Passato e Presente - anno I - n. 4 - lug.-ago. 1958

Franco Fergnani problema. È. certo altresi che; in nome di un umanismo della prassi, la consapevolezza filosofica deve impedire che l'aspirazione a cogliere un « senso>> assoluto e fondante ci distolga dall'opera concreta e quotidiana dei conferimenti di senso -in cui consiste la nostra storicità. Ma non vorremmo che la surriferita dichiarazione di inutilità valesse come un liquidatorio giudizio di disvalore, tale da ricacciare quelle domande e quelle aspirazioni nella sfera dell'eccentrico o del patologico. Ciò sarebbe far torto alla complessità dell'umano che ne risulterebbe impoverito e appiattito, tanto è vero che la nostra quotidiana Sinngebung risulterà tanto piu pienamente umana, tanto piu ricca di universalità quanto piu sarà nutrita dalla consapevolezza, continuament,e rinnovata, d'essere l'unica soluzione plausibile al problema metafisico del « senso della vita >>.Qui l'unica terapia di cui abbia senso parlare è una terapia che non ambisce ad un'eliminazione definitiva del «male)); una terapia filosofica in cui i medici non hanno nulla da fare, in cui la scienza in genere, e quella medica e psichiatrica in specie, non ha parole compete.pti da dire. In conclusione, le nostre riserve di fronte al « giacobinismo >>pretiano sul problema scienza-religione, sono di duplice ordine: da un lato ci sembra che una posizione polemica, ben comprensibile nell'ambito della cultura italiana d'oggi ma trasferita con troppa immediatezza sul piano teorico, abbia favorito una contrapposizione rigida e non sufficientemente problematizzata nello spirito di un radicalismo di impronta positivistica; dall'altro, crediamo di poter scorgere dietro tale intransigenza la tendenza illuministica a celebrare nel sapere scientifico e nella diffusione della mentalità che gli corrisponde la forza protagonista del rinnovamento civile, spirituale e istituzionale, lasciando in ombra - con un difetto di stor1c1smo già ad altri rimproverato da Preti stesso - la condizionalità sociale di quella pedagogica dem9nicità. , 2) Quest'ultima osservazione ci conduce a proporre qualche elemento di discussio!}e intorno al tema conclusivo del libro, concernente la « missione >> del filosofo nel quadro del rapporto fra cultura e società. Le ultime pagine si riportano in certo senso alle prime, ribadendo quell'istanza di cultura democratica non esoterica, basata sulla persuasione razionale e la pubblica verificazione, che era stata affermata e illustrata nel primo capitolo. Non ci sembra però che il circolo si saldi in modo adeguato e che nell'epilogo sia contenuta la conclusione tecnico-politica della premessa programmatica. Il senso della nostra perplessità può compendiarsi ed esprimersi in questa domanda : sarà il filosofo - nei riguardi dello spirito oggettivo - solo assertore e proponitore di un ethos? Redigerà il testo del messaggio di rinnovamento affidandolo ad un pubblico generico (l'umanità) e considerando estraneo al proprio compito il problema del suo accoglimento, il problema cioè delle possibilità e modalità concrete del suo attuarsi? Cadrebbero in BibliotecaGino Bianco

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