Passato e Presente - anno I - n. 3 - mag.-giu. 1958

assato· resente 261 Estetica e marxismo: A. Guiducci 291 Scienza economicamilitante: R. Lombardi· 295 Praxis ed empirismo: E. Agazzi, R. Guiducci 325 . Robespierrismo e rivoluzione: D. Guérin, A. Soboul 3_ 16 « Guerra di religione »: C. P. 343 Elezioni alla Fiat: F. M. 349 Cogestionein Germania: E. Co/lotti 360 Note e commenti di I. Calvino, C. Cases, A. Pizzorno N. 3 - maggio-giugno 1958 Biblioteca Gino Bianco

Sommario Armanda Guiducci, Estetica _emarxismo: G. Lukdcs. Sul rapporto tra economia e politica: - Riccardo Lombardi, Scienza economicamilitante. Filosofia della prassi ed empirismo logico: - Emilio Agazzi, Introduzione al problema. • - Roberto Guiducci, Partecipazione scientifica. Daniel Guérin, Albert Soboul, Robespierrismo e rivoluzione. ' REALTA ITALIANA c.· P., « Guerra di religione». F. M., Le· elezioni aUa Fiat: elem~nti di ripresa e problemi aperti. MONDO CONTEMPORANEO Enzò Collottt, L'esperienza deUacogestioneneUaGermania occidentale. NOTE E COMMENTI Pasternàk e la rivoluzione (Italo Calvino). Storia di un cane (Cesare Cases). _ Un'iniziativa per l'organizzazione deUacultura: l'Associazione italia1:a di scienze sociali (Alessandro Pizzorno ). SEGNALAZIONI a cura di Eligio Vitale, Gastone Manacorda, Lucio Montanaro, Nicola Montanaro, Gino Zucchini, Rocco Musolino, Wertlìer Romani. · Redazioni BOLOGNA - Via Mezzofanti, 1 - Tel. 47.405. MILANO - Via Calatafimi 12 - Tel. 85.73.80. ROMA - Via Uffici del Vicario 49 - Tel. 68. 19.86. Amministrazione TORINO - Via XX settembre 16. Segreteria di Redazione presso la Reqazione romana. , Abbonamenti Annuale L. 2400 (Italia). L. 4000 (Estero). Sostenitore L. 10000 (sul c.c.p. 2/15265). Un fascicolo L. 500. Direttore responsabile Carlo Ripa di Meana. Biblioteca Gino Bianco

• • / ESTETICA E MARXISMO: G. LUKACS 1. - L'occhio su Lukacs, in questo scritto, sarà diretto sulla sua opera in riferimento alla crisi, innegabile, del marxismo ufficiale. Una crisi che, siano persuasi, il marxismo potrà superare se, rompendo la sua attuale impasse, avrà saputo guadagnare ai punti la difficile gara ~on le metodologie in corso nella ricerca contemporanea, nelle scienze naturali e sociali, nella filosofia, nell'estetica stessa. Altro punto per un riferimento critico sarà l'esigenza, altrettanto innegabile, di una cultura profondamente democratica. La democraticità della critica artistica, lo hanno dimostrato i fatti, non può consistere nel militare al servizio di un qualunque partito politico che si profèssi democratico. Non è una medaglia in piu sul petto di una autorità. Oggi essa _non può consistere che in un atteggiamento pregiudicato da ·un solo intento : una cultura da costruirsi; accessibile e partecipa .. bile e controllabile da ·una maggioranza cui venga restituito ciò che l'astuta pietà autocratica vorrebbe togliere, il diritto, diretto e faticoso, della responsabilità. E questo non è· che marxismo: è l'universalità cultural~ astratta che tende ·a realizzarsi seriamente, dal basso, come universalità concreta. La critica di ogni fatto culturale, e quindi anche dell'arte, occorre viverla .nella prospettiva di una grande partecipazione collettiva. Ma perché la critica riesca per davvero un servizio di utilità pubblica, non _è la: democraticità dei contenuti che soltanto conti, e neppure basta l'eticità dei finì. Qccorre che democratico sia il suo procedimento. La funzione pubblica pili urgente cui essa è chiamata è che il suo procedimento si~ esso stesso liberatorio dei superstiti « idola vulgi » del nostro tempo - in prima linea della mentalità metafisica, che è la mentalità dell' « incontrollabile » e, quindi, dell'incontrovertibile. · 2. Doppia lettura di Lukdcs. - Viviamo ora, in Europa, una situazione, se vogliamo, di spreco delle difficoltà. L'immobilismo politico ci concede il relativo lusso di rifare conti culturali, tenendo cura di nuovi addendi. L'immobilità delle altre prospettive, chiamiamole orientali, 17 Biblioteca Gino Bianco

• Armanda Guiducci poggia su cardini piu ferrei. Avviene che si verifichi là, viceversa, dentro la povertà relativa di una unica situazione di cultura una lotta per delle difficoltà, per ottenerle, per guadagnarle; per far rimbalzare in correnti un flusso univoco e perentorio. Nell'opera di Lukacs questo sforzo è cosf potente che, a non sottolinearlo, se ne deprimerebbe lo, spessore : si mutilerebbe l'aspetto della « rappresentatività » con cui si impone a numerosissimi lettori. E' qui che comincia, a mio avviso, una doppia lettura di Lukacs. Simultaneamente oggi, ad oriente e ad occidente, Lukacs viene letto con un peso diverso, secondo le lunghezze d'onda che fa vibrare nell'atmosfera culturale e politica. La « lettura sociologica >>di L11kacspuò offrire qualche chiarimento. La forza di gravità che l'attrae sul terreno di culture come l'ungherese, o la sovietica, o la tedesco-orientale; l'urto o il rimbalzo; e l'impronta lasciata là; non sono le medesime con cui essa viene penetrando ormai per ogni successiva traduzione in società come la nostra.· · Ha (ed ha avuto) una importanza relativa che in paesi come l'Italia, appunto·, o la Francia, gli scritti di Lukacs conoscano una penetrazione parziale, toccando soprattutto un particolare strato di intellettuali, impegnati o aperti a sinistra. Sta accadendo, piuttosto, che la forza d'urto che quegli scritti liberarono contro la tradizione borghese idealistica e contro lo zdanovismo degli anni dal '4 7 in avanti, abbia rallentato singolarmente d'efficacia dopo i due eventi politici piu decisamente antimitologici del secondo dopoguerra : il XX Congresso del PCUS e la rivoluzione ungherese. La cruda forza di sbaraglio dei fatti ha liberato anc~e nella psiche quel dubbio critico che prima poteva essere liberato solo nell'intelletto. Oggi noi siamo (per lo n1eno: la massima parte degli intellettuali marxisti lo è in Italia) al di là dello zdanovismo, cioè della dimensione obbligata di cultura dell'età staliniana - che persiste tuttavia nel post-stalinismo di molti paesi socialisti. Noi siamo .passati•al di là anche- della fase della resistenza allo zdanovismo, della fronda staliniana, di tutte le complicazioni ideologiche provocate da questa omertà morale. Negli anni della guerra fredda quest'omertà poté essere ancora un serio trauma della coscienza; ma dopo il dramma dei rosso e del nero ungherese essa ha perduto ogni ruolo critico. L'umanesimo di Lukacs, le sue richieste degli anni '40 (del Karl Marx und ·Friedrich Engels Literaturhistoriker), le sue speranze, persino la piu fieramente escatologica di una restituzione dell'uomo a « uomo totale>> anche attraverso un'arte non piu alienata; ma soprattutto quel s· lioteca Gino Bianco

, Estetica e marxismo suo prendere a misura di una realtà nuova l'uomo moralmente e socialmente rinnovato delle società nate dalla rivoluzione, furono linee ad alta tensione lungo le quali la sua opera vibrò da noi, nel passato, come oggi non è possibile piu. Noi toglievamo quelle speranze a ~onferma della nostra fiducia in una seria, piena e risolta maturità dell'uol?o nel socialismo realizzato. Ed esse coronavano, insomma, con una prospettiva di « nobiltà dello spirito >> alla fine anche lo stalinismo, anche lo zdanovismo sui quali convergevano strettamente quegli anni. Lukacs aveva avvallato quella prospettiva non volgarmente; nonostante pagine - vistose di retorica sulla grandezza dei « capi >>, la manovra, piu sottile, era quella della sua enfasi sincera. Il « tono >> delle sue pagine era quello di un messaggio che un uomo libero da una civiltà nuova e. impetuosa inviava agli ultimi barbari di una grande decadenza ... Alla prova dei fatti, quale avvenne due autunni or sono in Ungheria·,. l'umanesimo di Lukacs, coinvolto nelle sequenze drammatiche della rivoluzione e della restaurazione, ha rivelato la sua astratta grandiosità, il suo generoso volontarismo. Con la sua influenza sugli intellettuali del paese ha mostrato di quale consistenza, etica e pedagogica, fosse la sua forza di spinta, durante gli inizi « petofiani », cioè morali e intellettuali, della insurrezione. Ma anche ha rivelato la sua astrattezza, il suo limite di idealismo e quasi di utopia nel drammatico finale kadariano. Il messaggio di Lukacs, voglio dire, apparve scritto, una volta ancora, su una bandiera. Issandola, gli ungheresi ce lo hanno ·mostrato. In base a una terribile crudezza abbiamo potuto misurare lo scarto fra le idealità lukacsiane e la realtà armata del « materialismo dialettico >>: semplicemente due incommensurabili. Non apparendoci piu come i portati di un'intera civiltà socialista senza distinzioni nazionalistiche, gli ideali umanistici di Lukacs hanno mostrato disincarnata la loro na_tura di « dover essere >> - quel « deve essere » che investe di perentoria moralità e di categorica violenza l'atteggiamento nei confronti dell'arte - e anche il loro dolente ceppo genealogico: ideali usciti da un particolare travaglio di cultura nazionale,. macerati dentro un particolare « tipo >> di ~ocialismo, subalterno e oppresso, dentro una « intellighentja >> allenata da secoli a una funzione di resistenza liberale. Dal suo plafond di cultura, quello materialista dialettico di tipo sovietico, apparentemente universalistico, 1'opera di Lukacs si è dunque distaccata per noi con un piglio ancora piu aristocratico e solitario di quanto poté colpirci nel passato. Se ne è accentuato il carattere dell'individualità, ma anche dell'eccezionalità, della Biblioteca Gino Bianco

Armanda Guiducci solitudine intellettuale. (Questo accade se noi leggiamo Lukacs, o Pa- ~ternak. Essi non parlano con una società, ma nonostante quella società). Un'opera di tensione tanto volontaristica acquista una piena funzionalità ed esercita una piena efficacia in un contesto sociale quando questo abbisogna di quel tipo di spinta, e questa gli sia veramente preziosa e necessaria. Per questa ragione, nonostante la sua disgrazia .ufficiale, l'opera di Lukacs ha certamente non perduto, ma guadagnato .d~effìcacianella Budapest della restaurazione. La sua tensione volonta- -ristica è oggi in funzione di resistenza antikadariana come lo fu ieri contro il rakosismo. Basta scuotere dalla cronaca le ultime notizie : leggervi ~he la difesa dello zdanovismo e del realisn10 socialista da « attacchi revisionistici )) è tornato sullo scudo (di duro cuoio rakosiano) di Joszef Revai; basta non ignorare di Revai qualche precedente biografico : ex discepolo di Lukacs, transft1ga nello zdanovismo, principale accusatore del maestro a manforte di Rudas (ai tempi in cui, imputato di « cosmopolitismo >), il filosofo fu estromesso dalla sua cattedra all'Università e fu costretto all'autocritica del '49), quindi « intellettuale numero uno >>del regime di Rakosi. Basta raccattare dalla cronaca certi spiccioli, e leggervi, per esempio, degli attacchi di Szigeti (ex ministro dell'Istruzione) alle « tendenze .antimarxiste >>,ai punti di vista « antileninisti », all'atteggiamento « revisionista », al « settarismo >>di Lukacs, alla sua logica che « non è la logica della lotta di classe», per comprendere che cosa «rappresenti>> Lukacs per l'Ungheria di oggi. Per noi questa stessa lettura ha invece perduto oggi, e la colpa è solo•della diversità degli eventi, il suo clandestino carattere di resistenza interna allo idanovismo. La particolare qualità « militante », che la rende tanto pericolosa agli occhi di un Revai o d~ uno Szigeti, ne costituf per l'addietro il sale anche per noi - il sale sulla piaga zdanovista. Ora essa continua a liberare le sue molecole là dove il nucleo, resistendo tenace, le attira. Ciò avviene in Ungheria, o nei paesi socialisti « di servizio >>,come l'Ungheria, o all'interno dei partiti piu « di servizio >> dei paesi capitalistici. Già è piu dubbiosa una sua larga zona di influenza nell'Unione Sovietica come, agli antipodi, è quasi nulla negli Stati Uniti. Per quanto ci riguarda, l'equilibrio della lettura si è mutato, il « peso >>si è trasposto sull'altro piede : non piu della resistenza critica allo zdanovismo, ma del camminare oltre le critiche ormai scontate ' ' allo zdanovismo. Questa mutata lettura di Lukacs è una conseguenza BibliotecaGino Bianco

Estetica e marxismo culturale, oggettiva, di eventi storici. Non ne è affatto coinvolta la nostra partecipazione morale e intellettuale alla sorte di Lukacs in patria. Sarà processato Lukacs insieme a Imre Nagy, per « tradimento ideologico»? Se Lukacs sarà processato ci troveremo nel rischio estremo che anche le ultime possibilità di -«pensare)) al socialismo nel socialismo stiano per essere spazzate via dalla scopa dei burocrati. E saremo,, politicamente, al fianco di Lukacs. 3. - Fortuna di Lukacs in Italia. - Accennando alla funzione antizdanovista dell'opera lukacsiana nel decennio dal '45 al '55, ne ho messo in rilievo l'aspetto della sollecitazione. Non è possibile tacere dell'altro anche, della antisollecitazione: che, almeno in Italia con molta evidenza, essa ha svolto. Molta parte, anzi, della « fortuna )) italiana di Lukacs (posteriore al '50) è, purtroppo, dipesa da quello. In un paese dove con molti tabu l'estetica era stata allontanata dalle indiscrete scienze moderne e promossa al maggiorato filosofico l'animus che covava sotto le pagine anche piu letterarie di Lukacs permetteva di restare su un familiare terreno umanistico. Il radicale anti-empirismo, il voltar piu che sdegnoso la testa ogni qual volta l'ombra o della sociologia occidentale, o della psicologia analitica, o del positivismo logico, ecc., si proiettassero sullo schermo della « Filosofia )), in terreno crociano hanno fatto buon gioco. Quel modo di Lukacs di avvicinare i problemi dell'arte, mentre ne favoriva le accoglienze, avvallava l'imperturbabile prestigio, del quale molto abbiamo goduto in casa nostra, di convertire alla filosofia quanto è letterario e di adattare letterariamente i problemi filosofici. Dal neohegelianesimo idealistico (Croce e Gentile) all'hegelianesimo marxista rappresentato da Lukacs, il passaggio non era dei piu esotici. Il « lu!"" kacsianesimo )) ha trovato bell'e pronto il suo posto i11un sistema culturale indigeno di simmetrie e .di corrispondenze : al centro del quale, per attrazione positiva o negativa, stava Hegel. Un lato del sistema era stato il rapporto De Sanctis-Hegel; questo si era angolato nel rapporto Croce-De Sanctis; attraverso il rovesciamento, marxista di Hegel, il sistema si capovolgeva polemicamente. Polemicamente si poteva ristudiare il rapporto di De Sanctis con Hegel, di Croce con De Sanctis e con Hegel. E poiché, a emulazione e a continuazione di Marx, Lukacs si presentava come il rovesciatore sui « piedi )) dell 'hegelianesimo (e proprio nel particolare campo dell'estetica) il vecchio sistema, capovolgendosi, si arricchiva del lukacsianesimo come di una ulteriore coordinata per la polemica. De Sanctis rimandava a Lukacs come al suo chiariiblioteca Gino Bianco

Armanda Guiducci mento materialistico, e Lukacs rimandava a De Sanctis come antecedente (idealistico o realistico? Qui la prospettiva si apriva alla discussione polemica). Gramsci apparve allora il mediatore nostrano del crocianesimo .col materialismo storico : e da questa interpretazione postcrociana di Gramsci si ritornava, in modo arricchito, sia a Croce che a De Sanctis. Il circuito insomma non presentava interruzioni, perché la trama dei rapporti era continuamente garantita dal riferimento, sulla « testa )> o sui «piedi», a Hegel come a un Maestro. Sotto la perfezione del circuito l'influenza di Lukacs ha giocato, in definitiva, come un'ulteriore conferma e sublimazione di una « forma mentis » orgogliosamente invecchiata nell'umanesimo posthegeliano, la quale ha conservato dell'hegelismo i tratti piu restii: aliena com'è dall'urtarsi contro le asperità dei problem.i portati dalle moderne scienze specializzate_ o della filosofia stessa, se discussa in termini diversi da <JUellitradizionali di « romanzo filosofico >> o di « visione del mondo >>. 4. - Lukacs fra Stalin e Nagy. - Dall'evoluzione di Lukacs da borghese avanti prima guerra mondiale a marxista éngagé, e nella Comune ..ungherese e nel recente ottobre di Budapest, i critici sono stati stimolati, per lo piu, a inseguire, fra biografia e opera, un principio di « coerenza » È avvenuto però che, anzi che a una « coerenza », ci si sia trovati di fronte a delle contraddizioni: per l'addietro, la soluzione di continuità implicata dalle due sue famosissime autocritiche del ~24 e del '49 - vere e proprie canosse rese allo stalinismo; e, di recente, fra quelle due fratture e gli atteggiamenti assunti al Circolo Petofi e nella partecipazione al governo insurrezionale Nagy. Sappiamo s·enza piu dubbi (se mai ve ne fossero) che anche Lukaçs ingoiò le sue brave bolle papali. Anzi, siamo arrivati a capire con amarezza l'impossibilità di rifarci al criterio della « coerenza >>: quasi cJ-ie nelle società socialiste attuali la coerenza stessa vada intesa, nei fatti del comportamento, secondo il principio della contraddizione, non secondo quello di identità. Cos1 è ragionevole quanto sostiene Thomas Miinzer, che l'evoluzione di Lukacs non può essere capita attraverso le sue fre- <]Uenti autocritiche, che le lodi al « genio di Stalin >> sono affatto esterne .all'opera sua. Altrettanto vano è attenersi a q11anto Lukacs stesso scrisse della critica e dell'autocritica in pagine famose del saggio su Makarenko. Non importano qui, neppure per noi, i giudizi o i pregiudizi dell'autore, non importano le sue intenzioni. La chiave è un'altra, ce lo ha insegnato Lukacs. L'occhio va portato, come egli stesso ha fatto per i suoi a_utori Biblioteca Gino Bianco

Estetica e marxismo prediletti, sull'opera sua. Tagliati tutti i fili delle intenzioni soggettive, essa va veduta, per cosf dire, a contours découpés. La domanda corretta, alla fine, suona : In che misura, indipendentemente dalle giustificazioni morali e teoriche del suo autore, l'opera di Lukacs scalza o supera, per sua propria forza interna, lo stalinismo? In che misura, cioè, essa ci serve per il nostro futuro culturale? 5. - Prospettive in campo lungo: marxismo ed estetica, primo tempo. -. In campo lungo, ma con inquadramento rapidissimo, si dovesse riprendere dall'alto l'estetica del nostro secolo e si mirasse a una visione d'insieme della superficie in rapporto ai suoi livelli di profondità, lo spicco del terreno si rivelerebbe in un contrasto, accentuatissimo, dominante il disegno delle correnti e delle configurazioni piu diverse. Detto con poche parole, il contrasto è fra una concezione filosofica e conoscitiva dell'arte ordinabile in una « Estetica >> (la critica dell'arte e la sua eventu_ale metodologia, quindi, un corollario) e la tendenza a risolvere la sedicente « scienza » estetica in una metodologia quanto piu possibile rigorosa per l'interpretazione critica del fatto artistico. Si tratta di due modi molto diversi di collegare la parola « arte >> alla parola « scienza ». Nel primo caso, scienza vuol dire, umanisticamente, spiegazione del mondo come «totalità» (e l'arte ne è un aspetto). Nel secondo, con maggior simpatia ed ammirazione per i procedimenti delle scienze specializzate, vuol dire consapevolezza metodologica, uso di strumenti specifici per aggredire un'esperienza particolare, indipendentemente da spiegazioni filosofiche di ordine generalissimo. Il primo modo di significare l'estetica è antico almeno quanto la concezione greca dei compiti della « conoscenza » e del privilegio della filosofia. Il secondo nasce con la critic~ alla funzione egemonica della filosofia tradizionale nel mondo moderno dopo c~e, sotto la crescente pressione degli sviluppi tecnologici della rivoluzione industriale, le scienze singole, specializza.p.dosi, si furono del tutto distaccate dal grembo della vecchia madre : la Filosofia come totalità on·nicomprensiva. La crisi dell'hegelismo com~ sistema massiccio ne fu un aspetto vistoso; il sorgere della filosofia della praxis ne fu un altro. Accade pertanto che la tendenza a risolvere l' « Estetica >> in una metodologia operativa la si ritrovi là dove i terreni di cultura conoscono una v~cchia e moderna coltivazione di empirismo e di pratica scientifica piu specializzata. Mentre la concezione dottrinaria e fìloso&ca del- .Biblioteca Gino Bianco

Armanda Guiducci l'estetica alligna nei paesi dove l'humus è da antica data umanistico e dove i diritti delle scienze specialistiche contemporanee sono stati respinti o minimizzati dalla mentalità umanistica dominante. Allorché, al limite critico dell'idealismo ottocentesco, il marxismo si affacciò anche sull'estetica, la sua mordacia polemica e potenzialità di sviluppi erano dovuti proprio alla novità e all 'ésprit révolutionnaire di una sua « scandalistica » proposta di metodo. N1entre impostava per la prima volta con Plechanov il problema dell'arte, il marxismo si faceva forte dei vantaggi di un metodo che proclamava scientifico, o vagheggiava come tale. 6. - Plechanov: l'arco e il fucile. - L'origi11alità di Plechanov consistette appunto nella energia con la quale egli prospettò allora al giovane marxismo, insieme a una nuova direzione di ricerca (l'estetica, appunto, e la critica dell'arte), una ricca ipotesi di lavoro metodologico, una ulteriore feconda utilizzazione del metodo del materialismo storico. Le responsabilità di Plechanov in questo campo furono tanto piu grosse in quanto Marx ed Engels erano stati soltanto dei lettori assai intelligenti di Balzac e dei contemporanei, anche se sull'arte Marx aveva avanzato una domanda che racchiudeva un nido· di vespe per lo storicismo 1 • Nonostante Lukacs sembri non tener conto che solo tangenzialmente di Plechanov, e metta avanti come diretta strada maestra della propria esperienza Hegel e Marx, eppoi Engels (per arrivare sino a Stalin), senza le conseguenze negative aperte dall'impostazione plechanoviana non sarebbero esistiti in realtà per il suo sforzo costruttivo i precedenti problematici, non sarebbe esistita neppure la spinta a risalire direttamente a Marx e ad Hegel. Fedele allo spirito del materialismo storico, Plechanov impostò il problema dell'arte storicizzandolo. Lo scandalo metafisico in faccia al secolo, il piglio rivoluzionario, stava qui. E diciamolo subito: che la riduzione storicistica gli sia in effetti riuscita viziata, e di quel male dai postumi cosf contagiosi che è il sociologismo, è un fatto. Ma è già un altro fatto, una conseguenza, della quale dovrà tener debito conto la cultura postottocentesca. (E Lukacs ne terrà grandissimo conto). Oggi ne è chiaro il motivo. Nelle mani di Plechanov le articolazioni interne del metodo, cioè le mediazioni del 1 Si tratta della famosa dornanda formulata nella introduzione alla Critica dell'Economia politica. Biblioteca Gino Bianco

Estetica e marxisn10 rapporto fra stru~tura e sovrastruttura, si angolava110 secondo un disegno grezzo, quasi ancora artigianale. Le mediazioni fra struttura economica e sovrastruttura ideologica erano affidate alla psicologia sociale dell'artista: che viceversa, non c'è chi oggi non lo veda, è già un condizionato dall'ideologia (Lukacs ha corretto in questo senso Plechanov nell'uso del metodo). Quindi l'impiego metodologico che Plechanov fece del materialismo storico fu angustamente genetico, interessato a individuare l'origine sociale dell'arte · al fine di ricomporne i lineamenti classisti. Incapace di arricchire dall'interno la portata scientifica del metodo articolandolo nel senso di una prensilità sottile e ricca, Plechanov ne tesaurizza l'estensione, ne moltiplica l'investimento ai pi{1 diversi campi culturali : e vede confluire nella critica dell'arte, ad arricchirne la spiegazione genetica, le piu varie linee di indagine dalle scienze specialistiche (psicologia, antropologia, etnologia, ecc.). Quel che voglio sottolineare è un punto di vista dal quale non può non colpire la drasticità dell'atteggiamento di Plechanov rispetto all'hegelismo come « forma mentis >>. Lukacs non lo ha mai messo in luce per il semplice fatto che a lui non interessava piu, perché il suo orizzonte non è piu quello dello storicismo integrale. Posto di fronte all'arte, Plechanov non ne fa piu una questione di ricerca di « essenza >> o di medievale « quiddità )), come era stato fatto da Platone a san Tommaso, come era stato fatto da Hegel. Lo storicismo gli insegna proprio a rinunciare a ogni domanda del tipo : « che cosa è l'arte? >> Ormai non rimane altra spiegazione onesta che quella delle leggi storiche che hanno sollecitato proprio quel tipo di domanda. La definizione teoretica dell'arte non poteva interessare piu - egli sostenne - il materialista storico, dato che il suo metodo incideva la storia dei fenomeni culturali proprio per distr~ggerne gli inganni metafisici. Il metodo era questa liberazione: era la via d'uscita piu drastica dal tradimento dogmatico che giuoca l'estetica hegeliana, e che ai suoi tempi aveva giuocato (lezione troppo dura per dimenticarla) anche a un grande critico come Bielinski, nonostante tutte le sue premesse antidogmatiche. A Hegel una trattazione dell'arte di carattere teoretico era ancòra potuta interessare per il fatto che egli aveva considerata la storia, e quindi la storia dell'arte, come una logica applicata. Ma Hegel non interessava piu seguirlo che sul « terreno storico concreto >> là dove, abbandonando il suo « regno delle ombre >>, egli apriva il suo « petto Biblioteca Gino Bianco

270 Armanda Guiducci di vegliardo» a respirare a pieni polmoni « l'aria pura della realtà sociale » 1 • Molto di vero, s1, era nelle opinioni di Hegel sull'arte, ma la verità in lui, secondo l'espressione famosa, camminava sulla testa; bisognava saperla rimettere sui piedi 2 • Il giudizio, per· esempio, che Hegel ha dato dell'Antigone di Sofocle: Antigone è la vittima di un conflitto di immensa portata, il conflitto fra diritto di famiglia e diritto di Stato (un giudizio piu volte ripreso da Lukacs) era estremamente interessante proprio perché rimandava alla lotta il cui processo secolare e complesso riempie la storia. E ciò bastava, non vi era bisogno alcuno di ricorrere a « fondamenti )) metafisici 3 • Pieni di pericoli erano i diciotto tomi delle opere complete di Hegel. Occorreva decidersi : o la critica filosofica dell'arte o la critica storicistica dell'arte. « In realtà, noi siamo convinti che allo stato attuale delle nostre conoscenze, possiamo già offrirci il lusso di rimpiazzare la vecchia critica filosofica e, in generale, l'estetica, con un'estetica e una critica scientifiche>> 4 • È estremamente significativo osservare che il rimprovero che Lukacs fa a Plechanov 'è proprio questo : di non esser stato capace di trarre dal rovesciamento di Hegel tutte le conseguenze teqretiche. Ma a Plechanov << rovesciare teoreticGmente )> l'esteti~a di Hegel non interessò mai affatto! Egli fu ben conseguente nel suo povero e grezzo storicismo: il materialismo storico bruciava i ponti con ogni dottrina dell'arte, con ogni definizione teorica dell'arte. Il recupero di Hegel poteva consistere solo nell'esasperazione dello storicismo che era genialmente balenato attraverso il suo gran·de « regno delle ombre». Un'esasperazione che rompeva il « sistema», la pretesa di una « verità definitoria» sull'arte, la ricerca di una sua «essenza», rompeya insomm~ la « forma mentis » hegeliana nella volontà di storicizzare anche quella. · · Là dove Plechanov, per dare un quadro generale del marxismo, ne sviluppa egli stesso teoricamente le co,ordinate teoriche, cioè ne Le questioni fondamentali del marxismo, sebbene ciò che egli porti in primo piano sia l'efficacia del metodo del quale Marx ha dotato il materialismo storico, esiste già un plafond di teoria filosofica, di materialismo 1 VoLYNSKI, t. X, p. 179 delle Opere complete, e: Critique idéaliste et critique matérialiste, in L'Art. et la Vie Sociale, Paris 1949, p. 205. 2 Ibid., p. 216. 3 Ibid., p. 216. 4 Ibid., p. 217. Biblioteca Gino Bianco

Estetica e marxismo 271 dialettico 1 • Ma là dove egli affronta ex-novo problemi, come quello dell'arte, il suo orizzonte è davvero integralmente storicistico, e domi- · nato dall'entusiasmo per il metodo. A parte i punti piu esclamativi 1di questo entusiasmo, che vennero a Plechanov dal sentirsi, qui, un pioniere in una grande terra da conquista, il tratto della sua solidità :sta nel considerare il metodo la vertebra del marxismo. L'interpretazione materialistica della storia aveva soprattutto un valore metodologico 2 e, sebbene non esista e non possa esistere un metodo capace· di sopprimere di un sol colpo tutte le difficoltà che sorgono nella scienza 3 , il metodo era scientifico e « oggettivo » nell'esatta misura in cui individuava nessi causali (o meglio, disposizionali) liberandoli da ogni metafisic~. La verità non era fuori del metodo, era ormai quel metodo, e piu che il possederlo, il praticarlo. Plechanov a~da all'esperienza, oltre che la critica 4 , l'arricchimento del metodo, la sua piena portata ·scientificà. -Adesso, osservava, « si comincia appena a lavorare in questa direzione » 5 • In questa prospettiva egli parla anche per l'arte della possibilità di una critica scientifica : di una critica che si limiti a osservare il come storico dell'arte, le leggi del suo sviluppo storico. Di una critica che « in unavparola, è obiettiva come la fisica ed ecco perché, precisamente,. è estranea ad ogni metafisica. Proprio questa critica oggettiva, diciamo noi, è una critica di combattimento nella misura precisa in cui è veramente scientifica » 6 • « Chi avrà conosciuto l'immensa forza sociale di 1 Cfr. il cap. Dialettica e Logica, riguardante la funzione della dialettica nello spiegare il campo dei movimenti e delle trasformazioni nel « mondo della natura >>, in Le questioni fondamentali del marxismo, Milano 1947. 2 Cfr. questa esatta espressione in Le questioni fondamentali cit., p. 49. 3 Cfr. questa esatta espressione in op. cit., p. 97. 4 Cfr. questa esatta espressione· in Le Questioni fondanzentali cit., p. 106. · 5 Cfr. op. cit., p. 97. 6 Ecco il contesto completo in cui cade il periodo citato: « La critica scientifica non dà all'arte alcuna prescrizione, non le dice : tu devi attenerti a tali o tali altre regole e procedimenti. Essa si limita ad osservare come nascono le differenti regole e processi che dominano nelle . differenti epoche storiche. Essa non proclama leggi eterne dell'arte; si sforza di studiare le leggi eterne la cui azione determina lo sviluppo storico del!'arte. Essa non dice: " La tragedia classica francese è buona, e il dran1ma romantico non vale niente ". Per essa tutto è buono nel suo tempo; per essa non esiste partito preso in favore delle tali o tali altre scuole artistiche; e se (come vedremo piu- avanti) essa prende partito, non giustifica· però la sua posizione invocando le leggi eterne dell'arte. In una parola, è obbiettiva come la fisica ed ecco perché, precisamente, è estranea ad ogni metafisica. Proprio questa critica oggettiva, diciamo noi, è una critica di comBiblioteca Gino Bianco

272 Armanda Guiducci cotesta cr1t1ca non si vorrà piu servire dell'arma della critica "militante ", allo stesso modo che un uomo che ha conosciuto il fucile non ritornerà piu all'arco primitivo)) 1 • Ma il sogno del buon futuro fa sempre parte, a sua volta, dell'ide~ logia del metodologo. Togliendoci dal lastricato delle intenzioni, gettiamo un'ultima occhiata alla prassi plechanoviana, là dove giunge a un limite critico il quale farà pesare su tutto il marxismo contemporaneo (Lukacs, ma anche Sartre, anche Goldmann) il problema di una metodologia globale per cogliere i fatti dell'arte. Con Plechanov incomincia a germinare, repressa, un'ambizione, un primo atto di immodestia. È il bozzolo che Lukacs coverà sino a farfalla. Si verifica nel momento che, per dotare del metodo la critica artistica empirica, egli attenta la questione dell'arte sul. fronte valutativo. La povertà del proprio metodo1 , le sue parzialità, sembra allora patirle, quando i problemi gli si sdoppiano davanti: una faccia sulla sto~ia, afferrabile; l'altra, rivolta a un'orizzonte categoriale, quello del « valore )> estetico, che sfugge al radar dello storicismo. Le patisce, beninteso, un attimo: il buon senso corre ai ripari. Oso dire però, approfittando· della coscienza dei posteri, che quando sulla questione dell'arte egli giunge alla parola «fine)), siamo già alla scena culminante di un dramma ormai notissimo. Il metodo del materialismo storico è un metodo di ricerca genetica, uno strumento che pesca nella storia; che raggiunge e circoscrive un'oggetto fino• a una profondità di livelli ignota al tradizionale storico dell'arte; che lo ri~olloca in un contesto assai ampliato e arricchito; che può ricostruire,. insomma, u11a-genesi, ma non può, per il semplice fatto che lo distrugge, riuscire ad individuare un valore che non appartenga all'ordine dei va,_ lori storici. Può dirci come e anche perché è sorto storicamente un certo movimento artistico: ma non se esso valga davvero o no l'attributo battimento nella misura precisa in cui è veramente scientifica>> (Ibid., p. 217-18; sottolineature di P.). Ma la presa di partito? Veramente è possibile evitarla nelJa critica? Cfr. la nota successiva. 1 Ecco integralmente Plechanov : « In tutte le epoche di transizione sociale essa [la critica] si impregna d'uno spirito di combatti1nento e diventa, in parte o direttamente, polemica. :È un male o un bene? C' est selon! Ma l'importante è che è inevitabile, e nessuno ha ancora scoperto il rimedio contro questa malattia. Un momento, un momento! Ci inganniamo: uno ce n'è! Consiste semplicemente nel far comprendere che cos'è critica scientifica. Chi avrà conosciuto l'immensa forza sociale di cotesta critica non si vorrà piu servire dell'arma della critica 'militante', allo stesso modo che un uomo che ha conosciuto il fucile non ritornerà piu all'arco primitivo >>(/ bid., p. 219). Biblioteca Gino Bianco

Estetica e marxismo 273 di «artistico>>. La sanzione dell' « importanza storica>>di un'opera d'arte è solo una conferma retrospettiva, cioè ancora storica, di un « valore >> estetico. Il metodo del materialismo storico ha buon giuoco se si trova dinnanzi a questa felice coincidenza, stabilizzata da un intero passato di cultura. Ma le manifestazioni artistiche del presente? Non basta averne circoscritto la genesi. Non è possibile per via diretta risalire da quella a un giudizio che non sia immediatamente storico, cioè politico. L'arte non è la sua genesi sociale : superiore per statura a tutti i suoi pessimi imitatori, Plechanov ne è cosciente. Felicemente ossessionato dal suo ideale di oggettività, di scientificità, non trova altra via d'uscita che proporre una sommatoria di due tempi e metodi diversi: un tempo e metodo della « critica materialista ))' un altro tempo (e metodo: quale?) in cui interviene, per « consulenza >>si potrebbe dire, il critico d'arte vero e proprio. Questa giustapposizione, così onest~ e affrettata, manifesta però il primo sintomo critico della problematica fecondità del metodo del materialismo storico al di là del suo naturale campo di indagine, quello della storia e della storia della cultura. Al punto in cui sta per avvertire lo scacco-, Plechanov non si salva in una ennesima teoria. Fa, piuttosto, un rimando di competenze. Tuttavia lo scacco si è pro- .filato: e senza osare varcare le frontiere dello storicismo, Plechanov ha tuttavja già ascoltato i tre canti del gallo della «filosofia>>. 7. - Una parabola, mezzo secolo. - La storia della cultura marxista, dopo gli entusiasmi metodologici di Plechanov, prende una piega diversa. L'uso del fucile viene sempre piu limitato a delle scaramucce, il grosso delle battaglie va impostato sulla vecchia tattica della filosofia intesa come totalità onnicomprensiva, concezione generale del mondo. Lo sforzo del marxismo, specie sovietico, non è stato affatto di travagliarsi e costruirsi sul metodo, di arricchirne e garantirne scientificamente la portata, adeguandola sia allà ricerca moderna sia al movimento effettivo delle strutture. Di puntare insomma le carte sulla sua (pensava Plechanov) « im.mensa forza sociale )), liberatoria della vecchia conoscenza mitologica. Siccome era vero che il metodo era il suo uso scientifico, il ridurlo a mèra dottrina lo fissò in uno schema propagandistico ma non piu operativo. Già Engels verso la fine della sua vita ebbe a deplorare la leggerezza con cui veniva usato, e in una lettera scrisse che il metodo materialista raggiunge l'effetto esattamente opposto se, invece di servire come filo conduttore nella ricerca storica, viene adoperato come- modello già pronto sul quale ritagliare i fatti BibliotecaGino Bianco

2 74 Armanda Guiducci della storia. Tuttavia la strada fece gomito. Risucchiato dal moto della stabilizzazione dei risultati rivoluzionari in un grande assetto prima po-- litico ed ideologico, poi culturale, il metodo fu rigettato dentro le cinta di quella fortezza: e ricadde entro un sistema di nuovo conoscitivo, entro una filosofia di nuovo sopraelevata come concezione del mondo unica e veritiera. Siccome era divenuto la roccaforte di un potere al quale si poneva ora il problema della propria conservazione, il marxismo venne a incastellarsi pietra su pietra nel materialismo dialettico· eretto a sistema chiuso. Chiuso, perché il vantaggio di un sistema filosofico è appunto di non offrire brecce, dando una risposta per ogni domanda; ripagando, insomma, il dubbio con il comfort di un ordine ben costruito, solido e sicuro. Prendendo di nuovo partenza da un principio o arché, il materialismo dialettico può ritornare a svolgere in un grande diorama tutti gli aspetti della realtà; spiegare la natura e l'uomo; l'attività conoscitiva dell'uomo sulla realtà; le leggi costitutive delle scienze umane (l'arte fra esse); e il grado di conoscenza che spetta a ciasct1na di esse rispetto al « vero )), alla verità. Nuovamente ci troviamo di fronte a una enciclopedia delle scienze architettata dentro un sistema. Quale posto ha l'arte entro questa enciclopedia? Un suo posto gnoseologico, di sapore un po' spinoziano. Il tipo di conoscenza possibile all'uomo non è che uno, per rispecchiamento. In esso si riflette quella realtà che esiste di per sé, indipendentemente dalla coscienza. Ma, come in Spinoza, molteplici sono i modi. Esiste un modo del conoscere, empirico, d'ogni giorno: è il rispecchiamento pratico-quotidiano. Esiste un modo del conoscere che è quello della sciénza : è il rispecchiamento scientifico. Esiste un altro modo del conoscere, infine, che è quello dell'arte: il rispecchiamento artistico. Non si ha piu una gerarchia di conoscenza - piu imperfetta l'u~a, piu perfetta l'altra. Ma una molteplicità di modi entro un unico atteggiamento di conoscenza possibile, che ha per oggetto un unico oggetto, la realtà. Si tratta di una conoscenza per approssimazione (perché l' « es- . senza>> della realtà si cela dietro il velo dei fenomeni; e, solo qua e là trasparendo, rivela un tratto del proprio «essere))). In questa grande identità generale, che cosa distingue i diversi modi? Non è pos~ibile infatti comprendere (teoricamente) l'arte_che definendola per differenza, che distinguendola come modo particolare dalla scienza o dalla prassi quotidiana. A questo punto siamo già a Lukacs, alla sua filosofia dell'arte, Biblioteca Gino Bianco

Estetica e~marxismo 275 alle sue categorie, ai suoi Prolegomeni, i quali rappresentano il massimo sforzo di costruire una teoria dell'arte sulle basi del materialismo dialettico - e probabilmente segnano il limite massimo raggiungibile in questo tipo di esperi~nza culturale. Dalla proposta vivacemente storicistica e metodologica di Plechanov ai primordi degli interessi marxisti per l'arte alla restaurazione delle categorie gnoseologiche di Lukacs: è possibile non avvertire, a questo punto, un salto di atmosfera culturale, uno scarto vero e proprio di atteggiamento? È una divergenza di atteggiamenti che dà l'angolo acuto di una storia, la storia di mezzo secolo di cultura marxista. Come due punti estremi, l'iniziale e il terminale, Plechanov e Lukacs sopportano una stessa parabola. L'uno è gli inizi, l'altro il limite attuale di una · medesima esperienza di cultura, marxista, e con analoghe radici nella tradizione democratica russa e nell'europea, direttamente ingaggiata a influenzare le premesse o le conseguenze d'una rivoluzione. 8. - Il lascito di Plechanov: il superamento del sociologismo. - Insieme con la riduzione al materialismo metafisico tradizionale del materialismo storico, ed insieme al fissarsi di quest'ultimo in uno schema propagandisti~o anziché operativo, il sociologismo deterministico che inficiava l'eredità plechanoviana esplose nell'allegra meccanicità della critica letteraria di tendenza marxista che segu1, in Europa e in America, la crisi del primo dopoguerra mondiale. Volenterosi adattamenti alle storie letterarie locali di canoni classistici; o applicazioni meccaniche del materialismo storico a indagini genetiche dall<; quali i fatti letterari uscivano troppo spesso come simboli di una cattiva coscienza economica - il marxismo non riusci a scavalcare nella critica i rigidi limiti di un metodo estrinseco alla comprensione del fatto letterario vero e proprio : troppo di frequente la genesi sociale dell'arte era stata identificata con l'arte tout court. Su quest'esperienza il secondo dopoguerra mondiale, mentre trascinava con sé in Et1ropa i rigurgiti del sociologismo, sotto le forme vistosamente polemiche della critica classistica per deficienza, o direttamente politica e truccata di letteratura,. incominciò a spingere innanzi un certo complesso di elaborazione critica. Prima Lukacs, al limite dell'immediato dopoguerra, fra il '43 e il '45; m.a presto anche Lefebvre, Goldmann, Sartre e altri. Era l'avvenuta presa di coscienza della crisi del metodo storicistico, della necessità di superare non solo il determinismo angusto del suo uso Biblioteca Gino Bianco

Armanda Guiducci sociologico in senso vecchio-positivista, ma il suo risultato piu descrittivo. A causa di essa, si poneva ormai con chiarezza nel marxismo il problema di un metodo globale, descrittivo ma anche valutativo. Con l'uitima opera di Goldmann, Le Dieu caché (1956), con l'ultimo lavoro à suivre di Sartre, Les Questions de méthode (1957), e con il libro con cui Lukacs innalza in u11'estetica i risultati della propria attività storiografica e teorica (Prolegomeni a un'estetica marxista, 1957), due direzioni appaiono ormai ben distintamente. L'una, tende a portare innanzi una metodologia critica integralmente storicistica (Goldmann) o a lavorare, comunque, sul metodo, approfondendone, per vari innesti, le mediazioni interne (Sartre). L'altra (Lukacs) affida la forza dell~ globalità a 11na spiegazione filoso,fica unitaria, della quale il metodo del materialismo storico è una applicazione parziale. 9. - Lukacs à rebours: fra Marx ed Hegel. - Il fronte di partenza di Lukacs era quanto mai incerto, apparentemente. Non era che uno spunto, un atteggiamento: l'atteggiamento di simpatia e di acuta intelligente comprensione che Marx ed Engels manifestarono, da lettori dotati di un particolare gusto nei confronti dell'arte del tempo, per Balzac, fermandone e ammirandone il tratto del mordente storico, che essi giudicarono di una realistica spregiudicatezza. Quando parti da quel giudizio di gusto, come lungo filo d'Arianna Lukacs non possedeva che una domanda, assai problematica, dj Marx : come spiegare in uno storicismo (integrale, intendeva Marx) la validità durevole dell'arte? Questa domanda è l'enigma posto da Edipo al marxismo. L'opera di Lukacs è costruita per. intero, di saggio in saggio fino ai Prolegomeni, su tale ossessiva consapevolezza: l'enigma è proposto, l'enigma va sciolto. Con un pazientissimo lavoro di archeologia, ·saldando frammenti spunti polemiche dichiarazioni note a margine dei fondatori del marxismo scientifico, che dessero o confermassero un qualche appiglio a una teoria dell'arte - e si trattò di una laboriosa opera di saldatura in quanto bisognava conciliare i frammenti di un acuto passato secondo le esigenze dell'età staliniana (che dell'arte,-invece, si interessava direttamente) - Lukacs tradusse quell'atteggiamento, quel modo di lettura, quel « gusto >>, in una teoria : la teoria del « trionfo del realismo >>. Trionfo dèl realismo era stata un'espressione engelsiana, usata per significare che, nonostante il suo legittimismo da vecchio monarchico, Balzac, grande artista, l'aveva avuta vinta sulle proprie repugnanze politiche: BibliotecaGino Bianco

Estetica e nzarxisnio 2 77 ed era riuscito a un quadro non preconcetto della società borghese del suo tempo. Quel nonostante contenuto nel giudizio di Engels divenne il perno della teoria del realismo: il principio• del realismo. (Ne è nota la formula: la prassi letteraria di un artista, se egli è autenticamente realista, può contraddirne o smentirne ogni posizione soggettiva di principio). Applicato ai classici del realismo ottocentesco, quel principio fece il banco di prova, irrobustf le ossa teoriche e, sempre piu agguerrito, si impose come l'asse operativo della critica lukacsiana del realismo letterario. Funzionava, e la promozione era giusta: da principio teorico a criterio operativo. Si tratta, sottolineiamolo in rosso, della conquista piu valida che Lukacs consegue nella trattazione del realismo. La ritengò una conquista critica perché il principio può· funzionare benissimo indipendentemente da ogni presupposto di realismo metafisico. La sua efficacia poggia su tre motivi (che sono anche tre risultati): esso permette di costituire in oggetto l'opera che si vuole esaminare; la espone al giudizio nella dimensione della sua prassi; è verificabile - come le cose possono esserlo nel campo della critica dell'arte: nel senso che riesce, cioè, a una interpretazione piu esaustiva di ogni altra precedente. Tuttavia Lukacs radica la teoria del realismo sulle basi filosofiche · del materialismo dialettico : di conseguenza, con essa, anche il principio del realismo (del quale io ho sottolineato la funzionalità pratico-empirica) si presenta come la prova di una verità conoscitiva : del rispecchiamento. Altro tratto costitutivo del realismo, che Lukacs ha individuato nel personaggio, nella sua caratterizzazione, è la tipicità. Sottolineata energicamente, negli ultimi tempi sembrò imporsi come la categoria estetica. E centrale oggi ritorna : « incarnazione )) della particolarità nell'arte. • Tutte queste coordinate sviluppate nel corso di un'attività nella quale teorizzazione e prassi critica si sono coinvolte continuamente e reciprocamente, fanno capo ora -· nei Prolegomeni - al punto archimedico (filosofico) del particolare come medio. La categoria centrale, strutturale, costitutiva della sfera estetica è questa - e nella sua concretizzazione essa ridispiega e la tipicità, e la teoria del realismo, e il principio del realismo. Ma la « globalità ))_riesce in forza dell'innesto sulle basi del materialismo dialettico. Il materialismo dialettico non è solo un quadro culturale prefigurato nel quale Lukacs opera. È anche lo strumento che egli usa come leva per convertire i problemi estetici dall'oggettività idealistica (hegeliana) all'oggettività « realistica >). Dell 'hegelisrr10 Plechanov aveva sovvertito i 18 Biblioteca Gino Bianco

Armanda Guiducci massimi principi, I...,ukacssi spinge a rovesciarne le conseguenze metodologiche. Dell'hegelismo Plechanov aveva detto: tagliamo via la testa assolutistica, manteniamone lo storicismo. 1vfa la storia e la società di Hegel erano ancora Spirito oggettivato, e il contenuto che se ne offriva all'arte « un ligneo anello di ferro», come si esprime Lukacs stesso 1 • Per restituire all'autentica storicità e socialità la priorità del contenuto artistico, per « depurare )) insomma l 'hegelismo, « a tal fine la teoria dialettica del rispecchiamento costituisce l'unico metodo scientifico conseguente)> 1 • In questo Hegel « desidealizzato >>o riconquistato, che come grande ombra si proietta attraverso tutta l'opera di Lukacs, sopravvive l'ultima fascinosa seduzione dell'idealismo ottocentesco. Per drastico che sia (e in Lukacs lo è), il rovesciamento è formale. Lukacs usa infatti come strumento (metodo) una, a sua volta, concezione metafisica. 10. - I Prolegomeni: materialismo dialettico e materialismo storico. --- L'estetica di Lukacs cerca come suo prolegomenon, piattaforma di « fondazione teoretica >>dell'arte, il materialismo dialettico. « La parte storico-materialista non potrà venire che piu tardi>), avverte l'autore nella prefazione italiana 2 , « in quanto essa presuppone che siano stati risolti i problemi dialettico-materialistici del rispecchiamento estetico )>. La rottura della filosofia della praxis in due monconi (opposti, poi giustapposti) comporta un certo gioco delle parti : due ruoli diversi a due tipi di indagini diverse. « Se il materialismo dialettico - dichiara Lukacs 3 tratteggiando· le linee programmatiche della propria estetica - ha fissato sul térreno dell'estetica la piu universale qualità strutturale per la teoria del rispecchiamento, importa approfondire _con i mezzi del materialismo storico il decorso storico, la determinatezza sociale dell'arte ». Giustifica il ricorso al materialismo dialettico, in anteprima assoluta, « il grande compito del pensiero» - un compito assai tradizionalmente inteso: « nella realtà fenomeno ed essenza formano una unità reale realmente inseparabile e il grande compito del pensiero è di estrarre concettualmente l'essenza da questa unità e di renderla cos1 cono1 Cfr. G: LUKACS, L'estetica di Hegel, in: Contributi alla storia dell'estetica, Milano 1956, p. 127. 2 Prolegomeni a un'estetica marxista, Roma 1957, p. 9. I..,a sottolineatura è nostra. 3 Ibid .., p. 159. _ Biblioteca Gino Bianco

Estetica e niarxismo 2 79 scibile >> 1 • È la tipica mansione « estrattiva >>che la tradizione essenzialistica-metafisica ha perpetuato da Platone a Hegel. La contraddizione di fondo che è venuta a lacerar~ la filosofia della praxis con l'opporre a una « realtà >>(o materia presupposta, esistente di per sé, ecc.) l'attività dell'uomo, con la scissura cioè fra materialismo dialettico e materialismo storico, è già stata acutamente criticata dal punto di vista di una impasse scientifica generale del marxismo attuale 2 • Anche la serie delle contraddizioni che si ripercuotono all'interno del materialismo dialettico come conflitti fra un'astoricismo di fondo (impregnante tutta la « metafisica >>della natura) e uno storicismo di pretesa e di appendice, è stata ugualmente assai bene criticata 2 • Senza . scampo ci .ritroveremo in faccia queste contraddizioni quando accenneremo alla concezione lukacsiana della scienza, la piu scoperta partie honteuse dei Prolegonieni. Qui voglio solo far osservare che accettando questa giustizia distributiva delle parti: ruolo di primadonna filosofica, anzi metafisica, assegnata al materialismo dialettico; e ruolo di secondo al materialismo storico, Lukacs accetta da epigono una iconografia tradizionale. E, benché tenti entro di essa delle varianti, per conquistare all'arte delle zone di libertà (rispetto alle posizioni rigidamente partitiche, in una parola, sovietiche e zdanoviste); benché tenti di costruire qualcosa di piu che delle varianti, di dotare il materialismo dialettico di una concezione dell'arte (e, come controfigura, della scienza); alla fine, egli si è fatto largo fra gli interstizi, non ha affatto sconvolto i parametri fondamentali di un quadro : anzi ampliando, approfondendo questo, egli ha confermati e ulteriormente solidificati quelli. La genuinità dello storicismo lukacsiano è già compromessa, dal1 'inizio" da quell'accettazione d'uno sdoppian1ento dei compiti. Depresso da una filosofia che è astoricistica in tutta la sua marcia di avvicinamento alla realtà, all' « esse~za >>,lo storicismo ha perso l'ampiezza di un orizzonte. Solo a vista miope Lukacs sembrerebbe sfuggire al sospetto di un non storicismo di fo·ndo: egli infatti ha a che fare con l'arte, e l'arte versa direttamente sull'esperienza storica. L'impacciante «natura>> è in essa già un costruito, un risultato dell'esperienza storica. Questa è però la distanza minima di osservazione. Alla distanza massima (e que1 Ibid., p. 196. 2 Cfr. in particolare G. PRETI, Praxis ed Empirismo, Torino 1957; e anche E. -AGAZZI, Materialismo st9rico e materialismo dialettico alla luce della metodologia scientifica contemporanea, in: « Mondo operaio>> n. 1 Genn. '58. BibliotecaGino Bianco

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