Passato e Presente - anno I - n. 2 - mar.-apr. 1958

Italo Calvino frontiere e per il ruolo che poteva venire ad assumere il cardinale Mindszenty. Ma i rivoluzionari volevano un nuovo regime sòcialista: questa è la testi- · monianza anche di chi rivoluzionario tiene a non essere considerato (cfr. pp. 35, 65, 79). Alla catastrofe del « socialismo >> ufficiale sopravviveva un generale ideale socialista, una convinzione diffusa che sulla nazionalizzazione delle fabbriche e sulla riforma agraria non si potesse piu tornare indietro. Ideali vaghi, si capisce: gli ungheresi ormai del socialismo sapevano soltanto come non doveva essere; ma tali da poter fare da base d'appoggio d'un partito operaio rinnovato, se gli si fossero create le condizioni per trattare con la potente nazione interessata alla pace. Numerosi episodi (basterebbe quello del comportamento dei panettieri, pp. 61 e 156; ma cfr. anche pp. 55, 57, 62) dimostrano l'alto senso morale della massa degli insorti. E tutti i profughi esprimono - anche i piu cinici - la loro ammirazione e il loro rispetto per la forza morale che hanno avvertito nell'insurrezione. L'odio contro l'AVH non risulta come un sentimento fascista, ma ben al contrario, è l'odio contro i poliziotti seviziatori, una ribellione morale, quale ben conosce la nostra esperienza insurrezionale italiana (basta cfr. ciò che si legge a p. 58 sul massacro degli AVH con ciò che si legge a pp. 76-77 sui prigionieri politici liberati). Ma come può mai un comunista, un comunista italiano, identificarsi con un poliziotto dell'AVH?. Ed erano poi comunisti gli uomini dell'AVH? Com'erano reclutati? Che percentuale c'era tra loro di vecchi militanti del partito? Che percentuale c'era di vecchi agenti della polizia? E di giovani che non avevano altra esperienza che quella degli interrogatori nei corpi di guardia? Questo ancora nessuno ce l'ha detto. Certo, il regime di Rakosi era riuscito a creare una sola unanimità popolare, in mezzo a tanta confusione di opinioni diverse: contro l' AVH e contro i tiranni e tirannelli, un'unanimità che si estendeva alla gran parte degli iscritti ·al partito (cfr. pp. 29, 84, 135). Noi siamo tra quelli che hanno creduto, nei giorni dell'ottobre del '56, che solo nell'insurrezione il popolo ungherese potesse prendere nelle sue mani il socialismo, farlo diventare una cosa viva. Questo libro ce lo riconferma. Imposto dall'alto, non era socialismo né nulla. Il proletariato ungherese, che non aveva vissuto né resistenza nazionale né rivoluzione socialista, riimparava dopo lunghi anni cosa fosse una lotta. ( « È stato forse il primo grande sciopero della classe operaia ungherese dal 1921 ad oggi», p. 173). Un diverso atteggiamento dell'Unione Sovietica sarebbe stato possibile? Esso avrebbe portato a una rottura decisa coi metodi del passato operata dai popoli di tutte le democrazie popolari, forse a un rapporto nuovo tra le masse e le loro organizzazioni, ridando slancio al movimento operaio mondiale. Conclude Chiesura alla fine del suo libro (p. 17 4): « Una insurrezione . . Biblioteca Gino B . 1co

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==