Passato e Presente - anno I - n. 4 - lug.-ago. 1958

Franco Fergn'ani cazione, pongono al tempo stesso l'esigenza di giustificare l'assunzione di esso in quanto regola di metodo. « Quando l'empirista logico dice: considera privi di senso tutti quei sistemi concettuali che non ammettono (o immediatamente, o per interpretazione o almeno per corrispondenza, o in tutto o almeno nelle conseguenze) una verifica empirica, egli enuncia un imperativo (una proposta, un invito) che come tale non è né vero né falso>>. Cosf Preti (p. 42) Ora, come fondare quell'imperativo? Come disperdere il sospetto, o l'obiezione, di gratuità? La risposta è chiara: non c'è da invocare nessuna fondazione assoluta che pretenda di porsi su di un piano di evidenza razionale intuitiva, ma solo da richiamare l'interlocutore al riconoscimento del fatto empirico che « tutte le volte che si sono presentati sistemi concettuali che non ammettevano una verifica empirica, non è stato possibile decidere fra di essi, ed ognuno ha continuato ad avere in ugual numero partigiani e avversari, altrettanto ragionevoli gli uni e gli altri ». Noi concluderemmo aggiungendo che l'anapoditticità del principio si risolve dunque sul piano della prassi, cioè sul piano dei risultati, in base al comprovato « vantaggio >>che l'adozione di quella regola di metodo comporta. Essa ci consente infatti di evitare sterili logomachie, dando pieno diritto di cittadinanza nella sfera della razionalità solo a tecniche, schemi, modelli, idee regolative che controllabilmente operano e sistemano: quindi promuove il regnum hominis; funge da canone di economia logica rinnovando l'antica funzione del rasoio d'Occam; colpisce le radici teoretiche di ogni dogmatismo autoritario appellantesi a visioni privilegiate, rendendo possibile una libera « contrattualità >>della cultura. Recensendo su « Methodos >>(n. 33-34, 1957) il libro di Preti, Paolo Pacchi rileva un'oscillazione nel testo circa il significato attribuito al principio di verificazione in rapporto al triplice modo di aver senso (fattuale, sintattico, semantico) che Preti stesso distingue. Esaurisce quel principio l 'av~r senso in generale, op·pure decide d:el « senso fattuale >> soltanto, nel qual caso si potrebbe pensare che un discorso può avere senso sintattico o semantico anche se non rispetta il principio di verificazione? Noi crediamo di poter ritenere piu apparenti che reali le divergenze notate, intendendo nel senso piu estensivo il principio di verificazione come comprendente sia la cosiddetta verificazione logica sia la cosiddetta verificazione fattuale, a condizione però che l'aver senso nel-sistema-del-discorso non venga chiuso in una formalistica autonomia e che il suo controllo si appoggi, in ultima e decisiva istanza, al controllo e alla misura dell'avei; senso a livello empirico-fattuale. L'aver senso sintattico, in altri termini, potrà essere considerato condizione necessaria ma non sufficiente dell'aver senso in genei~eali di ragionevolezza e persuasività empirica che la storia, finora, mostra sufficientemente attuati in quelle forme di discorso che si sogliono senza contestazione chiamare scientifiche >>. Biblioteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==