Passato e Presente - anno I - n. 1 - gen.-feb. 1958

Le basi scientifiche della politica economica 5 terminata alla separazione tra economia e politica, che viene proclamata in polemica con la posizione dei classici e di Marx. Il rapporto tra economia e politica viene dato come risolto, anzi eliminato una volta per tutte; ma in realtà si tratta soltant~ di una falsa soluzione, della subordinazione dell'economia a una politica, dell'assunzione sub specie reconomiae di premesse politiche determinate. Si pensi per esempio alla funzione che a questo proposito hanno svolto e continuano a svol- · gere il principio del laisser faire e l'ipotesi della concorrenza. Vengono cosi addirittura capovolti i termini del rapporto: l'elemento politico~ per sua natura storicamente determinato, viene universalizzato, ipostatizzato come principio di validità permanente; mentre q11ello che, se- ·condo le premesse metodologiche, doveva essere il concetto universale dell'attività economica e perciò il fondamento della scienza economica, viene surrettiziamente dedotto da premesse normative politiche storicamente determinate e assunto come .concetto universale dopo essere stato riempito di quel contenuto. In questa operazione il liberalismo è stato favorito da quella che Myrdal ha chiamato « la forza della parola sul pensiero » nella scienza economica. Egli ha acutamente osservato che « l'intera terminologia economica è fin dal principio imbevuta dalle massime giusnaturalistiche e poi utilitaristiche. Le forme verbali, che la tradizione scientifica offre al teorico dell'economia, lo traggono ad ogni passo nei lacci delle associazioni d'idee consolidate nel tempo e lo inducono continuamente a valutazioni e norme di condotta, mentre egli dovrebbe soltanto descrivere o spiegare disinteressatamente >> (p. 19). Ciò deriva indubbiamente dal fatto che la scienza economica deve trarre il suo materiale di analisi dal comportamento umano nella vita ordinaria e non può non attingere anche al linguaggio comune: solo limitatamente può essere ri • conosciuto agli economisti (e cosi pure per es. ai giuristi, ai sociologi) il diritto rivendicato dal Robertson di « parlarsi fra loro nel proprio gergo))' com'è uso nelle scienze 1natematiche e fisiche. D'altra parte, questa necessità, per il linguaggio eco,nomico, di non perdere il contatto con la realtà della vita quotidiana, determina anche una certa sua vis<!hiosità: come osserva giustamente ·Fraser, « vecchie parole sono state adoperate in nuovi significati senza perdere completamente le loro abituali associazioni ed accentuazioni; e la rivoluzione avvenuta nel pensiero è stata nascosta dietro un velo di continuità linguistica )) (p. _ 391). Perciò vogliamo inserire qui un accenno all'utilità che può avere, in relazione al nostro argomento, l'applicazione dell'analisi del Biblioteca Gino Bianco

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