Passato e Presente - anno I - n. 2 - mar.-apr. 1958

216 Maria Adelaide Salvaco d) Altro fenomeno, il pili sconcertante, è quello per cui, finito il lavoro nell'azienda, l'operaio si ree~ presso le ditte artigiane che hanno assunto le attività decentrate e lavora per un salario orario inferiore a quello percepito in fabbrica. Tale fenomeno accentua gli aspetti di molecolarizzazione della vita produttiva a Bologna, aggravando la disoccupazione anche come sotto occupazione. Il prestatore d'opera si trova di fronte al datore di lavoro « da solo >> e con un potere contrattuale distrutto. Desideriamo a questo punto aggiungere alcune opinioni personali su argomenti relativi alla impostazione di determinate lotte sinda~ali, su aspetti, che pur emergendo dalle indagini, so~o appena sfiorati nelle conclusioni della inchiesta. Affermazioni esplicite sono fatte solo a proposito dell'orario di lavoro. Sulle 108 fabbriche esaminate una sola esegue ordinariamente 40 ore (la Ford), 13 eseguono 44 ore, 58 fabbriche hanno l'orario ordinario di 48 ore e non denunciano straordinario, per le altre si toccano punte di 53, 60, 72 ore. In tali condizioni è chiaro che la lotta per la riduzione d'orario, se deve basarsi sul principio della riduzione a parità di salario, deve però da un lato legarsi a lotte precise di carattere aziendale e dall'altro deve essere sviluppata come lotta a carattere generale contro la effettuazione di straordinari; ma è chiaro anche che sotto qt1esto secondo profilo, dati i bassi livelli di retribuzione, è difficile trovare gli operai favorevoli (è già difficile che essi stessi denuncino l'entità _degli straordinari)w Come per la lotta contro il fuori-busta c'è da dire che una azione può avere successo solo se collegata immediatamente al1' altra per gli aumenti salariali. Per i notevoli dislivelli di retribuzione ci sono discorsi distinti da fare; c~ntro il superminimo individuale non è possibile tentare asso1utamente niente per non creare ulteriori frizioni, ma per i dislivelli piu generali di qualifica è possibile impostare richeste precise. I sindacati si sono raramente preoccupati dei dislivelli stessi e non si sono mai posti con chiarezza il problema se sia opportuno fare coscientemente, e non secondo le linee di minor resistenza, t1na politica di fabbrica tendente alle differenziazioni o tendente agli avvicinamenti salariali. Le strutture dei salari aziendali inoltre sono tali che si ripercuotono sempre nel senso delle maggiori differenziazioni, sia nel caso delle forme percentuali in rapporto col sala~io base di qualifica, sia nelle forme tariffarie che se pure non tengono conto delle paghe di fatto sono BibliotecaGino Bianco

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