Passato e Presente - anno I - n. 3 - mag.-giu. 1958

Pasternàk e la rivoluzione Sta il fatto che, se finora abbiamo trovato rappresentata nel Dottor Zivago anche la nostra idea della realtà e non solo quella dell'autore, nel racconto del lungo soggiorno forzato tra i partigiani il libro, lungi dal1' allargarsi a un piu vasto respiro epico, si restringe al punto di vista di Zivago-Pasternàk e cala d'intensità poetica. Si può dire che fino al bellissimo viaggio da Mosca agli Urali, P. sembrava voler dar fondo a un uni verso in tutto il suo male e tutto il suo bene, rappresentare le ragioni di tutte le parti in gioco; ma di H in poi, la sua visione diventa univoca, non assomma che dati e giudizi negativi, un seguito di violenze e brutalità. All'accentuata partigianeria dell'autore, corrisponde necessariamente un'accentuata nostra partigianeria di lettori: non riusciamo piu a scindere il nostro giudizio estetico dal giudizio storico-politico. Forse P. voleva proprio questo: farci riaprire delle questioni che noi tendiamo a considerare chiuse: dico noi che abbiamo accettata come necessaria la violenza rivoluzionaria di massa della guerra civile, ma non abbiamo accettata come necessaria la direzione burocratica della società e l'imbalsamazione dell'ideologia. P. riporta il discorso sulla violenza rivoluzionaria, e sussume ad essa il successivo irrigidimento burocratico e ideologico. Contro alle piu diffuse analisi negative dello stalinismo, che partono pressapoco tutte da posizioni trozkiste o bukariniane, cioè parlano di degenerazione del sistema, P. parte dal mondo mistico-umanitario della cultura russa prerivoluzionaria 1 , per giungere a una condanna non solo del marxismo e della violenza rivoluzionaria, ma della politica come principale banco di prova dei valori dell'umanità contemporanea. Giunge, insomma, a un rifiuto di tutto che confina con un'accettazione del tutto. Il senso della sacralità della storia-natura sovrasta ogni cosa, e l'avvento della barbarie acquista (p,ur nella mirabile sobrietà dei mezzi stilistici di P .) un alone di millennio. Nell'Epilogo la lavandaia Tonja racconta la sua storia. (Ulti1no colpo da romanzo d'appendice in luce d'allegoria : è una figlia naturale di J uri guerra non lo riguardi. Ma la guerra popola quella natura della presenza degli altri, della storia: sfollati, partigiani. Anche la natura è storia e sangue, dovunque egli posi gli occhi: la sua fuga è un,illusione. Scopre che anche la sua vita di prima era storia, con le sue responsabilità, le sue colpe. Ogni caduto somiglia a chi resta e gliene chiede ragione. La partecipazione attiva dell'uomo alla storia nasce dalla necessità di dare un senso al sanguinoso cammino degli uomini. Dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo. E' in questo placare, in questo dare una ragione il vero impegno storico e civile dell'uomo. Non si può stare fuori della storia, non ci si può rifiutare di fare tutto quello che possiamo per dare un'impronta ragionevole e umana al mondo, quanto piu esso ci si configura davanti come insensato e feroce. 1 Un'analisi delle derivazioni culturali di P,, della sua continuazione d'un discorso - anzi, di molti discorsi - della cultura russa, sarebbe pur necessaria, e l'attendiamo dagli specialisti. Biblioteca Gino Bianco

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