Passato e Presente - anno I - n. 5 - set.-ott. 1958

L'Oriente arabo qui una politica che faccia della zona mediorientale non solo una zona di protesta e d'inquietudine, soggetta ad oscillazioni ora democratiche ora reazionarie, ma un fattore attivo di progresso? Sotto questa luce viene in primo ·piano il quesito, per dirlo in termini sommari, se per i paesi arabi esista o addirittura non esista, allo stato attuale, un problema. di socialismo. In essi infatti l'industrializzazione è passata appena di striscio, manca storicamente un processo di accumulazione capitalistica, i proprietari dei mezzi di produzione sono per lo piu latifondisti e possessori d' armenti oppure stranieri, mentre rudimentale è la borghesia imprenditrice, rurale, intellettuale. La grande ricchezza petrolifera, potenzialmente apportatrice di condizioni di svil1:1ppo economico straordinario, resta per adesso motivo quasi solo di appetiti e di intrighi fra grandi potenze. Il fatto dell'introduzione di misure o conquiste socialiste sembra da esaminare di conseguenza con molta attenzione, senza sottovalutare le condizioni favorevoli che l'ar:idamento complessivo del mondo contemporaneo vienr offrendo ma senza ridurre d'altra parte il passaggio al socialismo nelle aree arretrate ad una specie di « salto » di problemi reali. Una idea abbastanza schematica di tale passaggio sembra venir concepita da parte sovietica. La possibilità di un simile « salto >> è di solito piu sottintesa che espressa, tanto che sono restati senza seguito alcuni accenni del X~ congresso- del PCUS sul possibile configurarsi di un socialismo, per esempio in India, sotto la direzione di elementi borghesi. Pare trattarsi in ogni caso di un « salto >> ·non nel senso elaborato da Lenin,- sulla possibilità di rivoluzioni democratiche le quali si trasformino immediatamente in rivoluzioni socialiste, senso che si è cercato di conservare anche in Cina con la ricerca di collaborazione di una « borghesia nazionale >) ad avanzate riforme. Piuttosto la politica sovietica dà l'impressione di contare sul fatto che fenomeni di liberazione nazionale, antimperialisti, come quello arabo, siano tali da condurre a legami stretti col campo comunista, dai quali deriverà la garanzia di un definitivo assetto socialista. Questo tipo di previsione, che ha probabilmente radici già nel metodo adottato per portare le nazioni dell'Europa orientale da una fase democratica a una fase di « dittatura proletaria», e che sembra riflettersi nel modo di giudicare del Partito comunista italiano, si riconosce quasi in ogni atto della politica estera sovietica verso il Medio Oriente. Il più tipico di questi atti è il disinteresse per l'assetto interno nei regimi instaurati in Egitto, Siria o Irak, · l'indifferenza per il mancato svolgersi di' forme democratiche tradi-• zionali in questi paesi. Non ragionerebbe in tal modò, evidentemente, chi sentisse ancora, vivacemente, l'idea leniniana delle due rivoluzioni necessarie e concatenate, democratica l'una e socialista l'altra. E invece lo stesso mo~ivo si trova nella concezione s?vietica degli aiuti economici a paesi sottosviluppati non come semplice garanzia di indipendenza rispetto allo sfruttamento delle potenze capitalistiche, ma anche come misura di avviaBi.blioteca Gino Bianco

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