quindi cedono di fronte alle norme e princip1 generali della costituzione nelle parti in cui sono con queste incompatibili (e il giurista cattolico Del Giudice ad affermare il contrario e che perciò esse prevalgono sulle norme generali per il principio che la norma particolare deroga a quella generale), ma la verità (storica) è che la costituzione in questo punto - art. 7 - è contradditoria: e non in questo punto solo, del resto, nata com'essa è dal noto compromesso fra le diverse forze della resistenza al fascismo. I « princip1 fondamentali>> si articolano nella parte prima della costituzione ( « diritti e doveri dei cittadini )) per lo meno in due ordini di questi diritti e doveri: quelli civili e quelli sociali-economici. Orbene, il problema della costituzionalità delle norme concordatarie lo si vuole affrontare rispetto ad uno solo dei due gruppi di norme o non piuttosto rispetto a tutti e due? (e per un socialista credo che il secondo valga per lo meno quanto il primo). Per non fare che un esempio, gli articoli 29 e 30 del concordato, rispettivamente sulla « legislazione ecclesiastica >>e ·sui «-beni ecclesiastici )), i quali stabiliscono ogni sorta di privilegi economici, di esenzioni di imposte, di assenza di controlli nei confronti di istituti enti ed associazioni ecclesiastiche, arrivando fino ad un sostanziale ripristino della manomorta ecclesiastica, ecc. ecc. (l'art. 30 comincia : « La gestione ordinaria e straordinaria dei beni appartenenti a qualsiasi istituto ecclesiastico od associazione religiosa ha luogo sotto la vigilanza ed il controllo delle competenti autorità della Chiesa, escluso ogni intervento da parte dello Stato italiano, e senza obbligo di assoggettare a conversione i beni immobili >)>, ebbene sono essi forse compatibili con gli articoli 41, 42, 43 e 44 della costituzione, che nel riconoscere che l'iniziativa economica privata è libera precisano però che essa « non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale >>(art. 4r), che nel garantire la prnprietà privata stabiliscono che « la legge ne determina i modi di acquisto, di ·godimento e i limiti. allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti >>(art. 42), che prevedono espropriazioni « a B.iblioteca Gino Bianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==