Passato e Presente - anno I - n. 5 - set.-ott. 1958

assato resente 549 Commissioniinternee controllooperaio:F. Momigliano 567 Praxis ed empirismo:F. Papi 5 72 Problemi del/'agricolturasovietica: C. Poni 5 87 Comunisti e cattolici:P. Melograni 615 Socialisti e cattolici:E. Vitale 634 Nuovo corsopolacco:P. C. 648 « Présenceafricaine »: f. Howlett Note di Caracciolo,Pizzorno N. 5 - settembre-ottobre 1958 ' . Biblioteca Gino Bianco

Sommario Franco Momigliano, Il problenia dellecommissioniinternee il dibattito sul controlloe sui nuovi istituti. Filosofia della prassi ed empirismo logico: - Fulvio Papi, Scientiftcitàe valore. Carlo Poni, La trasformazione dei rapporti di produzione nell'agricoltura sovietica. ' REALTA ITALIANA Piero l\!Ielograni, Comunisti e cattolici (note sullapolitica del P.C.1. negli anni I944-I947 ). Eligio Vitale, Socialisti e cattolici: lotta di classi dirigenti. MONDO CONTEMPORANEO P. C., Aspetti del nuovo corsopolacco. J acques Howlett, Un'e~pressiondeelmondonegro: « Présenceafricaine ». NOTE E COMMENTI L'oriente arabofra i blocchie la prospettiva socialista (Alberto Caracciolo ). Nuovi dati sulla struttura socialenegli Stati Uniti (A. P.). SEGNALAZIONI a cura di Mario Corsi> Ester Fano, Alessandro Pizzorno. Redazioni BOLOGNA - Via Mezzofanti 1 - Tel. 47.405. MILANO - Via Calatafimi 12 - Tel. 85.73.80. ROMA - Via Uffici del Vicario 49 - Tel. 68.19.86. Amministrazione TORINO - Via XX settembre 16. Segreteria di Redazione presso la Redazione romana. Abbonamenti Annuale L. 2400 (Italia). L. 4000 (Estero). Sostenitore L. 10 ooo (sul c. c. p. 2/15 265). Un fascicolo L. 500. Direttore responsabile Carlo Ripa di Meana. BibliotecaGino Bianco

IL PROBLEMA DELLE COMMISSIONI INTERNE E IL DIBATTITO SUL CONTROLLO E SUI NUOVI ISTITUTI Il problema degli organismi di rappresentanza dei lavoratori nelle aziende è uno di quei temi che, all'interno del movimento operaio, nel mondo non socialista, hanno avuto la sorte di venir trattati sotto i piu disparati punti di vista, a seconda delle vicende storiche; e cosf i t dibattito si è sviluppato ora sul terreno della ricerca di una nuova strumentazione tecnico-sindacale piu adeguata alle esigenze della lotta rivendicativa, ora sul piano della elaborazione di una teoria della democrazia economica nell'interno della struttura capitalista, ora sul terreno della proposta di piu efficienti strumenti di tutela di uno stato di diritto dei lavoratori e di rispetto delle libertà costituzionali nelle fabbriche, o infine sul terreno ideologico-politico, per la elaborazione di una vera e propria « metodologia ·consiliare >> atta a coprire in un arco di pensiero piu generale l'intera problematica marxista relativa alla costruzione di una società socialista; e pertanto a comprendere la teoria dello stato e delle sue forme di anticipazione, la teoria dell'egemonia, dell'alienazione, della rappresentanza, ecc. In realtà l'analisi storica ci dimostra che di volta in volta, nelle varie situazioni storico-politiche, il dibattito (e la esperienza) del movimento operaio in tema di istituti di rapp~esentanza di base nella fabbrica si è trasferito dall'un terreno all'altro, in· relazione alla sussistenza di situazioni di « movimento))' di « avanzata » della classe operaia, o di stagnazione e di riflusso. Sembrano però sussistere circostanze oggi che spingono a riproporre ,ontemporaneamente molteplici piani di questo discorso. Si ha infatti da una parte una situazione « esterna >> che richiede urgentemente al movimento operaio, di fronte all'iniziativa e al prevalere dell'antagonista di classe e ai conness·i nuovi problemi di lotta economica, lo studio di nuove strutture sindacali meglio aderenti alle trasformazioni prodotte dall'accelerato progresso tecnico e piu capaci di efficiente tutela dei 35 Biblioteca Gino Bianco

ss0 Franco Momigliano rliritti civili dei lavoratori; mentre dall'altra 5i ha una situazione « interna >> alla dialettica stessa del movimento operaio che spinge, di fronte I alla insufficienza degli istituti politici o sindacali attuali, a}la ricerca di nuove vie di rottura di schematizzazioni ideologiche ritardatrici e di rigidi apparati di direzione centralizzata e funzionariale : che esige cioè la ricerca di nuove forme di esperimentazione atte a riaprire un processo di rinnovamento democratico e ad anticipare e garantire le basi stesse di una società autenticamente socialista. Il dibattito dovrebbe trarre beneficio da una tale contemporaneità di dpprocci, ma in realtà esso pare ancora sostanzialmente ostacolato, tra 1 'altro, dalla difficoltà di inserire il « particolare >> nel « generale >> 1 di far aderire cioè la tematica piu concreta e attuale degli istituti oggi esistenti all'arco generale dei problemi inerenti alle vie di costruzione di una società socialista. Sembra che anche i settori piu vivi della cultura marxista, di fronte a questa difficoltà> tendano a sviluppare su due diversi piani due discorsi distinti, sicché quando si tratta di « nuovi istituti >> e di « controllo dei lavoratori >> si prescinde in genere dal punto di attacco piu concreto, quello degli istituti esistenti oggi nelle aziende, e quindi dal problema delle commissioni interne, della loro struttura, delle loro funzioni, dei loro poteri e delle loro vie di sviluppo, dei loro rapporti con i sindacati e con la loro struttura att11ale e futura. A giustificazione si oppo.oe il noto argomento che la tematica sindacale investe prevalentemente i problemi rivendicativi della classe e definisce i ter.mini· di sviluppo di una competizione e di una contrattazione inserita nel sistema sociale stesso, mentre la tematica dei nuovi is~ituti e del controllo investe i problemi d~l rinnovamento delle strutture, di una via democratica al socialismo, dell'anticipazione all'interno della classe di una nuova forma di potere. · Il risultato di questa « duplicità di linguaggio >> potrebbe però risolversi anche paradossalmente nel fornire pretesto ad una facile accusa : quella che nel tentativo di opporsi alla « doppiezza stalinista >> ( di un opportunismo parlamentarìstico praticato in attesa della soluzione eversiva e catastrofica) si vada inconsciamente elaborando una nuova « doppiezza intellettualistica ))' in virtu della quale il dibattito sui nuovi istituti e sul controllo diverrebbe semplice « evasione ideologica >> o peggio semplice « allusione >> ad una posizione di eresia e di antiortodossia intellettuale. Biblioteca Gino Bianco

Commissioni interne e controllo operaio 551 Sembra infatti che talvolta l'urgenza di anticipazione, l'esigenza di una immediata « generalizz~zione » induca a un troppo rapido passaggio dall'àppello ad u~a piu aderente conoscenza del capitalismo moderno e a una piu spregiudicata utilizzazione delle moderne esperienze sociologiche nella lotta concreta e quotidiana dei lavoratori, alla richiesta di elaboràzione di una nuova « metodologia consiliare ». Se il salto è . troppo brusco, se manca il momento della verifica sul terreno della lotta sindacale e degli istituti concreti esistenti, si corre il rischio di colmare il vuoto o colla semplice a11alisi storiografica delle esperienze passate, o con la contrapposizione astratta di « nuovi istituti » affiancati idealmente a quelli che già esistono, lasciati « come sono», proprio perché giudicati co1rispondenti ad un « altro piano))' estraneo al dibattito. Accade cos1 che l'appello alle citazioni gramsciane possa erroneamente sembrare operato piu per un gusto filologico e di esegesi scientifica dei testi che per effettivo richiamo all'unico tipo di interpretazione non ortodossa, che consiste appunto nel non dare mai per « costanti >> gli istituti politici, e nel prospettare sempre trasformazioni struttÙrali prendendo le mosse dagli organismi esistenti e dai problemi concreti attuali della lotta della classe operaia. Anche per questo motivo ci sembra che al discorso sui nuovi istituti e sul controllo potrebbe giovare il prendere le mosse anche dal problema delle C. I. e della struttura dei sindacati. É indubbio che le difficili alternative concrete proposte, nell'attuale situazione sindacale italiana, dalla divergenza di vedute di fronte alla prospettiva di un intervento legislativo in sostegno del potere contr'lttuale dei lav<;>ratori,dalla preoccupazione di fronteggiare nuove proposte di strutture sindacali «autonomistiche>> di ispirazione padronale, dalla necessità di soluzione unitarie, vincolano e ostacolano in una certa misura questo piu circoscritto dis~orso. Ma se tali preoccupazioni possono giustificare una certa cautela nella pratica azione del sindacalista, non sembrano legittimare nel dibattito teorico l'omissione di questo aspetto del problerna. Poiéhé il passaggio dalla analisi storica di un « passato >>alla anticipazione di un « futuro >>non può mancare di inserire. coerentemente nel dibattito teorico una proposta di interpretazione e soluzione di un « presente », a pena di vedere questo ancora una volta riservato solo alla « concretezza pratica >>dei politici- o peggio all'insidia di un « sindacalismo moderno» ispirato, ma anche controllato dalla parte piu avanzata della classe capitalistica. - Bi_blioteca Gino Bianco

552 Franco Momigliano Si offre attualmente nuovo ampio materiale di documentazione e di proposte concrete di studio intorno agli organismi di rappresentanza operaia di fabbrica che esistono oggi in Italia: basterebbe citare il materiale raccolto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni dei lavoratori nelle fabbriche, la cui relazione sul riconoscimento giuridico delle C. I., necessariamente ambivalente, avrebbe pur meritato maggiore attenzione critica da parte degli organismi politici di sinistra 1 • Le A.C.L.I. di Milano, ad esempio, hanno avvertito questa esigenza promuovendo su questa materia qualche mese fa un convegno ?. (a cui hanno partecipato anche i sindacalisti della C.G.I.L.), che ha fornito un quadro, sia pure incompleto, ma egualmente interessante dei problemi sindacali attuali della rappresentanza operaia nella fabbrica; ed ha rivelato la contraddizione in cui i sindacati cattolici sono avvolti, in conseguenza di una duplice interpretazione delle funzioni degli organismi sindacali di base, e la notevole evoluzione, ma anche i notevoli limiti tuttora sussistenti nelle posizioni assunte dal sindacato di classe. Sembra sia anche questo un modo soddisfacente di verificare la vaiidità di taluna delle tesi sostenute da Panzieri e Libertini nello scritto sollecitante che ha determinato un vivace dibattito nella questione del cont1ollo operaio 3 • A questo fine si presta assai bene la settima tesi di P. e L. da cui emergono delle indicazioni che pare possano essere in questo modo sintetizzate : le richieste del controllo non si possono porre come una richiesta di formulazione legislativa da parte del Parlamento, a pena di cadere nel qu·adro di un deliberato paternalismo parlamentare; · le rivendicazioni del controllo non possono confondersi con funzioni rivendicative di determinati organismi sindacali, e quindi non possono confondersi con un ampliamento dei poteri delle C. I., e ciò ancp.e se gli operai in molti luoghi dànno questa forma alla richiesta del controllo; le rivendicazioni del controllo debbono ispirarsi ad esperienze concrete dei lavoratori. 1 Un volumetto che riassume in termini sommari, ma sotto taluni aspetti abbastanza precisi, gli aspetti attuali del problema delle C.I. è stato recentemente pubblicato da Marco Vais: Le Com1nissioni Interne, Editori Riuniti, marzo 1958. 2 e< Gli impegni per il movimento operaio >>: convegno indetto dalle ACL.I di Milano il 9-3-1958. 3 P. e L., Sette tesi sulla questione del controllo operaio, « Mondo Operaio », febbraio '58. Biblioteca Gino Bianco·

Commissioni interne e controllo operato 553 A questo proposito si cita una sola esperienza storica (le conferenze di produzione) e due altre proposte di carattere diverso e forse meno . preciso: a) la proposta che la questione del controllo venga posta al centro della lotta per la riconquista del potere contrattuale e della libertà nelle fabbriche, ad esempio « con commissioni elettive che controllino le assunzioni e impediscano le discriminazioni >>; b) la richiesta della partecipazione di rappresentanze democratiche territoriali alla elaborazione dei programmi produttivi, atte a realizzare il collegamento tra le varie aziende. Ci sembra che occorra esaminare se il discorso sul controllo debba implicare veramente una impostazione diversa dalle richieste sindacali oggi presenti di riconoscimenti pubblici e legislativi, e cioè se la richiesta di ampliamento dei poteri degli istituti sindacali esistenti non possa costituire effettivamente una via di obbiettiva trasformazione, se effettivamente oggi, nella situazione concreta, è in errore la classe operaia, quando punta principalmente i suoi sforzi sull'ampliamento dei poteri degli unici organismi unitari di base di cui dispone (le C. I.) anziché prospettarsi la creazione di nuovi istituti, anche per la tutela della libertà nelle fabbriche. V a verificato infatti se non sia proprio il terreno . della riforma della struttura, dei poteri di rappresentanza, dei rapporti reciproci tra gli organismi sindacali oggi esistenti; quello che può fornire un -terreno di piu valida esperienza anche per la rivendicazione del controllo. Nella settima tesi di P. e L. un accenno interessante si trova appunto nella richiesta di ·collegamenti territoriali tra azienda e azienda; esso a nostro avviso non ci porta fuori, bens1 direttamente entro il terreno della riforma strutt~rale dei sinda_cati e dei loro rapporti con ·le C. I. Si dovrebbe forse analizzare in che misura la esperienza delle conferenze di produzione (cosf animatamente vissuta dalla classe operaia, e altrettanto presto esaurita e a nostro avviso in tale forma non riproponibile) debba ricercarè le cause del suo fallimento non solo nel fatto di essersi basata su una particolare interpretazione della contingenza congiunturale, su una errata visione delle caratteristiche dello sviluppo tecnico-economico- del capitalismo moderno, ma anèhe nel fatto di essersi appoggiata su una struttura di organismi sindacali e di rappresentanza di fabbrica allora esistenti inadeguata, su una contraddizion~ implicita nel modo stesso in cui i dirigenti della classe operai_aco_nceBiblioteca Gino Bianco

,I 554 Franco Momigliano pivano la competenza, le funzioni e i rapporti reciproci di questi istituti. La intera storia degli organismi di fabbrica nelle loro alterne vicende di Commissioni Interne e di Consigli, nella alterna prevalenza dei due diversi momenti di lotta a seconda delle situazioni storiche, costituisce un terreno di verifica non solo della necessità di superare determinate concezioni ideologiche (cinghia di trasmissione, politica delle alleanze per l'appuntamento alla soluzione rivoluzionaria), ma di risolvere talune contraddizioni implicite nella struttura e nelle funzioni degli organismi di lotta economica oggi esistenti (C. I., sindacati) rispecchianti una situazione che tende ad essere rapidamente superata. La intera storia della esperienza sindacale e politica della classe operaia italiana, e di quella torinese in particolare, nelle sue manifestazioni di lotta tra tendenze « riformiste >> e « sindacaliste-rivoluzionarie >>, e cioè la storia della nascita delle Commissioni Interne, dei suoi rapporti con i sindacati di categoria e col partito, dei Consigli di fabbrica, del modo in cui le Commissioni Interne sono rinate alla caduta del fascismo, della trasformazione in comitati di agitazione, de.Ila abbinata esperienza dei Consigli di gestione, via via fino alle recenti sintomatiche vicende del « sindacalismo autonomo >> sorto intorno alle elezioni della C. I. Fiat, sembra indicare un obbiettivo concreto, un terreno di passaggio obbligato, del dibattito sul controllo e s~lla rappresentanza operaia di base. In che limiti la lotta economica ,operaia - può ancora oggi continuare e svilupparsi sulla struttura tradizionale dei sindacati di categoria? D'altra parte, in che limiti oggi, in relazione all'evoluzione tecnologica ed economica del processo produttivo, resta ancora valida la concezione che la lotta del movimento operaio si irraaia dalla fabbrica? In che limiti si deve ritenere che le vicende e l'azione presente delle Commissioni Interne siano espressione di un'autentica iniziativa o.peraia di base, in che limiti questi organi corrono il rischio di essere essi stessi « determinati >> dalla evoluzione economico-strutturale del capitalismo moderno? I~ che limiti le C. I., quali oggi sono, possono continuare ad assolvere la funzione di imporre un determinato tipo di rapporto alla classe _padronale contrapposta, e in che limiti invece sono esposte al rischio di essere utilizzate· dalla classe padronale stessa ai fini di una riduzione del potere contrattuale dei lavoratori? In che misura una mal definita istituzionalizzazione dei poteri e delle funzioni delle C. I. si è prestata a trasformare le elezioni di questi Biblioteca Gino Bianco·

Commissioni interne e controllo operaio 555 organismi in una dimostrazione di prestigio d_eldatore di _lavoro,in una occasione .di affermazione del potere padronale? In che limiti la C. I., cioè l'organismo di rappresentanza unitaria · di base nella fabbrica, tende ad esprimere una iniziativa operaia volta al rinnovamento delle impostazioni di iotta degli organismi tradizionalmente inseriti e legalizzati nella struttura capitalistica (i sindacati di categoria)? In che limiti la situazione attuale degli organismi di rappresentanza di fabbrica è determinata dal fatto che il sindacato stesso, concepito nella sua tradizionale struttura, ha limitato i poteri di rappresentanza degli organismi di fabbrica? Questi interrogativi potrebbero , essere evidentemente moltiplicati; quello che importa qui è indicare che _un dibattito sul controllo e sui nuovi istituti non può dare per scontata una situazione obbiettiva attuale in fatto di C. I. e sindacati (sia pure auspicando un ritorno ad una organizzazione unitaria sindacale); . né dare senz'altro per accettata una impostazione oggi prevalente in fatto di struttura degli organismi tradizionali, con l'argomento che .si tratta di temi che investono la politica rivendicativa e non la problematica della struttura della società. Le C. I., proprio perché si è trattato degli organismi di piu autentiça rappresentanza democratica operaia sinora esistiti in Italia, paiono aver rispecchiato in se 5tesse, piu di ogni altro organismo, l'ambivalenza e la stretta connessione tra questi due diversi momenti della lotta • operata. Le C. I. sono rinate in Italia nel settembre 194 3 in virtu del contratto Buozzi-Mazzini in una situazione particolare, quando da una parte la classe operaia nelle fabbriche era in movimento, e dall'altra la classe dirigente italiana cercava di impedire che la caduta del fascismo portasse con sé un reale processo di rinnovamento democratico del paese; sono state accettate, se non proposte, dalla stessa classe padronale, per controllare un processo di spinta democratica delle masse che pareva incontenibile all'interno dei. luoghi di lavoro. Le C. I. sono quindi risorte, prima ancora del riconoscimento dei partiti, per la coincidenza di una forte spinta di classe, della carenza del sindacato (ricostituito allora solo sulla carta) e dell'interesse ~ella classe dirigente industriale a crearsi un organismo di collaborazione e di controllo delle masse stesse, istituzionalizzand~, nella sede di maggi~r pressione politica, un organismo di rappresentanza con cui poter trattare 1 • · 1 :È noto che una ipotesi analoga circa l'origine della nascita delle C.I. in Torino nei primi anni del secolo è stata formulata, e pare sufficien~emente fonBiblioteca Gino Bianco

556 Franco Momigliano In ogni caso, per motivi opposti, ambo le parti riconoscevano che l'unico modo in cui una organizzazione sindacale poteva essere ricostruita in Italia, era quella di prendere le mosse dagli organismi di base di fabbrica. L'origine fu quindi quella della ricerca di una struttura di rappresentanza sindacale autentica. Anche se la formulazione del contratto Buozzi-Mazzini fu estremamente limitata (organismo atto ad assicurare normali rapporti nella fabbrica, di collegamento tra sindacato e lavoratori, di esperimento di tentativo di conciliazione· delle controversie individuali e, previa autorizzazione dei sindacati, delle controversie collettive, di partecipazione alle gestioni sociali e assistenziali, ecc.), anche se nella forma la C. I. nasceva come organismo sindacale in condizione di « minorità)), senza poteri effettivi di rappresentanza contrattuale, la C. I. in realtà fu immediatamente concepita dai lavoratori, e accettata dagli stessi datori di lavoro, come primo e fondamentale elemento organico di base di una piu efficiente struttura sindacale,. ~ome il piu valido strumento di democrazia diretta per la lotta economica. Nessuno per parecchio tempo pose in dubbio, nella prassi politico-sindacale, tali effettive ca.pacità delle C. I. di rappresentare e impegnare sindacalmente i lavoratori dell'azienda, di costituire il primo nucleo di una strutt1:1razione democratica del • • movimento operaio. In realtà dopo la liberazione e per parecchio tempo la C. I. fu indiscutibilmente molto di piu di quanto la carta le riconosceva, fu la base stessa su cui poggiò il sindacato per ricostruire la sua intelaidtura organizzativa. Tale riconoscimento le proveniva dal fatto di essersi presentata ~ di agire come prima autentica es.pressione democratica « dal basso )> (le elezioni di C. I. furono in realtà la prima manifestazione formale della .rinata democrazia italiana). La funzi~ne della rappresentanza « dal basso)), che costituisce la base pregiudiziale del proble~a del «controllo)), fu in notevole parte assolta dalla C. I., soprattutto nel periodo intercorso dallo scioglimento o dal pratico riassorbimento dei C.L.N. di fabbrica al periodo in cui emersero, in forma d'altronde mai generalizzata, i Consigli di gestione. A questo punto, e tenendo presente quanto sopra, andrebbe forse riconsiderata in parte la funzione e la storia dei Consigli di gestione. L'adata, anche se lo Spriano nel suo recente volume la sottopone a critica; sembra certo comunque che le C. I. tornarono a godere di un atteggiamento relativamente favorevole da parte della classe padronale nel periodo della mobilitazione bellica delle fabbriche in occasione della prima guerra mondiale. Biblioteca Gino Bianco ·

Commissioni interne e controllo operaio 557 nalisi critica della vicenda dei Consigli di gestione in Italia (che fu oggetto di una proposta di riesame, subito interrotto e riassorbito, in sede degli stessi istituti culturali comunisti dopo il XX Congresso) non -può forse risolversi completamente nella verifica della incompatibilità tra una determinata concezione e struttura del partito e una obbiettiva azione « consiliare )), della contradditorietà tra una impostazione anche strutturale di questi organismi (organi misti di cogestione, e non organi di soli lavoratori di controllo) a fine di collaborazione e di ricostruzione, e una riserva mentale di attesa di una soluzione di violenza rivoluzionaria, degli errori di una strumentazione dei tecnici ai fini di una politica di alleanza al partito-guida, della impreparazione delle élites (?peraie seleziona te politicamente dalla resistenza, della loro incapacità di intuire e anticipare i nuovi problemi del processo produttivo nel capitalismo moderno. Tale esame qovrebbe probabilmente essere completato vagliando quali influenze abbia esercitato la presenza e la forza delle C. I. stesse, in che limiti la· naturale spinta delle C. I. ad affermarsi come nuovo e piu moderno e adeguato strumento di rappresentanza operaia dal basso, entrasse in contraddizione da una parte con il sindacato e dall'altra con i nuovi organi di partecipazione alla gestione. In contraddizione con il sindacato, che si istituzionalizzava con struttura, poteri e funzioni identici a quelli della esperienza prefascista, e perciò stesso inadeguati alle nuove esigenze della lotta economica; in contraddizione d'altra parte con il tentativo operato dai partiti operai · di istituzionalizzare, sotto la forma di coesistenza di due diversi istituti affiancati all'interno della fabbrica, la coesistenza stessa dei due tipici momenti della lotta operaia che palesano piu acuta contradditorietà nella fase di passaggio da una situazione di avanzata e di movimento ad una fase di riflusso: il momento politico ricostruttivo-collaborativo e il momento politico eversivo-rivoluzionario. Questa coesistenza veniva proposta precisamente nelle fattezze, a_sua volta duplici, di un C.d.G. (sotto un aspetto anticipatore di un potere di direzione operaia e sotto l'altro aspetto collaboratore ad una ricostruzione borghese) e di una C. I. (sotto un aspetto organo di diretta espressione della lotta, della contrapposizione degli interessi di classe, e sotto l'altro aspetto organo investito della funzione di risoluzione dei « problemi minimi >>di una tematica rivendicativa ricondotta 'per la sua stessa natura al riconoscimento di un potere esclusivo di direzione padronale nell'azienda). In definitiva fu la stessa «doppiezza>> implicita nella guida poliBiblioteca Gino Bianco I

558 Franco Momigliano tica della lotta operaia a richiedere che venisse di fatto ricondotta e riprodotta la « duplicità » di questi due momenti in un unico istituto. Questo istituto fu la C. I. (e no,n il C.d.G.) perché essa era in realtà l'istituto piu vitale e piu fort~, perché corrispondeva alla forma di rappresentanza piu autentica nella fabbriéa. Se ben si osserva si può constatare che la C. I., proprio perché organo di pi{1 autentica e completa rappresentanza del basso, doveva ricavare da questa sua caratteristica i suoi .fattori di forza ed affermazione immediata (riassorbimento e controllo dei C.d.G., capacità di impegnare sindacalmente le masse al di fuori di ogni riconoscimento giuridico formale), ma anche gli elementi impliciti della sua successiva crisi (riproduzione amplificata nella sua condotta delle duplicità dei moventi politici della lotta operaia, incapacità di ancorare e istituzionalizzare in termini giuridico-formali, e non solo di forza, i suoi poteri e la su1 fun-zione di rappresentanza contrattuale). In pratica la nuova codificazione contrattuale dei poteri e delle funzioni delle C. I., conclusa mentre già si intuiva la improbabilità di un varo della legge sui C. d. G., anziché sanzionare una realtà obbiettiva e incontrastata, fece ben pochi passi avanti e forse taluni indietro nei confronti dello stesso accordo del '43. Con l'acc_ordo del '47 la C. I. fu definita organo di vigilanza ai fini della corretta applicazione dei contratti collettivi, di tentativo di componimento delle controversie individuali e collettive, di esame preventivo dei regolamenti aziendali, ma cessò di essere definita « organo di collegamenti tra lavordtori e sindacati », e si precisò in modo ben esplicito che la C. I. doveva « rimettere. alle organizzazioni sindacali tutto quanto attenesse alla disciplina collettiva dei rapporti di lavoro e alle relative controversie». In questa occasione quindi i sindacati stessi riconobbero che }e C. I. avevano funzioni, diritti e poteri assai inferiori a quelli di cui, nell'azione pratjca delle C. I., quotidianamente si avvalevano. Un unico potere diverso della C. I. venne sancito: quello di controllo in sede di prima istanza dei licenziamenti, e si rivelò di notevole importanza. Tale· clausola introdotta nell'accordo sui licenzian1enti supareva qualsiasi tradizionale funzione sindacale, e realizzava quindi, sia pure sotto forma della verifica della motivazione di « scarso rendimento>>, anche sotto il profilo giuridico, una fondamentale _manifestazione di potere e di intervento operaio nei confronti del potere padronale all'interno dell'azienda; rappresentava cioè, sia pure in forma indiretta, l'unica acquisizione _giuridica.collettiva da parte di un Biblioteca Gino Bianco

Commissioni interne e controllo operaio 559 organismo di rappresentanza di fabbrica, di un reale « potere di controllo». Sembra questa la indicazione che un potere di intervento, realizzato non sotto la forma di comitati misti, di cogestione, poteva ess~re inserito nel funzionamento di un organismo di base costituito di soli lavoratori, espressione ti_pica della contrapposizione degli interessi di classe e di lotta rivendicativa economica. L'importanza di questo fatto fu forse valutato nelle sue reali proporzioni solo dopo che successivi accordi interconfederali sottrassero alle C. I. questo potere, per trasferirlo, in forma mutilata e priva di ogni reale efficacia, ai sindacati; fu questo uno dei fatti che concor~ero j n modo preminente, naturalmente assieme ai molti altri, a far precipitare · la crisi degli organismi di rappresentanza di fabbrica, investendo di fatto anche tutto il campo dei poteri effettivi di contrattazione sindacale i E' _probabile che uno studio sulle modificazioni degli indirizzi di gestione delle maggiori aziende in Italia dal 1950 potrebbe confermare, prescindendo da giudizi di merito sul terreno economico, quale fosse il peso, l'influenza esercitata fino a quella data dalla esistenza di un tale potere delle C. I., _edimostrare come esso si risolvesse di fatto, pur essendo esercitato nella forma negativa di pura tutela individuale del làvoratore, in una manifestazione effettiva di intervento e controllo nelle determinazioni di 1nolte scelte della politica aziendale. Effettivamente, sin dai primi mesi dopo la liberazione, alle C. I. furono praticamente affidati in forma urgente dei gravissimi compiti: innanzitutto quello di creare, senza averne precisi poteri, una pratica istituzionalizzazione delle nuove regole del gioco sindacale all'interno dell'azienda, di creare cioè, senza poteri costituzionali, una costituzione non scritta della contrattazione aziendale, delle procedure di formazione delle deliberazioni e di verifica delle opinioni dei lavoratori, delle regole dei rapporti con la direzione, delle norme pratiche dell'esercizio dello sciopero e delle altre forme di lotta sindacale. Le C. I. dovettero in realtà superare soprattutto la difficoltà di colmare con un ragionevole compromesso la grande ~proporzione tra la loro veste giuridica, le loro ~ompetenze formali, ed i compiti effettivi che i sindacati, i partiti, gli stessi datori di lavoro loro 1 Si vedano a questo· proposito le osservazioni di G. Carocci nel N. 31-32 di « Nuovi Argomenti >> (Inchiesta sulla Fiat, pag. 61), nonché talune significative lettere e articoli di lavorc1tori compresi negli ultimi annì nella rivista della C.G.I.L. « Rassegna Sindacale ». · B".blioteca Gino Bianco

560 Franco Momigliano affidavano. A differenza dei C.d.G., che si trovarono nella situazione di non riuscire ad esercitare in forma concreta un potere formalmente riconosciuto, troppo ampio e troppo ambiguo e generico in relazione alla situazione obbiettiva e alla loro stessa struttura, le C. I. si trovarono nella situazione esattamente opposta, di dovere per la situazione obbiettiva esercitare un potere ben superiore alle loro competenze formali. Questo processo di creazione delle regole del gioco sindacale nelle aziende, le C. I. dovettero, bene o male, assolverlo (e in molti casi di necessità assai piu male che bene) riuscendo contemporaneamente a riassorbire nel gioco sindacale una notevole carica politico-rivoluzionaria, che la rivoluzione « mancata » aveva lasciata insoddisfatta. Accadde cos1 che la C. I. sola, mentre rapidamente il sindacato rientrava nell'alveo del legalismo contrattuale (salvo la questione dello sciopero politico che oflr1 il pretesto per la scissione) e il partito accentuava sempre piu le sue caratteristiche di strumento elettorale-parlamentare, dovette cer_care una forma di istituzionalizzazione, di riconoscimento fondata (per i termini stessi dei suoi rap_porti con il sindacato e il partito) quasi solamente sui rapporti di forza. Si usa giustamente contestare la validità di ragionamenti che interpretino semplicemente le vicende della lotta del movimento operaio sul parametro della constatazione degli obbiettivi rapporti di forza; ma è importante invece verificare attraverso quale processo, per quali ragioni, il piu importante ed autentico organismo di democrazia operaia di base, dovette fotografare piu di ogni altro nelle sue vicende le vicende dei « rapporti di forza >>, senza riuscire a consolidare in forma istituzionalmente riconosciuta un patrimonio di potere che la classe operaia realizzava in modo precipuo nelle aziende, senza poter cioè gettare le basi, il primo gradino, per la conservazione di una funzio·ne d1. « controllo >>. Poiché questa, in una situazione non rivoluzionaria, ri-. chiede come garanzia pregiudiziale una solida base strutturale nelle funzioni di rappresentanza e di contrattazione. Per misurare questo aspetto del problema ci si può, sia pure paradossalmente, prospettare l'ipotesi di una soluzione limite opposta a quella adottata sin dall'inizio nei confronti delle C. I. e della struttura del sindacato : l'ipotesi cioè che nel processo di ricostruzione di una struttura sindacale in Italia, le C. I. munite di poteri formalmente riconosciuti di rappresentanza sindacale e di contrattazione, fossero state inserite organicamente (statutariamente) alla base del sindacato stesso, sf da costruire il primo gradino della sua struttura, e valutare quali Biblioteca Gino Bianco

' I Commissioni interne e controllo operaio effetti ciò avrebbe potuto determinare sullo sviluppo dei problemi sindacali italiani. Si sarebbero ovviamente stabilite sin dall'origine delle diverse premesse a problemi oggi piu che mai aperti, quali quelli dell'esercizio dei diritti sindacali dei lavoratori nell'azienda, del riconoscimento giuridico, della contrattazione aziendale, della coordinazione territoriale interaziendale della politica sindacale, dell'inserimento dei lavoratori « sindacalmente non organizzati », di un funzionamento democratico del sindacato, di una omogeneità anche giuridica dei criteri di rappresentanza e dei poteri contrattuali a tutti i livelli, di un supporto strutturale intrinsecamente unitario al sindacato, della stessa legislazione sindacale. Sulla base della struttura sindacale effettivamente realizzata, è accaduto invece che, fino a quando, in relazione ai rapporti di forza, il datore di lavoro ritenne conveniente accettare un certo esercizio della funzione di rappresentanza della C. I. nell'azienda, il problema del « riconoscimento >>dei poteri delle C. I. non trovò motivo di essere avanzato da nessuna delle due parti, ma appena il datore di lavoro avvertf che i rapporti di forza erano modificati, anche la funzione di rappresentanza è.ella C. I. fu immediatamente impugnata, o interpretata in funzione di politiche discriminatorie. E cosf una « area >>di potere operaio che realizzava obbiettive condizioni potenziali per lo sviluppo, attraverso la dialettica contrattuale, di una tematica del «controllo>> fu lasciata scoperta e potè essere riassorbita molto piu facilmente e piu rapidamente di quanto, a tutt'oggi, si sia potuto verificare nei confronti del sindacato, nonostante le insufficienze e gli errori di indirizzo ormai riconosciuti. Un potere di « rappresentanza >>e quindi anche un potere potenziale di. «controllo >>affidato solo al metro dei « rapporti di forza >>non sembra poter in ogni caso sopr~vvivere in una situazione in corso di assestamento, perché in ogni caso esso sarebbe, paradossalmente, un potere « controlla~o », cioè fondato sull'interesse obbiettivo del padrone a trattare con chi, nel momento specifico, « controlla >)meglio le masse dei lavoratori. Una concezione della capacità di rappresentanza dell'organismo di fabbrica, e quindi anche per estensione di una funzione di «controllo», fondata soltanto sul rapporto di forza e sul continuo svilµppo di una volont~ di lotta della classe operaia, è una concezione che fonda il potere stesso, da una parte, sulla continu_a assenza di una iniziativa di politica sindacale padronale a lungo respiro (e cioè sul presupposto che questa continui sempre ad essere detta~a dal semplice criBiblioteca Gino Bianco

Franco Momigliano terio della realizzazione immediata e contingente del massimo profitto), e dall'altra sulla facoltà padronale di scegliere, in relazione alla portata delle sue concessioni, le forme, i modi e le sedi delle sue contrattazioni. In tal modo la C. I., anzichè « controllare >> attraverso la dialettica contrattuale la gestione padronale, ha finito per essere « ca:ntrollata » essa stessa dal datore di lavoro. L'obbiezione piu ovvia, si è detto, è che una cosa è la mera funzione rivendicativa sindacale, e un'altra è la rivendicazione del « controllo dei lavoratori » che tende di giorno in giorno a contrapporre al potere b.orghese la richiesta, l'affermazione di forme di un potere nuovo che venga direttamente senza deleghe dal basso; che una cosa è una rappresentanza di carattere parasindacale, includente anche i « disorganizzati » a scopo di « difesa », di « vigilanza » sulla corretta applicazione delle pattuizioni e delle leggi borghesi, e un'altra è una rappresentanza avente precise caratteristiche di controllo di un processo di sviluppo economico. Perciò si è portati a lasciare la C. I. com'è, e ad affiancarle, almeno idealmente, « nuovi istituti». Sembra che in tal modo si sottovaluti un aspetto importante inerente alla tematica attuale, concreta degli organismi di base di fabbrica : la loro vitalità, la loro potenzialità quali organismi· di « controllo » presuppone innanzitutto l'esistenza di un potere di «contrattazione»; poiché « la partecipazione crescente dei lavoratori ad una contrattazione integrale del loro lavoro » significa da una parte « contrattazione delle scelte fondamentali dell'impresa» 1 e dall'altra significa individuazione, precisazione del carattere direttamente antagonistico degli interessi contrapposti; significa ~ioè un ·fermo ancoramento a quel minimo di termini « classisti » che soli possono garantire che una « partecipazione cosciente dei lavotatori al processo produttivo » non si trasformi in una « collaborazione tout court », equivalente a «subordinazione». Il « controllo » del processo di produzione e di sviluppo economico, nella situazione attuale, si attua in modo cosciente da parte degli o_rganismi di base nella fabbrica, nei termini precisi di una contrattazione sindacale che investa un campo sempre piu vasto degli aspetti del rapporto di lavoro, e che perciò riesca in modo sempre piu efficiente ad imporre alla parte contrapposta la scelta di una piuttosto che un'altra politica di impresa; e si impongono in questa forma e non cadono i11 quella « piu matura » di « riconoscimento di coincidenza di interessi 1 Cfr. F oA, « Passato e Presente », N. r, p. 62. Biblioteca Gino Bianco

Commissioni interne e controllo operaio con la parte padronale » a condizione che l'organismo di fabbrica sia da una parte in condizione di affrontare i termini della. contrat~azione in base ad una visione ed un piano a lungo respiro della politica di ·sviluppo e quindi della politica sindacale corrispondente, e dall'altra é1 condizione che esso sia, dai sindacati stessi, riconosciuto capace di « rappresentare », di guidare in lotta, di « impegnare >>anche a lungo termine (in relazione all'allungamento dei piani di politica produttiva .nel capitalismo moderno) gli operai dell'azienda. E' chiaro che ciò implica una visione piu moderna e complessa della struttura della rappresentanza sindacale di base, e al limite del suo inserimento organico negli altri istituti politico-sindacali (e se si preferisce si potrà in tale senso, al limite, parlare di « nuovi istituti >)>, ma a tondizione che resti chiaro che il problema dei « nuovi istituti >>e del « con- . trollo >>può essere affrontato in modo autentico nella situazione attuale soprattutto sul piano « di classe >>del rafforzamento del potere contrattuale di base, e non (o per lo meno non solo) attraverso la via di affiancamento alla C. I. 'all'interno o al di fuori delle aziende, di nuovi e diversi organismi promossi artificiosamente dall'alto o dall'esterno. Perciò il negare che la strada del «controllo)> passi attraverso l'ampliamento dei poteri delle C. I. sembra portare apparentemente piu avanti, ma in realtà rischia di portare piu indietro, e piu distante d·il suo autentico terreno di classe, la rivendicazione del «controllo>>. Sul problema dei poteri, del riconoscimento giuridico delle C. I., dei suoi rapporti col sindacato, come noto, le posizioni prevalenti della C.I.S.L. sono oggi ancora sostanzialmente negative; le posizioni della C.G.I.L., piu avanzate, sembrano ancora abbastanza caute e lontane da u11asoluzione coerente, legate come sono dalla preoccupazione di una politica unitaria a livello delle confederazioni; anche la recente proposta di legge degli on. Novelli e Santi esclude chiaramente una capacità della C.I. di procedere ad una contrattazione collettiva aziendale. Le molte cautele sembrano comprensibili (se non del tutto fondate) alla luce della complessa diplomazia attualmente esistente nei rapporti fra i tre sindacati, ma sembra altrettanto logico che chi si batte per le soluzioni piu avanzate di «controllo», di « nuovi istituti>> e di anticipazione di nuove forme di potere operaio, di fronte ai problemi concreti e attuali, non venga a trovarsi, non si_dice a fianco di talune argomentazioni dei sindacalisti cattolici, ma anche semplicemente sul piano delle attuali posizioni ufficiali del sindacato di classe nei confronti dell'unica valida e vitale espe.rienza oggi sussistente di democrazia operaia diretta. In tal cac;o Biblioteca Gino Bianco

Franco Momigliano ogni richiamo ad esperienze anche -entusiasmanti ma non a caso fallite (le conferenze di produzione), ogni proposta di soluzioni nuove, d'altronde scarsamente pratiche (commissioni elettive per il controllo delle assunzioni e il divieto delle discriminazioni), potrebbe correre il rischio di suonare estranea all'attuale esperienza di lotta dei lavoratori, e di lasciare (come già avviene) all'iniziativa di un sindacalismo «padronale>> proprio i temi piu aderenti alla esperienza stessa operaia .. Se è vero che l'ideale del socialismo è « un ideale che occorre far vivere giorno per giorno, che nasce e si sviluppa nella misura in cui ciascuna lotta serve a far avanzare istituti nati dal basso », ne consegue innanzitutto un principio di continuità e di armonizzazione delle lotte in corso del movimento operaio. Il movimento operaio oggi combatte per un rafforzamento del suo potere di contrattazione, anche se questa lotta, in una situazione cosi chiusa, si manifesta in via pregiudiziale in una lotta per un problema di libertà, per una affermazione di « priorità » del problema « civile » nella fabbrica. Anche nella proposta ideologica, nel dibattito t_eorico·del controllo, tutto ciò deve essere assorbito e concretamente risolto. É certo giusto tenere presente le difficoltà e i pericoli di involuzioni corporative, di corruzione padronale, ·insite in un processo di sviluppo dei poteri, delle funzioni degli organismi di rappresentanza sindacale di fabbrica, ma la validità della proposta del controllo si fonda anche sostanzialmente su una richiesta, ai dirigenti politici e sindacali, di un atteggiamento di maggiore fiducia nelle intrinseche potenzialità positive contenute in un processo di sviluppo di forme di « democrazia dal basso » modernamente strutturate. Si fa presénte da qualche parte il pericolo di sviluppo di tendenze sezionalistìche, di una maggiore rottura dello spirito di solidarietà, se gli organismi di base assumono di pieno diritto le loro funzioni sindacali e escono da una situazione di «minorità». Si può opporre che è proprio là dove la C.I. è debole che il sindacato è debole; che la solidarietà di classe si può attuare in realtà ben piu oggi sul piano del problema civile estendendo a tutte le sedi di lavoro condizioni di partenza sufficientemente eguali in fatto di possibilità di esercizio dei diritti· elementari dei lavoratori in una società moderna, di quanto si possa praticamente ottenere sul piano di un processo di avvicinamento dei livelli salariali (che risulta oggi profondamente ostacolato dalla disarmonica struttura dello sviluppo economico italiano); che infine i pericoli sezionalistici si evitano, non estraniando, ma collegando sempre piu Biblioteca Gino Bianco

Commissioni interne e controllo operaio organicame11te la C. I. con la vera e propria attività e funzione del sindacato. La democrazia operaia non può certo percorrere pedissequamente le strade della democrazia borghese e parlamentare: ne è stata prova l'irretimento alla spinta operaia di lotta determinato dagli eccessi di pratiche « elettoralistiche '--parlamentaristiche >> introdottesi nella maggioranza delle C.I. Nel vano tentativo di saldare lo squilibrio tra i suoi compiti e i suoi poteri e di assicurarsi una garanzia formale dell'autenticità della sua rappresentanza, la e.I., man mano che si indeboliva di fatto il suo potere di contrattazione di fronte al potere padronale, man mano che risentiva in modo piu acuto gli effetti della scissione sindacale, ha sviluppato nella maggioranza dei casi, nelle procedure della sua formazione e del suo funzionamento, una tendenza ad un forma- . . lismo di tipo parlamentaristico. Le energie potenziali riposte in organi di democrazia diretta di base, mancando il terreno e la prospettiva reale della contrattazione e della lotta, tendono cosf spesso ad esaurirsi in una serie di competizioni interne fondate su cavillosità procedurali, assunte a simbolo e « allusione >> di una scelta ideologica. Ancora una volta la e.I. riflette in questo modo in forma immediata alcuni degli aspetti tipici~della attuale situazione della lotta politica del movimento operaio. Il problema del riconoscimento di poteri autentici contrattuali e di rappresentanza della e.I. non può quindi non investire anche il problema del suo modo di formazione e di elezione, cioè i problemi di struttura degli organismi di democrazia « dal basso )); perciò una rivendicazione del « controllo dei lavoratori» non può innanzitutto ignorare il tema dei modi di elezione che realizzino una rappresentanza piu diretta e meno « .partitica >>. Sotto questo punto di vista sembra vada considerata con particolare attenzione la proposta, solo recentemente e isolatamente avanzata dalla e.G.l.L. e sostenuta con non molta perseveranza (anche per le difficoltà frapposte dalla politica di rappresaglia padronale), di una rappresentanza realiz~ata passando attraverso la elezion.e di « commissari di reparto >>. Soluzioni di questo tipo non compaiono purtroppo nelle stesse proposte di legge della e.G.I.L. per il riconoscimento giuridico delle C,I. Ancora una volta la rivendicazione del controllo pare richiedere prima di tutto un adeguamento dei metodi e delle ~mpostazioni di lotta in coerenza col progresso tecnologico e con la rapida evoluzione delle caratteristiche del processo produttivo, e perciò una nuova visione della struttura degli organismi, già oggi _esist~nti, Biblioteca Gino Bianco

566 Franco Momigliano in modo da renderli piu adeguati alla maggiore complessità tecnica dei problemi della contrattazione nell'azienda. Su questo terreno di evoluzione delle strutture sindacali di base, anche la proposta di sviluppo di forme organiche di collegamenti e coordinamenti territoriali di C.I. fornite di piena capacità di rappresentanza può certo esprimere possibilità nuove e piu efficienti di lotta del movimento operaio, e può anche predisporre un terreno piu aperto a esperienze di piu ·vasta portata. La capacità di rappresentare e impegnare è presupposto della capacità piena di imporre una contrattazione su tutti gli aspetti del rapporto di lavoro; tale capacità implica la possibilità di formulare nelle forme piu adeguate (e non burocratiche o centralizzate) una vera e propria pianificazione della politica di rivendicazioni sindacali e econo,miche. Appunto attraverso una pianificazione ad ampio respiro, formulata da organismi di democrazia diretta capaci di impegnare i propri rappresentanti anche a lungo periodo in sede di azienda, di gruppo di aziende, di settore, si può giungere, restando sul terreno di « classe >>, a•d~terminare e orientare con la contrattazione, e cioè a « controllare >> i piani di produzione aziendali, territoriali o di settore. _ Il progresso tecnico sospinge necessariame!lte il capitalismo moderno verso forme sempre piu avanzate di estraniazione e subordinazione della classe lavoratrice; le proposte di organismi di cogestione o di partecipazione alle amministrazioni, indipendentemente dagli obbiettivi di chi le promuove, mancando le condizioni o la struttura per l'esercizio effettivo del potere contrattuale, concorrono di fatto a creare solo nuove forme di co!ldizionamento della classe operaia; che si inserirebbero naturalmente in quel piu -vasto processo attraverso cui i centri di potere economico sono sQllecitati a condizionare, in un raggio sempre piu vasto, il processo di sviluppo e l'ambiente economico e sociàle circostante. La proposta operaia, invece, prendendo le mosse dal problema di ·unaricostruzione dei poteri effettivi di contrattazione degli organismi di fabbrica oggi esistenti, sarà portata ad opporre, partendo dal basso, piano a piano, a concepire e a coordinare piani sindacali di piu lunga portata e di piu ampio raggio, e su queste nuove « dimensioni >> a elaborare una pianificazione della propria politica di lotta capace arche di « orientare >>, di « condizionare » il processo generale di sviluppo economico. · FRANCO MoMIGLIANO Biblioteca Gino Bianco

FILOSOFIA DELLA PRASSI ED EMPIRISMO LOGICO SCIENTIFICIT A' E VALORE* 1) Prendere le mosse da una concezione-quale quella marxiana dell'autocoscienza sensibile per portare il materialismo storico a fare i conti con lt linee generali del nuovo pensiero neopositivista 1ni pare molto proficuo. Perché: a) Attraverso questa strada si impedisce qualsiasi costruzione intellettualistica del marxismo tran1ite un uso statico e speculativistico dei concetti del materialismo storico c9s1 come è avvenuto· - ad esempio - con il cosi detto materialismo dialettico. Si esaurjsce cos1 definitivamente la possibilità di un qualsiasi ridimensionamento metafisico del n1arxismo. b) Si porta in primo piano - a meno che non si riduca la' concezione dell'autocoscienza sensibile ad uno squallido paleo-empirismo - la f~rmulazione piu interessante del • marxismo stesso, e cioè la concezione della praxis, vale a dire della fondamenta!~ struttura della vita come continua problematicità reale, in cui il lavoro è l'elemento che permette la continuità dell'esistenza generica e ne dà forme e significati storificati tramite un processo di umanizzazione dell'oggettività (il termine è preso metodicamente nel suo senso-limite), e il mondo altro non è che la tensione dell'esperienza stessa che si muove nell'oggettività dei differenti campi che la pragmaticità della vita ricerca e definisce. e) Per que- ·sta via, chiedendo un controllo degli universi di discorso, si esclude ogni possibilità di conoscenze intuitive o privilegiate, si «apre >> invece nella maniera piu assoluta verso le scienze determinate come le sole che, con i loro strumenti, permettano conoscenze teoriche e normali. Nella stesso tempo si offre un positivo innesto storico ·alla scienza stessa mettendone in rilievo la decisiva componente pragmatica o, se si vuole, esistenziale. L'elemento teoretico che in Preti è destinato a saldare tra loro queste di- * Occorre precisare subito che dell'opera molto importante di Giulio Preti, Praxis ed empirismo, qui si prendono in considerazione soltanto alcuni temi d'assieme i quali spesso vengono discussi in un contesto assai piu generico che non siano le analisi teoriche sottili e penetranti di quel lavoro. Le critiche eventuali talora sembrano cosi rivolte piu a una determinata lettura delle pagine di Preti che al filosofo stesso. Ma solo cosi mi è stato possibile partecipare alla discussione con una certa disinvoltura e senza il complesso della recensione. Il che andava detto a parziale scusa del mio discorso e, soprattutto, per riguardo doveroso all'opera che - bene o male - discuteremo. Bibliotecà Gino Bianco

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