Passato e Presente - anno I - n. 3 - mag.-giu. 1958

C. P. democristiano del potere, cooperando in ogni modo a rafforzarlo. D'altra parte, non è nostro compito discutere i motivi di fondo che indussero i gruppi dominanti della borghesia italiana, dopo la caduta del fascismo, a compiere la scelta fondamentale a favore della democrazia cristiana e, piu su, della Chiesa e del suo potente apparato. Di fronte a tale scelta, che ha in cos1 larga parte determinato il corso della recente vita politica italiana, sarebbe ovviamente ingenua e velleitaria una presa di posizione su un piano puramente ideologico e di principio, quasi che la solenne riaffermazione dei postulati fondamentali del moderno Stato di diritto, laico e razionalista, potesse costituire argine efficiente e formula sicura di mobilitazione politica. Ci sembra, in verità, piu realistico, in attesa di tempi migliori, che non verranno ovviamente se non saremo in grado di prepararli, esaminare quali siano i margini che l'attuale regime concordatario lascia all'azione delle forze laiche. I patti lateranensi (oggi si discute soprattutto del concordato, e non a torto; ma bisogna ricordarsi altres1 del trattato, e non solo perché pure in esso,· come ad esempio nell'articolo 1 che riafferma essere la religione cattolica apostolica romana la sola religione dello Stato, sono contenute norme che riguardano la vita interna dello Stato italiano, ma anche perché Pio XI ebbe solennemente ad affermare che trattato e concordato insieme staranno o insieme cadranno), i patti lateranensi, dunque, sono una delle tante eredità fasciste che la nuova 1democrazia ha dovuto accollarsi, dati i rapporti di _forza esistenti dopo la Liberazione. Di essa, forse, -non sarebbe stata in grado di sbarazzarsi nemmeno se i comunisti· non avessero votato a favore del1'art. 7 della Costituzione, per un'errata concezione politica determinata, fra l'altro, dalla illusoria prospettiva della conquista del potere a scadenza piu o meno breve, che comunque non pare il caso di continuare a teorizzare come l'inizio di una nuova « politica ecclesiastica » socialista, come vorrebbe « Rinascita» (1958, pp.· 81-83). Strumento di quella «pace>> fra Stato e Chiesa in funzione conservatrice e antisocialista le cui lontane premesse erano state poste dal patto Gentiloni, i patti avevano segnato _la << fine della questione romana>> con l'abdicazione da parte dello Stato italiano a posizioni fondamentali della tradizione laica e risorgimentale. Avevano anche costituito, da parte della Chiesa, il riconoscimento dello Stato unitario, sia pure sub specie fascista; e di ciò, come è noto, Mussolini menò gran vanto rivendicando, contemporaneamente, di non avere affatto capitolato di fronte a quella dottrina del potere indiretto della Chiesa sullo Stato che per la Chiesa è la sola vera, e secondo la quale i concordati possono risolvere unicamente le questioni che sorgono nelle cosidette materie miste. Quale delle due parti abbia piu guadagnato nel contratto è questione che non può risolversi in astratto, solo in virtu di una esegesi degli articoli dei patti, ma va vista storicamente, in base ai rapporti di forza e a_llequalificazioni politiche e co-- stituzionali dello Stato che si trova a fronteggiare la Chiesa. La interpretazione e l'applicazione che dei patti lateranensi faceva lo Biblioteca Gino Bianco

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