Passato e Presente - anno I - n. 3 - mag.-giu. 1958

34° C. P. al discorso di Fanfani a Trento: e che pena vedere Sturzo, il «sacrificato>> del 1923, assumere sul « Giornale d'Italia>> posizioni piu sanfediste dell'integralista Fanfani!) e, anche in ritardo e con ovvia cautela, dalle stesse autorità ecclesiastiche, dimostra come il rischio di isolamento sia stato avvertito dai dirigenti democristiani che, timorosi di vedersi trascinare troppo lontano dalle campane del cardinal Lercaro, hanno dovuto timidamente portare in campo l'argomento della distinzione della Chiesa dallo Stato. A questo punto il discorso necessariamente si allarga, e investe tutto il campo dei rapporti coi cattolici, nella vita civile, nel costume, nei problemi ideali: campo piu vasto, piu difficile, piu impegnativo, ma al quale è illusione pensare di potersi sottrarre in un paese come l'Italia controriformista, sede del papato, e coi cattolici al potere. Già in qualche commento, come quello di Salvatorelli sulla « Stampa >> è stata richiamata l'attenzione sul valore della sentenza di Firenze come appello a un costume di piu tollerante convivenza, in virtu del quale i citta~ clini· non scendano nelle strade insultandosi a motivo delle loro contrastanti convinzioni religiose e dei loro qiversi comportamenti nella vita privata. E certo, un invito alla tolleranza scaturisce molto chiaro dall'episodio di Prato; ma ne nasce anche il problema del significato e delle condizioni della conquista e della difesa di essa. Ora, ci sembra che le forze laiche il clima di tolleranza potranno realizzarlo soltanto se a viso aperto, senza complessi di inferiorità, senza timidezze, senza paura di ·« scandalizzare i fedeli >>, senza diplomatiche autocensure, sapranno affermare i propri princip1, anche quando essi urtano contro quelli della Chiesa, e sapranno di conseguenza favorire e stimolare quella certa, se pur timida, ventata di liberalizzione che ha investito il costume italiano nel dopoguerra e che non è pensabile si dispieghi in tutta la sua potenziale portata senza entrare in contatto o urto con alcuni dei .piu radicati aspetti della tradizione cattolica italiana. La tolleranza si crea educando ·cittadini liberi, non dando via libera, per malinteso desiderio di « pace delle coscienze >>,agli intolleranti e ai fanatici; si crea suscitando quelle forze operanti nella società civile che, come hanno fatto cadere nel ridicolo le campane a morto del cardinal Lercaro, cosi costituiranno sempre l'humus necessario perché le stesse operazioni politiche della sinistra non cadano nel vuoto o non si risolvano in compromessi. Significa ciò desiderio di suscitare la « guerra di religione >>? Infinite volte comunisti e socialisti hanno messo in guardia contro questo pericolo; e non si vede chi potrebbe contestare la fondamentale saggezza di tale posizione, divenuta una corrente parola d'ordine. In effetti, all'obbiettivo di moderna democrazia verso cui ci muoviamo è intrinseca una lotta politica che sia integralmente e genuinamente tale, e non scontro di fanatismi religiosi, non crociata. È infatti caratteristica della arretratezza italiana l'incapacità a condurre una lotta politica che non sia guerra di princip1 metafisici; ma è anche caratteristica italiana, a quella prima connessa, avere al governo un Biblioteca Gino Bianco • .

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