Scienza economica 1nilitante 293. l'assegnazione alla scienza economica di una finalità suscettibile di feticizzazione: e il lavoro, in quanto riducibile al prodotto del lavoro (come potrà misurarsi la forza prodùttiva del lavoro se non in termini di prodotto?), ridiviene un feticcio, rende di nu_ovo incomprensibile la scienza economica e riapre il dissidio fra econot?ia e politica che appunto si proponeva di colmare. Forse la sostituzione del concetto di « sviluppo della forza produttiva dei lavoratori >>a quello di « sviluppo della forza produttiva del lavoro>> potrebbe permettere di riprendere la proposta avanzata nell'artie:olo di Giolitti, purché sia chiaro che le due formule sono solo foneticamente assonanti. Per quanto sia indispensabile muoversi con estren1a prudenza su questo terreno che è terreno minato, mi par dunque di vedere che qualsiasi tentativo di definire la finalità della scienza economica, che prescinda dal concetto di alienazione, è condannato alla sterilità. L'immenso merito di Marx è di aver denunciato l'alienazione dell'uomo nèi feticci e di averne svelato il processo: da allora ogni obiettivismo di carattere scientista è interdetto a chi, nella critica alla scienza economica, parta dalla contestazione della legittimità dell'assunzione, come proprio modello, -delle scienze naturali, e perciò dalla contestazione della assunzione delle strutture sociali quali parametri anziché quali variabili indipendenti. E che ciò sia vero parrebbe confermato dalla notoria incomprensibilità del concetto marxiano di lavoro socialmente necessario per l'economista puro, come per il filosofo puro, finchè essi non siano passati attraverso la critica della alienazione. Mi rendo perfettamente conto del pericolo insito in tal sorta di ragionamento: l'introduzione di giudizi di valore a priori, con la connessa sostituzione del « dover essere >>all' « essere >>.Al limite, la subordinazione dell'economia all'etica. Senonché i giudizi di valore, impliciti o espliciti, non sono eliminabili da una scienza che in definitiva ha per oggetto l'uomo e non le cose (e finché intenda avere per oggetto l'uomo e non le cose). E se la diffidenza verso i giudizi di valore è fin troppo giustificata, special1nente in Italia dopo le sbornie ~orporativìste, tuttavia essa si dissolve quando il ricorso a giudizi di valore sia presidiato da una critica irriducibile a qualunque genere di moralismo. Da una critica cioè che assuma i valori non come preesistenti alle azioni (in che· consiste il Biblioteca Gino Bianco
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