Praxis ed empirismo postutto, non poté_(e nel suo caso non per sua colpa) venire in contatto con le fonti piu vive e moderne della cultura, proprio in questa provincialissima . Italia tra la guerra e il fascismo, imbevuta di idealismo teologizzante, di cultura astratta e libresca. Egli ebbe certamente acutissima percezione del valore e del significato di certe correnti che anche in Italia tentavano di rinnovare veramente l'impostazione metodologica di tutta la ricerca -filosofico-scientifica (si rammenti il suo apprezzamento di Vailati, anche se non sviluppato che in brevissime note); ma non ebbe i mezzi con i quali uscire dall'orbita di una sorta di crociano-marxismo. Di questa insufficienza radicale dello stesso pensiero gramsciano di fronte alle esigenze che oggi si pongono a quanti intendano contribuire allo sviluppo di un 1naterìa1ismo storico capace di stare all'altezza del piu progredito pensiero filosofico-scientifico mondiale, può essere testin1onianza indicativa, fra l'altro, l'atteggiamento che, sulla scia di Croce e di Labriola, Gramsci assunse nei riguardi del positivismo, che, con tutti i difttti dei quali nessuno può negare la gravità, costituiva un'istanza di valorizzazione dell'opera concretamente progressiva e sociale della scienza. Né d altra parte si puo accettare la soltanto parziale rivalutazione dell'illun11nis1110 che Gramsci veniva facendo contro la sistematica denigrazione lrociana. Si che s~mpre meno adeguata appare la forn1ula della ritraduzione dello storicismo videalistico crociano nel linguaggio della filosofia della prassi : ché di ben altro si tratta: cioè di sgomberare il terreno da quello che ne Ile sue strutture fondamentali e, checché ne dicano i neo-crociani d'oggi, anche nelle sue applicazioni pratiche, è stato uno pseudo-storicismo adatto, nel migliore dei casi, a costruire una metodologia della storiografia, ma non a studiare la storia come prassi e a guidare l'azione politica. 5. - Eppure, in tutto questo quaràntennio di «alienazione>> della cultura italiana, qualche voce, per lo piu isolata, poco nota ai piu, si è fatta sentire. Peana, Vailati, Calderonì, J uvalta, con molti limiti ed equivoci Enriques, per non fare che pochi riami; e in seguito altri che, con maggiore o minore consapevolezza, proprio durante il quarantennio della « dittatura dell'idealismo ))' tentarono di sviluppare originalmente una cultura moderna, o di introdurre in Italia, con orig~nali sviluppi, alcuni degli aspetti piu moderni e scientifici della cultura mondiale. I semi da essi gettati maturarono, se non copiosi, certo in quantità non trascurabile, nel secondo dopoguerra. In un certo senso si può dire che un terzo gruppo di intellettuali progressisti· si è venuto costituendo, fino al punto da delineare un orientamento di cultura <l neo-illuministica))' esteso per tutta una gamma di sfumature o differenze anc~e rilevanti, che costituisce quanto effettivamente· di piu moderno e scientifico, e quindi democratico, sia stato prodotto nella cultura filosofica italiana di oggi. Biblioteca G·ino Bianco
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