Praxis ed empirismo 439 il marxismo ortodosso, allorché in piena coerenza e non senza una certa forza di argomentazione (1na con una semplificazione grossolana del fenomeno religioso) ne predice l'inarrestabile deperimento e l'estinzione sulla base del trinon1io: abolizione dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo; econo1nia pianificata; diffusione dello spirito scientifico. Ciò che differenzia l'orientamento· prevalente in queste pagine di Praxis ed Empirismo dal punto di vista fedel-marxista, è l'insistere da parte di quest'ultimo sulla necessità del rovesciamento delle strutture, mentre il discorso di Preti risulta piuttosto evasivo in proposito. Ma vi è ancora un lato della questione che vorremmo porre in risalto. Leggendo Preti si ha l'impressione - usiamo questo termine perché non ricaviamo dal testo elementi sufficienti per un giudizio sicuro - che il ripudio della mentalità magico-religiosa arretrante davanti all'incalzare della mentalità tecnico-scientifica, venga esteso a quella tematica esistenziale, con forte carica emotiva, che nasce dalla autoproblematizzazione dell'uom.o in relazione al suo essere nel mondo, al suo destino personale, al senso della vita. Ora ci sembrerebbe davvero troppo sbrigativo e semplificatore il presumere che la progressiva artificializzazione dell'ambiente e quindi l'instaurazione di un sempre piu vasto regnum hominis possa eliminare ed elimini di fatto la tendenza a cercare o a cogliere o a presupporre garanzie e giustificazioni « totali >> che ci rassicurino contro la precarietà e la gratuità del1 'esistere. A nostro avviso un equilibrato criticismo neo-illuminista dovrà mettere in -chiaro l'assenza di senso e la improponibilità logica di tale tematica con le sue eterne domande di sapore escatologico e l'improduttività dell'indugiarsi in essa, ma non pretenderà per questo o di ·relegarla fra le nevrosi o di profetarne la infallibile elisione, pena il convertirsi in un intollerante dogmatismo dei lumi. · Preti scrive con molta lucidità: « È inutile chiedersi quale sia il senso della vita, o, in generale, se la vita abbia un senso: perché la vita ha un senso solo se noi vogliamo darglielo e siamo capaci di darglielo - e ha quel senso che noi le vogliamo dare. Anche qui l'uomo è l'essere che fa se stesso» (p. 242). Siamo perfettamente d'açcordo: solo osserviamo che - utile o inutile che sia - l'uomo è indotto a porsi quella domanda 1 • La sua complessa umanità sta proprio, diremmo, nel mettere sul tappeto la domanda (esigenza metafisica o metafisico-religiosa) e nel criticarla (esigenza filosofica) lumeggiando l'impossibilità di principio di dare risposte significanti: in questo senso, ma solo in questo, riteniamo _accettabilela tesi wittgensteiniana affermante che la soluzione del problema della vita è la negazione di questo 1 Si badi che, così dicendo, non intendiamo affatto ipostatizzare una « natura umana>> soggiacente al flusso storico, ma solo mettere in rilievo una persistente metafisicità esistenzialç rispetto alla serie storicamente determinata delle metafisiche positive. Biblioteca Gino Bianco
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