Giuseppe Carbone Grande progresso costituisce anche sotto questo riguardo il piu recente saggio del Valeri 1 che è quanto di piu maturo e penetrante la storiografia italiana s~a venuta producendo in questi ultimi anni sulla crisi del dopoguerra e le origini del fascismo. Ne risulta disegnato con sobrietà, efficacia e straordinaria capacità di sintesi un quadro vivo e completo, in cui tutti i passaggi i momenti e i nessi essenziali sono colti con un intuito cosf felice e con una cos1apparente facilità che tutto quanto <li oscuro, faticoso e confuso occupa la storia di quegli anni sembra risolversi e come distendersi nella fluidità e nell'equilibrio della sua ricostruzione, fatta di tagli e di squarci che fissano nodi di problemi, che traggono luci e ombre dal quadro, che illuminano apporti e concorsi mal noti o travisati o non correttamente apprezzati. Innanzitutto il Valeri sa cogliere il carattere nient' affatto di equilibrio della stessa età giolittiana, che non aveva rappresentato un punto di approdo, bens1 un momento di passaggio, e nella quale individua con sicurezza i fermenti dinamici e contraddittori che esploderanno con la guerra e nel dopoguerra: In realtà, proprio in quegli anni che segnavano l'acme della potenza di Giolitti, compresi fra il 1903 e il 1913, nel famoso decennio felice... proprio allora, al fondo di quella civilissima illusione, stavano disegnandosi le prime avvisaglie del nazionalismo, l'inquieta situazione balcanica che precedette e seguf l'impresa libica, il progressivo irrigidirsi del socialismo, passato, nella nuova temperie, da una forma di collaborazione e di umanitarismo, a una fase di intransigenza rivoluzionaria e di violenza, non priva, essa pure, di una _patina torbida ... In realtà Giolitti non riusciva ormai a dominare la situazione, nonostante la sua straordinaria abilità polemica, perché la corrente storica aveva mutato direzione, e il paese non viveva in temperie giolittiàna fin da quando il breve idillio dei primi anni del secolo tra borghesia illuminata e proletariato organizzato si era rotto per cedere il posto a una nuova o rinnovata intransigenza che si era fatta via via piu rigida sia da parte degli industriali, che, premuti dalla concorrenza feroce dei paesi capitalistici meglio attrezzati, come la Francia e l'Inghilterra, non erano in grado di reggere alle r~chieste di aumento dei salari, sia da parte dei lavoratori, i quali, divenuti una forza consapevole e organica, non potevano piu credere sul serio che il famoso uovo della rivoluzione proletaria (secondo l'immagine 1 NINO VALERI, Da Giolitti a Mussolini. Momenti della crisi del liberalismo Firenze 1956. ' Biblioteca Gino Bianco
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