Passato e Presente - anno I - n. 5 - set.-ott. 1958

L'Oriente arabo 661 Ogni conquista di popoli semicoloniali verso l'indipendenza è potenzialmente un colpo al sistema internazionale del capitalismo: ma questo sistema può sempre trovare altri compromessi e altri mezzi di più indiretta soggezione. Al contrario, ogni conquista democratica nelle strutture economiche, nella liberazione di nuove energie sociali, nell'affermazione di istituti e criteri di libertà, è in pari tempo, al giorno d'oggi, premessa prossima al socialismo, ed in questo senso pensiamo che veramente esista fin d'ora anche nel Levante mediterraneo una problematica socialista. È però essenziale che questa problematica venga affrontata dall'interno delle situazioni nazionali o regionali. Se incontestabile è l'ausilio che può fornire in molti casi l'Unione Sovietica ai movimenti di liberazione, contrapponendosi al colonialismo e alla forza op·pressiva degli imperialisti, esiste purtroppo anche il pericolo che una rozza disciplina fra comunisti o una mec- ·canica ripetizione di modelli esterni porti. pregiudizio a tali movimenti. L'esempio piu positivo è quello della rivoluzione cinese, giunta al successo grazie alla capacità di non accettare, accanto al sostegno morale e materiale dell'U.R.S.S., la errata strategia che Stalin voleva imporre. Negative invece, malgrado i coraggiosi segni di autonomia dei comunisti indiani, e le ripercussioni dell'intervento militare in Ungheria nel '56 e della discriminazione antijugoslava nel '58, rispetto alla fiducia nell'Unione Sovietica dei popoli del gruppo di Bandung: prova e controprova che di una politica di princf pi; ba~ata sull'elaborazione autonoma dei programmi d'azione, il non intervento, la parità fra paesi grandi e piccoli, gli scambi economici non condizionati dal regime politico, dà sempre frutti migliori che una malintesa realpolitik. In questo senso è dato osservare con preoccupazione come la politica sovietica verso il Medio Or~ente tenda piu o meno consapevolmente a sviluppare non tanto elementi autoctoni di socialismo, quanto altri discutibili e in ogni caso mal ripetibili della propria esperienza. Tali elementi nella diversa realtà in cui si trapiantano potrebbero anche perdere la loro caratteristica proletaria, come questi due che vanno affermandosi nel movimento panarabo: l'unicità del partito e la centralizzazione burocratica del piano economico. Come mai, aggiungeremo, anzi, vi è pieno avallo di questi aspetti da parte dei comunisti italiani, che hanno scritto nei loro docun1enti l'autonomia delle vie nazionali, la irripetibilità e « non esportabilità >> di determinate vie rivoluzionarie? In realtà in una situazione di dialettica politica già grama, perché anteriore a una profonda esperienza democratico-borghese, l'esclusivismo di piccoli gruppi dominanti e la messa al barido di tutti gli altri è fatto non solo reazionario, ma portatore di atrofia nella formazione di una classe dirigente nuova e di pericolose tendenze a cor:icepire ogni alternativa politica sotto forma di colpi di mano di palazzo. La facilità con cui in Siria, all'atto di uni~cazione nella R.A.U., sono stati disciolti i partiti che vi prosperavano, è dunque motivo di perplessità. Lo è egualmente il militarismo e il sistema 42 Biblioteca Gino Bianco

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