Passato e Presente - anno I - n. 2 - mar.-apr. 1958

ssato resente 117 Scienza e tecnica:G. Preti 1 26 Alternative della.pianificazione:L. Cafagna 15 9 Sociologiadel consumo:A. Pizzorno, A. Carbonaro 185 Il partito-apparato: L. Faenza 205 Inchiestasui salari: M~ A. Sa/vaco· 226 Francesi e algerini: H. Raymond 23 5 Note e commentidi I. Cafvino, C. Meana, G. Scalia 25 8 Segnalazioni N. 2 - m~rzo-aprile 1958 Biblioteca Gino Bianco

Sommario Giulio Preti, Sci.enza e tecnica. Luciano Cafagna, Le alternative deUapianificazione e la storia deUa economiasovietica. Materiali per una sociologia del consumo. Alessandro Pizzorno, Il fenomeno del consumoe le trasformazioni sociali. - Antonio Carbonaro, Alcune ricerchesignificative. Liliano Faenza, Il partito-apparqto. ' REALTA ITALIANA M. Adelaide Salvaco, Una inchiesta sui safari a .Bologna. MONDO CONTEMPORANEO Henry Raymond, Le basi sociali dei rapporti franco-algerini e il colpodi stato del 6 febbraio l 9 J 6. NOTE E COMMENTI Cosa confermanoi profughi ungheresi (Italo Calvino). I censori di Pasternàk (Carlo Meana). Que_Uoche non si dice di Gramsci (Gianni Scalia). SEGNALAZIONI a cura di Antonio Giolitti, Francesco Sirugo. Redazioni BOLOGNA - Via Mezzofanti 1 - Tel. 47.405. MILANO - Via Calatafimi 12 - TeL 85.73.80. ROMA - Via. Uffici del Vicario 49 - Tel. 68.19.86. Amministrazione TORINO - Via XX settembre 16. Segreteria di Redazione presso la Redazione romana. Abbonamenti Annuale L. 2400 (Italia). L. 4000 (Estero). Sostenitore L. 10000 (sul c.c.p. 2/15265). Un fascicolo L. 500. Direttore responsabile Carlo Ripa di Meana. Biblioteca Gino Bianco

SCIENZA E TECNICA I. - Prendiamo le cose un po' da lontano. Storicamente, la cultura occidentale ha due grandi fonti, le quali poi si sono spesso, nel corso dei millenni, variamente contaminate soprattutto mediante quello che è . stato per molto tempo il loro piu proprio terreno di incontro : la filosofia. Queste due fonti sono la magfa e la tecnica. Situato nella natura e di fronte ad essa con una quantità di bisogni, l'uomo vi provvede dapprima per due vie : la formula e/ o il rituale magico, oppure i normali procedimenti tecnici, i procedimenti del «fare )) e del fabbricare nel senso, press 'a poco, che diamo noi oggi a queste parole. Invoca o storna la pioggia con procedimenti magici, si ripara da essa costruendo capanne; prevede le stagioni e semina con procedimenti tecnici, anche se a volte cerca di propiziare le operazioni con procedimenti magici. Non è facile individuare le differenze, per noi cos1 intuitive, tra i due tipi di procedimento. I tentativi per caratterizzarle - « soprannatu~ ralità )> contro « naturalità ))' « assenze di nessi causali )> contro « operazione mediante nessi causali )) - hanno in genere il difetto di descriverne la differenza mediante categorie (quali, appunto, « natura », « causalità ») in genere rriolto tarde rispetto all'epoca in cui le due forme si sono fronteggiate alla pari; senza contare il fatto che, come sarebbe facile provare attraverso una indagine storico-semantica, queste stesse categorie sono sorte piuttosto da_un terreno di compromesso tra le due forme che non dalla sistemazione teoretica di una di esse (cioè, in altri termini : « natura », « causalità )), e concetti del genere, contengono, accanto ad elementi tecnico-scientifici, residui di contenuto magistico ). Per caratterizzarle forse si dovrebbero adottare diversi punti di vista. Ne . accenniamo qui due, particolarmente rilevanti per quello che verrà in seguito. In primo luogo, l'immobilismo, la fissità rituale del procedimento magico: il rito, la formula tendono a irrigidirsi, a ripetersi identici secondo un rigido schema, che non si può variare sotto pena di nullità o di effetti catastrofici. Il procedimento tecnico invece appare, nel complesso (cioè, sebbene con importanti eccezioni), piu sciolto, piu progressivo, piu variabile nei suo_ielementi. 8 Biblioteca Gino Bianco

118 Giulio Preti Le ragioni di ciò sono in parte sociologiche : la. casta dei maghi, stregoni, sacerdoti, depositari dei procedimenti magici e perciò privilegiata è in genere piu conservatrice delle associazioni o famiglie artigiane. Ma, mi sembra, ciò si presenta come conseguenza di un altro importante carattere differenziale, costituito dal rapporto rispettivo di magia e tecnica con il loro oggetto o scopo. La magia è col SU(! scopo in un rapporto di produzione, o meglio « evocazione» immediata: lo scopo per cui è compiuto l'atto (per esempio, la pioggia o la morte di un nemico) sorge dall'atto stesso con un'immediatezza per cui le due cose quasi finiscono per identificarsi. Invece la tecnica raggiunge il suo scopo mediatamente, attraverso una serie ·di atti ognuno dei quali ha .con gli altri un rapporto ben definito, ed ha con lo scopo un rapporto mediato e condizionato dagli altri atti della serie : il che impedisce l'identificazione o quasi-identificazione, e istituisce una certa indipendenza dei « mezzi )) dal « fine >>, onde questi risultano mutevoli o sostituibili (posso farmi la barba tanto con rasoio gillette quanto con un rasoio elettrico). E qui si introduce un'altra considerazione, per me assai importallte per i suoi sviluppi successivi. La considerazione della funzione del linguaggio. La magia identifica il linguaggio con la realtà: la parola, la formula magica, il gesto rituale hanno un'immediata potenza mç,,gica, sono essi stessi la forza che produce l'effetto - ed anzi, in un certo senso si identificano (almeno emotivamente) con questo. Nel linguaggio del tecnico, le formule riassumono, assumendo la forma di precetti, determinate esperienze o serie di esperienze: il loro scopo· è comunicativo o memorativo, non quello di produrre direttamente, in q'tf,anto formule, l'effetto, e tanto meno aspirano a identificarsi con questo. (Si potrebbe anche dire : nominalismo del linguaggio tecnico di fronte al realismo del linguaggio magico). · Ma soprattutto la diversità delle due forme in questione assume un netto rilievo attraverso le due forme di pensiero che si sono sviluppate dalla riflessione razi~nale su di ognuna di esse, come loro coscienza • teoretica : la teologia e la scienza. Per « riflessione razionale » intendo quel complesso lavoro (la cui origine storicamente suole indicarsi, forse a torto, come origine della filosofia) per cui le esperienze di un dato campo (p. es. un complesso di rituali e/ o formule magici, oppure un complesso di procedimenti tecnici) vengono organizzate alla luce di principi e nozioni generali, s1 che risultano sistematicamente connesse e tra di loro e con i principi da cui vengono fatte dip~ndere. Poiché entro questo sistema le singole esperienze del campo perdono il loro ca-

• • ... Scienza e tecnica 119 rattere accidentale e ·puntuale, divengono esempi o casi particolari di nozioni piu generali, e quindi acquistano sul sistema un significato, a partire dal quale divengono esplicabili, prevedibili, e, se è il caso, producibili, cos1dico che il sistema stesso entro cui· tali esperienze vengono razionalizzate ne rappresenta la « coscienza teoretica >>. Ma con questo voglio dire qualcosa di piu, che è essenziale· per. il punto di vista che voglio ·sostenere: ed è che attraverso la r~flessione quelle esperienze perdo·no il loro immediato riferimento pragmatico e divengono conoscenze, ' cioè quadri e immagini che l'uomo si fa di se stesso e del mondo in cui si trova· situato. Ora, teologia e scienza rappresentano la coscienza teoretica delle esperienze, rispettivamente, magiche e tecniche: non solo _quindi costituiscono tentativi di sistemazione razionale di tali esperienze, ma anche contengono la. visìo11edel mondo che risulta· all'uomo rispettivamente da queste attività : volendo introdurre innocue astrazioni, potremmo dire la visione del mo11dodell'uomo-mago e dell'uomo-tecnico. Ora, e questo punto sarà il presupposto di quanto sto per· dire, la storia della nostra civiltà è la storia della progressiva vittoria della tecnica sulla magfa, sempre piu respinta e svalutata e ridicoleggiata come superstizione o ciarlataneria. E questa vittoria è il massimo valore della nostra civiltà, il massimo retaggio della nostra passata storia; tra l'altro, · l'u.nico e vero elemento dell'universalità effettiva della nostra cultura, il motivo per cui essa si è imposta in tutto il mondo. Ma la vittoria della scienza sulla teologia non è andata di pari passo : la mentalità teologica è ancora oggi assai viva, e nella sua ostilità alla scienza rischia di spogliare la tecnica stessa di ogni suo significato spirituale. 2. - Dopo questo forse troppo lungo preambolo, mettiamoci ad esaminarè piu da vicino i rapporti tra scienza e tecnica. E cominciamo col determinare· questo rapporto: la scienza contiene la tecnica come suo momento teoretico. Voglio dire: la tecnica non è semplicemente l'applicazione pratica della scienza, qualcos~ che la scienza produca este- .riormente a sé come sostanzialmente altro da sé. La tecnica è già nella scienza stessa come elemento fondamentale della verità di quèst'ultima. Gli storici della scienza si fanno spesso una domanda, che li lascia perplessi: gli scienziati della tarda Antichità, soprattutto dell'epoca alessandrina, possedevano un patrimonio di conoscenze scientifiche pari, e in alcuni casi persino superiore, a quello che possedevano i creatori della scienza moderna ai tempi di Copernico, Keplero, Galileo, etc. La storia della scienza del Medioe-voe del Rinascimento è solo la storia del lento ricupero del patrimonio del sapere antico. Perché, allora, gli scien- ...

120 Giulio Preti ziati dell'Età Antica non hanno creato essi quella che oggi chiamiamo « scienza moderna >> ? Perché Archimede non è stato Galileo? La risposta ce la dà la storia della tecnica antica. Tralascio i fattori sociologici di questo fatto (fattori del resto ben noti): ma il fatto è che il mondo della tarda Antichità è scarso di « domande >> e di conseguenza di « risposte >> tecniche. :È povero di tecnica. Tranne un breve periodo della storia dei Tolomei (periodo che del resto ha dato splendidi risultati), lo scienziato antico ha poche esperienze tecniche, e non è sollecitato ad averne di pi{1. Per questo la sua scienza si è fermata: i limiti della scienza antica sono stati costituiti dalla povertà della tecnica antica. I creatori della scie11zamoderna, dal tardo Cinquecento ai giorni nostri, si sono trovati di fronte ad una massa ingente, e sempre crescente, di « domande >> tecniche, ad una massa ingente di esperienze tecniche : ed è stata questa nuova tecnica che ha imposto quel ripensamento complessivo e quella trasvalutazione sistematica del sapere antico da cui _ha avuto origine la scienza moderna. La tecnica costituisce il momento della verità fattuale della scienza. Già Galileo, teorizzando il metodo scientifico, aveva messo· in evidenza come il metodo compositivo costituisse un momento essenziale nel processo della verificazione scientifica. Il metodo compositivo è appunto quello che verifica le ipotesi scientifiche mediante esperimenti : ma lo esperimento è già esso stesso un fatto tecnico, un procedimento creativo, fabbricativo, volto a produrre determinati effetti o fenomeni secondo un processo precedentemente pianificato. Non per nulla i grandi iniziatori della scienza moderna (p. es. Galileo, Pascal, Newton) furono anche dei tecnici, sia pure allo stadio artigianale: perché il lavoro tecnico. entrava come momento vivo ed attivo entro l'articolato complesso del loro discorso scientifico. Accanto all'idea, ovvia, ·di applicare le loro nozioni scientificl1e alla prodt1zione di strumenti utili al lavoro umaao, entrava l'altra idea, di prepararsi strumenti utili alla ricerca o alla verifica delle loro intuizioni scientifiche. A questo proposito è anzi opportuno osservare che passando dalla scienza moderna alla scienza contemporanea questo rapporto del procedimento tecnico con la verità fattuale della scienza si è fatto molto piu intrinseco, modificando la nozione _stessadi « verifica sperimentale >>. Lo sperimentalismo dell'Età Moderna (fino circa alla metà dell'ottocento) è ispirato al grande principio, d'origine rinascimentale, della imitatio naturae : la natura è il modello che noi dobbiamo teoricamente comprendere e praticament_e imitare per conseguire il vero nella scienza e l'effetto Biblioteca Gino Bianco· ·

Scienza e tecnica 121 utile nella tecnica (come, del resto, il bello nell'arte). La scienza mira a speculare i segreti movimenti con cui la natura ottiene i suoi effetti; l'arte mira a « rubarli », ossia a riprodurli o a valersene. Se noi abbiamo colto il segreto della natura, possiamo anche praticamente imitarne gli effetti, a produrre effetti voluti : ecco perché la riuscita pratica del1'esperimento è una conferma della verità della speculazione scientifica. È questo il concetto del valore del procedimento tecnico-sperimentale che si può ritrovare, p. es., in un Leonardo o in un Bacone. Ma collegato con questo è un altro, piu profondo, che si trova accennato in Galileo o in Cartesio : il converso - che la natura deve produrre come noi la riproduciamo, che il nostro esperimento, quando riesce e perché riesce, fornisce un modello teoretico (perché già esso stesso teoreticamente costruito, o comunque teoreticamente traducibile) del come procede la natura nelle sue produzioni, diciamo, « naturali )). Il laboratorio del fisico o del chimico è un modellino del grande laboratorio della natura. (Di qui, per esempio, l'enorme autorità che hanno avuto le concezioni meccanicistiche, e in genere le spiegazioni mediante modelli meccanici in tutta la scienza moderna). Nella scienza odierna le cose sono molto .mutate. La crisi dei modelli meccanici ( 1925), il principio di indeterminazione di Heisemberg, il sostituirsi ai modelli di astratti apparati matematici hanno indotto alcuni critici marxisti 1 a parlare di una crisi della scienza sotto l'influsso dell'idealismo borghese, crisi provocata da una separazione del sapere scientifico dal lavoro delle officine. Ma secondo me la cosa non è esattamente cosL La crisi della scienza contemporanea è prodotta piuttosto da una crisi del concetto tradizionale della _imitatio naturae in conseguenza di un piu intimo contatto di scienza e tecnica. Il laboratorio non è ·piu il modello della natura -perché in_molti campi è esso stesso la natura. In molti campi - elettrotecnica superiore, fisica ·atomica e nucleare, cibernetica - il laboratorio non riproduce << artificialmente )>fenomeni << naturali>), ma produce fenomeni che « in natura>) (secondo il concetto classico di « natura >)) o non esistono affatto o sono sporadici e rari. · Il processo di produzione tecnica non esemplifica e non prova la legg·e o l'ipotesi scientifica, poiché. è esso stesso la legge e l'ipotesi: la legge non serve piu semplicemente a predire i risultati di un esperimento ottenuto con varii accorgimenti tecnici, ma formula il procedimento 1 CHRISTOPHER CAUDWELL, Crisis in Physics) London 1939. , · B·iblioteca Gino Bianco

122 Giulio · Preti tecnico stesso (di qui il fascino che ha avuto, nella filosofia della scienza contemporanea, l'interpretazione operazionistica dei concetti scientifici - per esempio, di un Bridgmann). 3. - Ma a questo punto devo fare apparentemente macchina indietro. Proprio di fronte al pericolo della riduzione della scienza in mera tecnica, insito nella stessa struttura della scienza contemporanea e di conseguenza in molte interpretazioni operativistiche o pragmatistiche della medesima, devo ribadire il carattere di coscienza teoretica che la scienza ha - e secondo me deve mantenere - di fronte alla tecnica. Infatti, in primo luogo, la tecnica trova nella ~cienza la propria integrtlzione, sia pragmatica sia teoretica. Già Bacone ha sottolineato la funzione della scienza come ars inveniendi, di fronte al procedere affatto casuale della mera tecnica. In virtu della sua interpretazione scientifica ogni scoperta od invenzione tecnica diviene feconda di indefiniti sviluppi; appunto perché l'interpretazione· scientifica le conferisce un significato, la connette con altri fatti- e procedimenti tecnici già noti, ne permette la combinazione, la variazione, il progetto di altri e nuovi procedimenti tecnici, la costruzione di macchine, eccetera. La scienza fornisce idee~ guida, e soprattutto suggerisce leggi analogiche, pur nel· piu avanzato lavoro di frontiera : questo procede tanto piu sicuro quanto meglio assestato è il campo scientifico che regge l'interpretazione del funzionamento degli apparecchi, e quanto meglio si siano eventualmente sistemati i risultati ottenuti in campi similari. Senza la _guida della scienza, il prqcedere del tecnico. è un mero procedere « per tentativo od errore», i cui risultati sono altret~anto casuali quanto gli insuccessi, e corrono il rischio di assumere apparenza taumaturgica. Ma non è su questo punto, del resto molto ovvio, che voglio insistere: bens1 sull'altro: che la tecnica trova nella scienza la propria integrazione teoretica. La scienza contiene la concezione del mondo del tecnico : voglio dire, che essa esprime ed espone il quadro del mondo entro cui opera il tecnico, quel quadro che egli viene costruendo proprio in o mediante il suo operare. Ed è attraverso questo quadro che l'opera del tecnico si inserisce, come significato spirituale e non solo come mera ·produzione di utilità, nel mondo complessivo della cultura del suo popolo e della sua epoca : che esso vi porta il proprio modo di vedere le cose e il mondo, il pròprio modo di ragionare, e ve lo porta come un paradigma che può venire imitato ed esteso ad altri campi, per esempio al modo di risolvere i problemi sociali o i problemi internazionali. Solo Biblioteca Gino Bianco

Scienza e tecnica 12.3 perché integrata nel pensiero scientifico la tecnica è stata capace di divenire la molla del progresso spirituale dell'Europa moderna; ma ove perdesse tale integrazione, malgrado tutta la sua efficacia pratica essa finirebbe col perdere ogni valore spirituale, ad onta, e forse anche persino in conseguenza, delle sue immense potenzialità pratiche. 4. - E vengo quindi, finalmente, all'argomento che mi stava a cuore fino dall'inizio. Che sarebbe della scienza nel caso che questa, come temono alcuni critici del formalismo scientifico contemporaneo, si staccasse dal lavoro dei tecnici? Priva di questo intimo ed essenziale rapporto, cesserebbe di essere « scienza >>: non sarebbe piu nulla; o forse « filosofia >> nel senso peggiore del termine, teologia e vana fantasticheria. Cosf succedette alla scienza verso la fine dell'Età Antica: al decadere di ogni gusto e di ogni bisogno tecnico, all'inizio di un'èra di economia schiavistica con tecniche assolutamente rudimentali, la scienza si è fatta teologia e superstizione, conservando solo malamente i relitti di una piu antica esperienza tecnica. Tuttavia, oggi, malgrado l'apparenza di formalismo, la scienza non corre questo pericolo. Corre piuttosto il pericolo opposto che, in altra forma e per altre vie, può portare ai medesimi risultati - corre il pericolo di ridursi essa stessa a tecnica, a mera tecnica, come molti contemporanei operazionisti, pragmatisti (non però Dewey!) e affini sostengono e, a quanto pare, auspicano. Ove la scienza divenisse tecnica e mera tecnica, cesserebbe di essere orizzonte teoretico, visione spirituale del mondo, valore di civiltà - cesserebbe di essere pensiero, riducendosi ad una serie piu o meno complicata e difficile di accorgimenti pragmatici. Ma se· la tecnica perde il suo orizzonte integrante teoretico, se perde quel complesso rapporto interno di identità-tensione con il pensiero scientifico, a che cosa si riduce? Da una parte rischia di diventare una nuova specie di magfa (magfa xx secolo!), taumaturgia che ottiene effetti inirapili e mirabolanti attraverso procedimenti di cui non si dà un senso, che cadono in un mondo che li accoglie come meramente possibili ma non necessari, spesso legato a poteri carismatici del tecnico (simili al «grande>> chirurgo o al divo del foot-ball). Dall'altra parte la tecnica rischia di diventare mera attività banausica, mercenaria, operante secondo fini che le sono estranei, che non è in grado, nonché di criticare o difendere, nemmeno di comprendere, limitandosi al preventivo dei costi economici di quegli stessi fini. Fini che non può criticare o difendere, perché posti in e da un mondo umano in cui non opera piu -la visione scientifica, ma una visione non scienBiblioteca Gino- Bianco

Giulio Preti tifica e quindi non tecnica; una visione teologica e puntellata da superstizioni - la tecnica finisce dominata e asservita ad un mondo che si vale di essa come mero sussidio strumentale. Tutte le volte che caste isolate dal mondo del lavoro hanno tentato il dominio delle masse mediante ideologie teologiche, sempre hanno combattuto la concezione scientifica del mondo come profana ed erronea, riducendo la scienza a tecnica e questa a mera strumentalità pratica. Platone ha fornito la falsariga e i concetti fondamentali per questo procedimento, che abbassa la tecnica al mero operare banausico, inconsapevole o semi-consapevole, e la scienza, che dovrebbe costituire la consapevolezza di quell'operare, a mera opinione di fronte al vero sapere che è intuizione del divino. Cosi agli inizi del pensiero cristiano, Agostino (De doctrina christiana), e poi qualche secolo dopo Rabano Mauro seguito da un 'intera letteratura teologale, hanno salvato la scienza ar1tica di fronte alla negazione cristiana, riducendo quella stessa scienza a mero strumento tecnico senza valore intrinseco, falso nella visione del mondo che conteneva ma utile per le capacità pratiche che poneva a disposizione. Solo verso la fine del Medioevo, dopo non piccole lQtte, verrà ricuperato il senso del valore del sapere scientifico : e ne nascerà la scienza moderna. Oggi siamo circa nella medesima situazione. Si rinnegano in blocco i risultati della rivoluzione laica e scientifica del pensiero moderno : se ne temono e anatemizzano gli sbocchi storici. Si respinge la visione scientifica della natura fisica e della natura umana perché atea e « materialistica >>; si respinge ogni tentativo, di visione scientifica della storia e dei rapporti politico-sociali perché « comunista » e, di nuovo, atea e « materialistica ». Fisit:a, psicologia clinica, economia politica, non devono costruire una organica visiofle del mondo, non devono aver pretese teoriche - devono soltanto ridursi a magazzini di mezzi per costrui~e strumenti utili di guerra e di pace, per ospedali e istituti di educazione, per organizza_re il controllo dei mercati. Mezzi di potenza e di dominio sulle masse. C'è un'enorme letteratura che si diverte a rappresentare, spingendole al paradosso, le possibilità di distruzione, e di autodistruzione, che la tecnica pone oggi al servizio delle potenze umane. Ora... io non credo che tali mezzi siano giocattoli da ridere; tuttavia ci sono altri prodotti tecnici che temo assai di piu, per i loro catastrofici effetti rnorali, che non le bombe A od H. E sono la radio, la televisione, i fiippers e i juke boxes. Se è vero che per entrare nel regno dei cieli occorre divenire simili a fanciulli, le grandi industrie (e i governi che ne sono controllati) stanno garantendoci questo regno a tutti, in massa. E assicurano, sulla Biblioteca Gino Bianco

Scienza e tecnica . 125 base del nostro incretinimento en masse, a se stesse il regno della terra. Questi strumenti tecnici servono a sollecitare, esaltare, sentire emozioni infantili piu consone ad una visione magica e taumaturgica del mondo, che non ad una virile e critica visione scientifica. Sono la strada per u11 esito teocratico della democrazia. A questo proposito, e per concludere, toccherò un ultimo punto. Tempo fa (per l'Italia, 1946) ebbe una grande eco un libro di un americano, La rivoluzione dei tecnici di James Burnham. Questi interpretava le grandi democrazie contemporanee, Stati Uniti e URSS, nonché grandi dittature come quella nazista, come rivoluzioni tecnocratiche e tecnocrazie. È vero che il libro venne frainteso, perché l'Autore per « tecnici>> intendeva i n2anagers, i tecnici-dirigenti; ma, a parte il fatto che egli stesso, nelle risposte finali alle possibili obbiezioni, ne allargava notevolmente il concetto, è certo che il libro sugger1 l'idea che questa nostra èra fosse l'epoca della « rivoluzione della tecnica>>. I fatti successivi, la storia dei tecnici e scienziati d'America (e forse di Russia), gli hanno dato torto: dalla data originaria del suo libro ( 1941) noi siamo inoltrati nel nostro secolo di ben 17 anni. Abbiamo visto ampiamente tecnici e scienziati controllati e tiranneggiati dai militari, e questi dai politici esponenti dei grandi « interessi >>.Abbiamo assistito alle accorate proteste~ dei tecnici-scienziati d'America per la libertà e la dignità del loro lavoro. Di fatto i tecnici, siano essi managers o tecnici d'officina o sperimentatori, non possono governare. Se restano meri tecnici possono soltanto fornire ai veri dominatori strumenti, piu o meno ben pagati. Piu giustamente, anche se in apparenza in modo piu utopistico, Dewey aveva visto come questa nostra epoca potrebbe divenire davvero l'èra della tecnica, e insieme della libertà e della democrazia : ove la mentalità tecnica, cioè la forma scientifica di ragionamento, divenisse la forma in cui l'umanità venisse a impostare e a risolvere i propri problemi, economici come morali e politici. Ed è ancora lo sviluppo, il perfezionamento e la diffusione di questa mentalità tecnico-scientifica il compito che tecnici e scienziati oggi hanno in comune, per il progresso e forse la salvezza dei valori piu cari della nostra civiltà: la libertà e il sapere 1 • GIULIO PRETI 1 Da una conferenza tenuta dall' A. e per gentile concessione del Centro culturale presso il quale è stata pronunciata nel gennaio 1958. B•iblioteca Gino Bianco

LE ALTERNA TIVE DELLA PIANIFICAZIONE E LA STORIA DELL'ECONOMIA SOVIETICA I. Singolare è l'accusa che venne mossa dallo Schumpeter agli economisti socialisti n~l 1942, quando, ponendosi la domanda tradizionale « Può funzionare il socialismo? », rispose: << La cosa è talmente ovvia che non avrei creduto 11ecessario insistervi se non la si fosse voluta negare, e se - fatto ancor piu strano - i socialisti ortodossi non fossero stati incapaci di dare una risposta scientificamente accettabile prima di avere imparato il proprio mestiere da economisti di idee e simpatie fortemente borghesi )) 1 • Crediamo che fra i pochi economisti socialisti che possano sfuggire a questa accusa un posto di primo piano spetti a Maurice Dobb, della cui opera principale su questi problemi Soviet Economie Development since 1917 è apparsa recentemente in Italia una traduzione. Unitamente alla serie di articoli e di saggi che l'economista di Cambridge ha dedicato, sia prima che dopo la guerra, ai temi teorici di una economia socialista, questo lavoro ha contribuito in maniera non tradizionale all_aimpostazione del problema 2 • 1 JosEPH ScHUMPETER, Capitalis1no socialisnio e deniocrazia, Milano 1955, p. 162. 2 MAuRICE DoBB, Storia dell'economia sovietica, Editori Riuniti, Ron1a 1957, p. 533. L'edizione inglese apparve nel 1948 (n1a, come avverte l' A., fu scritta nel 1946). Questo lavoro era stato preceduto, nel 1928, da Russian Economie Development since the Revolution e <la una serie di saggi e articoli sui problemi <li una economia socialista (per la 1nassima parte ora raccolti in On Economie T heory and Socialisn2 - C ollccted Papers, London I 954, pp. 33-92, ove si trovano uno scritto ·del 1933, uno del 1939 e uno del 1953, nel quale sono ripresi scritti anteriori; per quest'ultimo si veda infatti anche Il dibattito sul calcolo economico in una economia socialista,. in « Critica Economica », 1948, n. 4). Con un saggio su Il problema delle leggi economiche in una economia socialista si conclude ~nche_ il voluflle Economia poli.tica e capitalismo, Torino 1950, pp. 261-323 (ma I ed. inglese e de! 1937). _Posteriormente al~a Storia sono da segnalare le Lezioni tenute nel genna10-fe?br~10 !951 alla Dehh School of Economics (trad. it. come suppi. alle lnformazt?n,t Svzm_ez_, set~embre ~ ottobre 1953), particolarmente la terza su Il processo di tndustrtalizzazzone nell URSS, e la voce Pianificazione nel Biblioteca Gino Bianco

Alternative della pianificazione 127 La « negazione » cui allude lo Schumpeter è quella notissima di Ludwig von Mises. Il fatto che gli economisti socialisti o filo-socialisti, quando hanno tentato costruzioni scientifiche e non meramente ideologiche, si sono appoggiati, per elaborare i loro schemi di economia socialista, a impostazioni o suggerimenti già formulati da teorici tutt'altro che socialisti (fra cui primi gli italiani Pareto e Barone) è comprovato dall'andamento del dibattito svoltosi fra le due guerre intorno alle tesi del von Mises 1 • Intendeva riferirsi evidentemente a questo dibattito il Dobb, quando, in alcuni suoi scritti, osservava che un limite tradizionale della considerazione dei problemi di una economia pianificata da parte della teoria è dovuto alla angolatura originaria di quest'ultima, sorta come sforzo di dimostrazione del modo in cui ordine e arn1onia possono stabilirsi nella vita economica di una società mercantile senza meccanismi centrali di coordinazione, ed elaborata poi principalmente come analisi delle condizioni di equilibrio statico del mercato in cui tutte le quantità economiche possano trovarsi in esatta proporzione fra lc:1rd e come teoria della concorrenza perfetta quale meccanisn10 che tende. a riavvicinare a quelle condizioni dopo ogni e qualsiasi mutamento. Di qui, dagli schemi mentali cos1 sorti, è derivata la antica critica a priori nei confronti di una economia socialista, di una economia, cioè, in cui I 'integrale trasferimento della proprietà dei mezzi di produzione da mani private alla pubblica collettività comporta altres1 il trasferimento dei poteri di decisione economica da una molteplicità di centri che questo potere fondano appunto sulla proprietà privata o su deleghe di quest'ultima, ad un centro unico che monopolizza il potere di decisione in nome di una collettività proprietaria, con o senza deleghe di questa 2 • Dizionario di economia politica a. cura di C. Napoleoni, Milano 1956, pp. 1107134. Pur senz_a esserne una recensione il presente scritto non va al di là di un insien1e di considerazioni critiche suggerite dall'opera di questo autore. 1 Ci limitiamo a segnalare Pianificazione econo1nica collettivistica. Studi critici sulle possibilità del socialismo di A. F. VONHAYEK,N. G. P1ERSON, L. VON M1sEs, G. HALM,con introduzione di C. BRESCIANITuRRONI,Torino 1946, pp. xx1235; OsKARLANGE-F. M. TAYLOR, On the Economie Theory of Socialism, Minnesota 1938; ABRAMBERGSON, L'economia· socialista, in L'economia contemporanea a cura di H. S. ELLis, Torino 1953, cap. XII, pp. 485-526. 2 « Il problema vitale - ha osservatò di recente al riguardo R. L. MEEK, The definition of Soci.alism: a Comment, in « The Economie Journal », n1arzo 1957, pp. 135-39 (trad. it. in « Mondo economico», 1957, n. 21) - sembra essere quello del grado in cui il controllo sociale delle decisioni economiche ed amm~nistrative possa divenire effettivo >>. Dovremo tornare piu avanti su questa questione. BibliotecaGino Bianco •

128 IJuciano Cafagna Opinione che è espressa dalla drastica formula del von Mises : « Ogni passo che ci allontana dalla proprietà privata dei, mezzi di produzione, ci allontana anche dalla economia razionale)). Di fronte alla «negazione>> si ebbero coloro che, accettandone l'impianto del ragionamento, si sforzarono di dimostrare come un calcolo economico ed una razionale distribuzione delle risorse potessero aver ... luogo, nonostante l'assetto socialista, nonostante, cioè, l'eliminazione del regime giuridico della proprietà privata dei mezzi di produzione. Il piu noto di questi studiosi è l'economista polacco Oskar Lange, oggi massimo dirigente della pianificazione socialista del suo paese. Gli schemi cos1costruiti - che il Bergson chiama « soluzioni concorrenziali >> del problema di una economia socialista e il Dobb, con una diversa sottolineatura di cui vedremo, il significato, « soluzioni decentralizzatrici ,> - prevedono il permanere, in una economia socialista, sia di un mercato al minuto, base per la fissazione dei prezzi dei beni di consumo (sui quali si suppone quindi che debba influire la « sovranità del consumatore))), sia un mercato per i fattori di produzione. L'Autorità centrale avrebbe la prerogativa di determinare l'ammontare complessivo degli investimenti (mediante il meccanismo del tasso d'interesse) e le norme cui dovrebbe ispirarsi la condotta economica delle singole unità di produzione n_el rapporto fra costi e prezzi. Nello schema del Lange (che differisce soprattutto in questo punto dagli altri) si esclude la necessità di un mercato reale e si attribuisce all'A·utorità centrale il compito di integrare le decisioni delle singole unità di produzione, in luogo del mercato, mediante un contin•uo calcolo delle variazioni da apportare ai pre·zzi in rel~zione alle variazioni della domanda e dell'offerta : u11: meccanismo i!11itativo, insomma, di quello del mercato. Si avrebbe, in sostanza, in una soluzione di questo tipo una molteplicità di sfere decisionali: A) l'Autorità centrale, cui competerebbe di fissare a) l'amz. montare degli investimenti per ciascun periodo, b) i prezzi ai quali si effettueranno le transazioni fra le imprese, c) il tasso di interesse, d) le regole cui deve ispirarsi l'impresa nel rapporto costi/ prezzi; B) le imprese, cui spetterebbe di determinare entro questo quadro a) natura e volume della propria produzione, b) natura e volume dei propri investimenti; C) il mercato dei beni di consumo e della forza lavoro, ove consumatori e venditori della forza lavoro avrebbero, piena sovranità ad influire sui rispettivi prezzi di acquisto e di vendita, rispettivamente dal lato della domanda e dal lato dell'offerta. Non è il caso di _diffondersi sulla critica cui fu sottoposta questa soBiblioteca Gino Bianco

Alternative della pianificazione 129 .. luzione da parte di avversari aperti del socialismo come lo Hayek e neanche sulla critica del Dobb, tranne che in un punto essenziale. Quel che bisogna chiedersi, invece, sono le ragioni di questa ostinazione entro gli schemi di una tradizione economica nata in un quadro mercantile e capitalistico. La ragione non può essere che una : il problema della distribuzione razionale delle risorse fra usi alternativi è realmente, per questi autori, il problema primo di ogni economia, non solo mercantile e capitalistico. La sostituzione della soluzione « naturale » data dal mercato concorrenziale con una soluzione, per cos1 dire, artificiale, ma ugualmente efficiente, appare di conseguenza il centro della controversia e il compito principale dell'economista del socialismo in quanto economista. La cosa non può sorprendere, indipendentemente dalle osservazioni che si possono rivolgere a questa visione da vari lati. Una distribuzione irrazionale delle risorse può benissimo annullare ogni altro vantaggio di una economia socialista, o quanto meno ridurne considerevolmente le proporzioni. Tutto dipenderà dal grado di scarsità e di mobilitabilità delle risorse disponibili, dalla misura delle distruzioni operate da queste irrazionalità e dalla ampiezza degli altri vantaggi (cioè dalla capacità che questi ultimi danno di modificare rapidamente il dato del grado di scarsità iniziale): è in relazione a questi fattori che il problema avrà una dimensione o ne avrà un'altra e dovrà realmente essere o non essere il problema principale o un problema importante o un problema affatto secondario 1 • I fautori della soluzione « concorrenziale » del modello di economia socialista mostrano chiaramente di ritenere il problema come principale. Ciò avviene probabilmente, però, piuttosto per una prevenzione di tipo ideologico che per una chiara valutazione delle diverse variabili che in circostanze storicamente diverse, variamente vanno a comporre il problema. In questo senso essi" - come sottolinea il Dobb - non si distaccano da alcune premesse essenzialmente statiche della economia tradizionale, che, invece, vanno decisamente abbandonate perché, con la economia socialista, si entra in un nuovo ambito di relazioni eco, nomiche. Il Dobb pone l'accento sulla forza sconvolgente dei « vantaggi » di tali relazioni rispetto ai termini del problema tradizionale. Il fatto sostanziale è qui il mutamento radicale delle proporzioni 1 Si vedano, per questo problema, gli scritti dell'econo1nista britannico PETER WILES, Scarcity, A1arxism· and Gosplan, in « Oxford Economie Papers ))' ottohre 1953; Growth versus Choice, in « The Economie Journal ))' giugno 1956. Biblioteca Gino Bianco ·

Luciano Cafagna della « decisione >> economica che si determina con il trasferimento dei poteri di decisione dall'atomistica dispersione ad un unico centro. Da ciò deriva un tale potenziamento dei fattori di sviluppo che preoccuparsi delle condizioni di equilibrio in quella forma esagerata che ne fa il problema principale diviene anacronistico. La questione è posta nei termini di un dilemma metodologico : la connessione degli eventi economici deve essere affrontata come una connessione flessibile e molecola.re o come una connessione rigida e per grandi insiemi indivisibili? Il problema è alla base di una politica di distribuzione delle _risorse. Le scelte, nel secondo caso, non potranno essere tanto sottili e articolate, ricche di molteplici attenzioni, ma saranno massicce, potranno essere massicce, tendenti all'esclusivismo. Non sfonderanno in un punto ma su un intero fronte. Si noti, sin d'ora, come il Dobb ponga l'accento su una sola delle variabili del problema, ritenendola di una dimensione tale da pèrmettere di considerare trascurabili le altre, e soprattutto ritenendola interamente indipendente dalle altre .. Nella sua prima opera sull'economia sovietica, che è del 1928, l'economista di Cambridge si era tenuto fermo alla vecchia impostazione. Ma già nel 1933, in un articolo apparso sull' « Economie J ournal », lo vediamo farsi sostenitore di una soluzione diversa· da quella concorrenzialista, soluzione poi ripresa nel capitolo conclusivo di Economia politica e capitalismo, che è del 1937. Di mezzo c'era stato l'inizio dei quinquennati sovietici con le sue suggestioni. Tocchiamo qui una caratteristica essenziale della costruzione teorica del Dobb, quella che secondo noi è valsa a sottrarlo alla _accusa schumpeteriana indicata in principio: il fatto,' cioè, che essa si svolge con l'occhio all'esperienza reale del modello sovietico, invece di proseguire sul puro e semplice binario della controversia teorica. Dall'esperienza il Dobb crede di poter ricavare in primo luogo la non necessità (argomento in certo senso piu forte di quello antico degli svantaggi « anarchici )) di una soluzione concorrenziale. Invece di situazioni in cui sia necessario cercare faticosamente l'optimum di assegname11to di risorse indefinitamente flessibili ed adattabili fra un grar1 numero di fini rivali, la realtà economica offre una « rigidità effettiva >> assai maggiore di quella supposta dalla teoria. Come è stato accennato dal Bergson questa tesi si fonda su una visione dei rapporti fra tecnologia ed economia piuttosto diversa da quella tradizionale e che è di grande interesse. Nelle relazioni fra le varie quantità in cui entrano in combinazione fra loro i fattori produttivi e, all'interno di questi, le singole quantità di beni strumentali, avrebbero più importanza di BibliotecaGino Bianco ·

Alternative tJ,ella pianificazione quanto si pensi (e di quanta se ne attribuisce invece ai rispettivi « valori » economici) dei coefficienti fissi di natura tecnica 1 • Una volta conosciuta la disponibilità o la producibilità di alcune quantità fondamentali e fissati, sulla base di questa conoscenza, degli obbiettivi di produzione secondo una scala di priorità, le scelte per l'impiego delle risorse disponibili nella realizzazione degli obbiettivi fissati sarebbero meno soggette ad alternative di quanto non si ritenga. Perciò, invece dell'incapacità ad orientarsi fra le difficoltà inestricabili della ricerca di soluzioni ottime, la vera, essenziale caratteristica dell'economia socialista centralizzata è l'impulso creativo e dinamico derivante da una enorme · amplificazione delle possibilità dell'azione econqmica, di cui è invece privo un sistema a decisioni decentrate. Tale amplificazione è racchiusa proprio nella s,ostituzione di un coordinamento ex-ante - come il Dobb lo chiama - delle decisioni economiche a quella sorta di coordinamento 1 Sui « coefficienti tecnici >> o « indici tecnico-produttivi )) si veda C. BETTELHEIM, Problèmes théoriques et pratiques de la planification, Paris 1951, pp. 132 sgg. Si tratta dei numeri che rappresentano le quantità delle diverse materie necessarie ad ottenere un'unità di produzione di un prodotto industriale: p. es., per ottenere una tonnellata di cloruro di polivinile occorrono t 0,3 di piriti di ferro; 0,42 di cloruro di sodio; t 7 di carbone; t 2,4 di carbonato di calcio. Gli obbièttivi del piano saranno reciprocamente aggiustati, mediante il metodo dei « bilanci )), in 1nodo da ottenere il rispetto di queste relazioni in una progressiva integrazione di tutte le relazioni implicate a partire dagli obbiettivi principali. Questi coefficienti naturalmente non sono immutabili: essi tendono a modificarsi piu o meno rapidamente con il 1nutare della tecnica, una variabile indipendente che tende a turbare la tranquillità raggiunta dai pianificatori. Alla sopravalutazione di questo elemento come sostitutivo della funzione parametrica dei prezzi si può opporre l'osservazione antica di Vilfredo Pareto (che aveva già indicato l'esistenza di tali coefficienti) secondo il quale non esisterebbe solo una variabilità tecnica di questi coefficienti, ma anche una variabilità econoniica. Il Bettelheim crede che questa possa essere eliminata quando si eli1ni- . nino le fluttuazioni spontanee dei prezzi proprie del regime capitalistico. Ma è evidente· che le ragioni che determi!lano quelle variazioni in regime capitalistico sussistono largamente anche in una economia socialista: i buoni o i cattivi raccolti, la scoperta di nuove fonti di n1aterie prime, le distruzioni accidentali, gli errori, la congiuntura del 1nercato internazionale e cosi via. :È da ritenere, quindi, che il calcolo sui coefficienti dal punto di vista _strettamente tecnico non possa - senza danno - non essere integrato dal calcolo economico vero e proprio. Può forse· avere interesse chiedersi a quali condizioni si può tentare di prescindere da questi fattori di variabilità economica: a) divisione delle attività produttive in prioritarie, in cui soddisfare a qualsiasi costo gli obbiettivi, e in ('econdarie e sacrificabili, in modo da trasferire interamente su una parte sola <lel sis!ema_ ec?nomtco (c~e per. nu~eros~ rag\oni tende ad essere quella compren- <l_e~t~1 beni d1 consu:110) 1 danni derivanti da~l assenza del calcolo economico; b) irr1g1d1mento burocraticamente prolungato dei coefficienti in atto; c) isolamento e autosufficienza economica .. Già in questo quadro sommario si delineano alcune implicazioni di fondo di una economia rigidamente centralizzata .. BibliotecaGino Bia·nco

Li~ciano Cafagna ex-post della economia atomistica mercantile (capitalistica o non) che è studiato - e idealizzato - dalla teoria tradizionale. Si può osservare a questo punto che il coordinamento ex-ante della pianificazione centralizzata è presentato dal Dobb in una luce prettamente schumpeteriana: esso appare come una grande innovazione nel « tipo organizzativo>> della produzione (su scala sociale) che schiude possibilità strategiche prima sconosciute. In un certo senso la dimensione unitaria dell'azienda si estende a tutta l'economia: si opera la congiunzione nazionale dei costi, si dilata il tempo del calcolo economico. Il coordinamento ex-ante consente di combinare nel presente e nel futuro determinate decisioni con altre che rendoµ.o possibili le prime (spesso scoraggiate in una economia atomistica dall'incertezza che regna sul sopravvenire delle altre), allargando smisuratamente il campo delle « economie esterne >>.Consente di imboccare scorciatoie che accelerano il progresso : e qui il Dobb usa l'immagine della « curva d'inseguimento >>. Un cane che inseguisse il padrone posto su una bicicletta o su un cavallo in curva, partendo da una delle estremità di questa, se fosse intelligente si dirigerebbe direttamente in linea retta verso l'altra estremità. Non essend_ointelligente non è in grado di prevedere quale è il logico punto d'arrivo della curva percorsa dal padrone· e procedere aggiustando continuamente la sua direzione via via che vede il cavallo o la bicicletta piegare nel senso della curva. Potremmo anche aggiungere che un simile coordinamento fornisce la possibilità di conferire un diverso peso a previsioni non più economiche in senso stretto ma tecnologiche, che puntino, cioè, in investimenti sul pensiero che non hanno ancora una conci-eta dimensione economica ma che nella pili larga prospettiva off~rta dalla scienza possono appunto apparire intermedie, laddove le circostanze della concreta realizzabilità economica non sòno ancora maturate. La cosiddetta soluzione «concorrenziale>> priverebbe quindi l'economia socialista del suo aspetto piu rivoluzionario e piu « innovativo >> per cautelarla in un punto sostanzialmente privo di grande importanza, quello del meccanismo regolatore della distribuzione razionale delle risorse. Vedremo poi quali sono le riserve che si possono sollevare in merito a questa svalutazione pressoché integrale della preoccupazione dominante dei « concorrenzialisti >>: ci basti per ora dire che esse muovono sostanzialmente dalla critica alla ignoranza della variabilità ·storica di quel sistema di fattori entro i quali quella preoccupazione - come sopra abbiamo accennato - può avere o non avere un senso e alla presunzione della indipendenza. dei vantaggi offerti dalla coordinazione ex-ante ri• Biblioteca Gino Bianco •

~4.lternativedella pianifica.'zione 133 spetto a quei fattori. Per ora ci preme sottolineare come da questa critica condotta in termini cos1 radicali discenda una interessante posi- .zione di principio che diviene nel Dobb un po' la chiave di volta della sua interpretazione storica delle vicende della economia dell'URSS: il problema primo di una economia socialista, per l'esplicazione piena delle sue potenzialità, per la valorizzazione di ciò che principalmente la rende superiore, diviene quello della eliminazione o della riduzione entro proporzioni irrilevanti di ogni centro autonomo di decisione economica. Questione della superiore efficienza del socialismo, questione della ampiezza della pianificazione e questione dell'area della socializ ... zazione si richiamano a vicenda. « Se l'area della socializzazione è piccola, sono in corrispondenza limitate le possibilità di pianificazione ... Se la potenzialità della pianificazione deve essere pienamente sfruttata, l'area della socializzazione deve essere ampia )). La logica evolutiva della economia socialista impone il compito che si potrebbe dire « prioritario )) della distruzione (o della drastica riduzione) delle zone di decisione autonoma costituenti il fattore limitativo essenziale allo sforzo accrescitivo della economia socialista. Qui viene costruito il fondamento teorico (dal punto di vista della teoria della economia socialista) di quella criticissima syolta operata negli anni del primo piano quinquennale con la collettivizzazione agricola, svolta intorno alla quale si rannodano le piu aspre controversie sorte relativamente all'indirizzo politico del1'URSS. Questa linea di ragionamento si può condensare in alcune proposizioni che potremmo cosi esporre: a) la superiorità dell'economia socialista si fonda sull'accentramento delle decisioni economiche realizzato att_raverso il massimo di pianificazione; b) l'esplicazione di questa superiorità derivante dalla pianificazione centralizzata è funzione del grado di ampiezza della socializzazione dell'economia; e) scarsamente rilevante è il problema di un meccanismo di mercato che fornisca i parametri per l'ottima distribuzione delle risorse; d) il caso sovietico riflette nel suo insieme tutte queste proposizioni e costituisce la riprova pratica della loro validità. In particolare la politica della collettivizzazione agri- . cola trova la sua giustificazione profonda nel punto (b), a parte l'imperativo di circostanze che non sono altro, comunque, che manifestazioni dell'esistenza del problema ( b) stesso. Una impostazione di tale tipo, come si vede, insiste sostanzialmente sull.'aspetto dinamico-formale della eliminazione dei rapporti di produzione capitalistica. Questi appaiono, nel solco della tradizione· marxista, 9 Biblioteca Gino Bianco

134 Luciano Cafagna come ceppi dello sviluppo prod{ittivo. I problemi della direzione di que sto sviluppo (cioè della scelta dei suoi obbiettivi specifici),. dei nuovi rapporti che si stabiliscono fra gruppi sociali nuovi e gruppi preesistenti sulla base della eliminazione della proprietà privata, dell'accentramento delle decisioni economiche e della fusione del potere economico col potere politico, e del rapporto fra questo sviluppo e il suo costo in termini di erogazione di forza lavoro, astensione da consumi presenti e sacrifici in senso lato, vengono assunti in questo quadro come elementi accidentali, rispetto ai quali i tratti essenziali del modello di economia socialista sono sostanzialmente indipendenti. Il Dobb ricava questa interpretazione del momento dinamico-formale come elemento essenziale di una economia socialista tanto da Marx quanto dall'esperienza so~ vietica. La tesi « concorrenzialista >> non è, in fondo, una tesi della « superiorità >> del socialismo sul piano delle capacità dell'accrescimento economico : è soltanto una tesi circa la possibilità di configurare come realizzabile il fine 11ltimo già dichiarato da una azione politica in atto. Laddove, invece, in Marx, l'ipotesi (a) della superiorità produttivistica dell'economia del piano collettivo sulla economia del profitto privato dà un senso alla dimostrazio?e (b) del predisporsi in quest'ultima di tutte le condizioni per la realizzabilità economica di (a) e alla dimostrazione (e) del maturarsi, in seno alla società caratterizzata dall'economia del profitto, in virtu di determinate leggi pro ... prie di questa, di una dinamica sociale « levatrice >> del passaggio dall'economia del profitto a quella del piano. Le dimostrazioni (b) e (e) costituiscono il tessuto del Capitale. Senza l'ipotesi (a), tuttavia, esse potrebb~ro anche conservare il loro valore scientifico, ma il loro significato cambierebbe certamente parecchio. Si pu_òcertamente sostenere che la superiorità dell'economia del piano collettivo può limitarsi,. per un socialista, alla possibilità che questa offre di eliminare la tendenza alla divaricazione crescente dell'ammontare rispettivo delle due forme fondamentali di reddito della società capitalistica (profitti e salari) che è connaturata con l'economia del profitto e che è qualcosa di piu di una statica o riducibile disuguaglianza sociale. Questa indifferenza ai ritmi di crescita, però, pare piuttosto un impoverimento del marxismo. La possibilità accennata acquista consistenza proprio in virtu della. ipotesi (a): ove infatti non si offra la prosp.ettiva di una modificazione sostanziale del dato quantitativo globale della formazione del reddito, assai scarsi saranno i vantaggi che potranno derivare dalla eliminazione del proBiblioteca Gino Bianco •

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