Passato e Presente - anno I - n. 4 - lug.-ago. 1958

Antonio Giolitti . corso alla violenza da parte della borghesia, e in questa p,rospettiva puntava sulla dittatura del proletariato attraverso il movimento rivoluzionario di massa. Non si dica che è ingeneroso sollevare simili questioni oggi, mentre il Partito comunista francese sta sostenendo una durissima prova ed emerge al confronto degli altri partiti per la fermezza compatta della sua opposizione a De Gaulle. Siamo pronti a riconoscere questi titoli di merito, dei quali d'altronde eravamo ben certi, cosf come siamo convinti che senza l'appo_rto di quel partito nessuna prospettiva democratica e socialista potrà nuovamente aprirsi per il popolo francese. Proprio per queste ragioni non possiamo rinviare quelle domande. I problemi posti dalla crisi francese sono troppo seri e sono troppo nostri perché possiamo lasciarci inibire da scrupoli di non ingerenza o da carità di partito. Proprio questo è il momento non di esaltare la fedeltà ai dogmi, ma di ricordare che « il rischio piu grave che un partito comunista possa correre ci sembra sia quello di starsene legato a certe affermazioni di principio, piu o meno bene intese, e di non avere politica alcuna)), come faceva osservare Palmiro Togliatti ( « Rinascita)), dicembre 1956) a Roger Garaudy. Nelle tesi che questi sosteneva mi sembra che si possa trovare in nuce la risposta alle nostre domande. Garaudy esprimeva il timore che « l'accento posto sulla Costituzione e sulle riforme di struttura )> rischi « di relegare in secondo piano altri obbiettivi, in particolare le lotte rivendicative, e perfino di sfumare le prospettive >) (ivi); affermava che lo stato borghese è « nelle mani del. nemico di classe e funziona al suo servizio >) e che occorre suscitare un « movimento rivoluzionario di massa ... in una lotta contro il capitalismo che renda evidente la legge di impoverimento assoluto e relativo della classe operaia, e che dia coscienza ai lavoratori che questa legge non finirà che con la fine del capitalismo stesso>>.Una classe operaia cosi orientata non· sarà facilmente disposta a insorgere contro un colpo di stato che per essa rappresenta semplicemente una modificazione nella forma della dittatura borghese; non si sentirà impegnata a difendere uno stato e un regime che considera nemici; non sarà in condizione di passare al contrattacco opponendo la violenza rivoluzionaria alla violenza reazionaria, dato che è quest'ultima ad aver~ l'iniziativa, e ce l'ha proprio. perché la classe operaia si trovava in uno stato di passività e di demoralizzazione che non si supera d'un tratto con un appello alla resistenza. L'ipotesi della violenza reazionaria come occasione storica per l'insta~razione della dittatura del proletariato si rivela perciò assolutamente infondata anche alla prova della pratica, come doveva risultare ovvio al lume del ragionamento, sol che si fosse osservato come sia contraddittorio prevedere uno slancio e una vittoria delle forze rivoluzionarie in un momento in cui sono le forze reazionarie che sfruttano una situazione ad esse favorevole. Ma piu che da una previsione errata, a questa impasse il P.C.F. è stato condotto dalla duplicità della sua linea politica, che balza evidente in Biblioteca Gino Bianco

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