Praxis ed empirismo 433 vicoli ciechi: il realismo materialistico o il percezionismo paleo-empirista e fenomenista. Stabilendo la gerarchia dei livelli linguistici, dal linguaggio ideal-perfetto al linguaggio comune (L3 ), Preti definisce quest'ultimo come il livello linguistico zero portante su « fatti extralinguistici >>(formula accettabile, questa, solo se interpretata e intesa come concetto-limite), ma di fronte all'esigenza di determinare che cosa si debba intendere per questo « portare su fatti extralinguistici », evita esplicitamente di lasciarsi irretire nell'alternativa, insistendo sul carattere di evidenza pragmatica proprio del realismo di senso comune, realismo su,i generis irriducibile sia all'uno che all'altro corno del dilemma. L'immediatismo di questa evidenza pragmatica è qualcosa, se non ci inganniamo, che sta fra la «vecchia>> intuizione sensibile e il piano degli usi e delle fruizioni quotidiane caratterizzato dalla dimensione del «qualitativo», di cui parla Dewey in un capitolo fondamentale · della sua Logica. Preti chiarisce molto bene, rinnovando in Praxis ed Emp1:rismo tesi già sostenute in altri scritti, che il realismo del senso comune è realismo pragmatico e non realismo filosofico-metafisico che antologizza i fatti vissuti traducendoli in enti. Ampliando l'accezione pretiana di realismo pragmatico, potremmo definire quest'ultimo come accettazione e affermazione della res in quanto è o può essere adoperata, in quanto rientrai in una dimensione preriflessiva, ne~ progetto mio e di altri. Poiché il « dato >> è qui assunto a livello immediatamente umano, nell'ambito degli interessi e dei bisogni umani, questo inconfutabile realismo allo stato brado resta innocenttmente al di qua di ogni controversia filosofica e non ha niente a che vedere con il confutabile realismo ontologico. 6) A questo punto ci sembrano non inutili due considerazioni o precisazioni che sono collegate tra loro piu di quanto non possa sembrare a prima vista. La prima è che se la posizione del filosofo, in quanto uomo, non può non essere quel\a del realismo di senso comune, la posizione dell'uomo in quanto filosofo dovrà essere una sorta di « negazione della negazione», e cioè 12. coscienza critico-riflessa della improponibilità filosofica positiva· della questione dell'esistenza del mondo esterno,_positivamente proponibile invece e da studiarsi con gran cura sul piano psicologico, sociologico ecc. Non si tratta dunque - per maggior esattezza - di far coincidere la natura con l'ambiente o di asserire che « la natura è (sottolineatura nostra)·l'insieme delle cose di cui ci facciamo qualcosa >> 1 , perché in tal modo si finirebbe col cadere, per ansia di affermazione umanistica, da una inverificabilità in un'altra; anzi è da osservare che, sia il risolvere la natura in sfondo ecologiço dell'attività umana sia il dichiararne la sussi_stenza in sé,. sia raffermare che l'esse non est percipi 1 La frase è di ALBERTO PALA: La logica di l Dewey, Università - Cagliari, 1957, p. -164. . . BibliotecaGino Bianco /
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