Passato resente I Economiaepolitica: A. Giolitti, L. CoUetti 29 Galilei e il JJtetodo: R. Guiducci 43 l_Ja«intntinente rivol11zion,enondiale»: A. Caracciolo 5 1 Il potere del sindacato: V. Foa 65 Sul lavorofemminile: F. Momigliano, A. Pizzorno 78 Cultttra epolitica in U RS 5: C. Meana 86 Elite delpotere in A111erica: L. GaUi110 100 1'lotee co1J2n1e11ti di G. Scalia)F. L11centini N. 1 - gennaio -febbraio 1958 BibliotecaGinoBianco
Sommario Sul rapporto tra economia e politica: un inizio di discussione. - Antonio Giolitti, Le basi scientifichedeUapolitica economica. - Lucio Colletti, Il concetto di lavoro in Marx. Roberto Guiducci, Galilei e la determinazionepragmatica del metodo. Alberto Caracciolo, La « imminente rivoluzione mondiale». ' REALTA ITALIANA Vittorio Foa, 5ul potere contrattuale del sindacato. Problemi del lavoro femminile: Franco Momigliano, Ipotesi in margine a un convegno. - Alessandro Pizzorno, Appunti su lavorofemminile e organizzazione do111estica. MONDO CONTEMPORANEO Carlo Meana, Cultura e politica neUeultime vicendesovietiche. Luciano Gallino, IJa élite del potere negli Stati Uniti. NOTE E COMMENTI Le ,norali del satellite (Franco Lucentini). Una riduzione «popolare» di un Cran1sci ufficiale (Gianni Scalia). Il conve<~ndoi Palermo per la piena occupazione (*). Redazioni BOLOGNA - Via Mezzofanti 1 - Tel. 47.405. MILANO - Via Calatafimi 12 - Tel. 85. 73 .80. ROMA - Via Uffici del Vicario 49 - Tel. 68.19.86. Amministrazione TORINO - Via XX settembre 16. Segreteria di Redazione presso la Reqazione romana. Abbonamenti Annuale L. 2400 · (Italia). L. 4000 (Estero). Sostenitore L. 10000 (sul c. c. p. 2/15265). Un fascicolo L. 5~0. Direttore responsabile Carlo Ripa di Mcana. Autorizzazione del Tribunale di Torino_ N. 1188 del 25 settembre 1957 Stabi~imento Grafico Moderno - Torino BibliotecaGinoBianco Passato e Presente editore
SUL RAPPORTO TRA ECONOMIA E POLITICA È nelle intenzioni di « Passato e Presente » di accogliere dibattiti su temi specifici, illuminando cosi certi argomenti da div.ersi angoli visuali, anche contrastanti,· e arricchendone la trattazione con l'apporto di diverse esperienze. L'articolo di Antonio Giolitti offre occasione per un dibattito sui rapporti tra politica ed economia - ed eventualmente tra politica e altre scienze della società. La nota di Lucio Colletti verte su un punto particolare di natura ideologica. Chiederemmo ora che altri interventi si applichino ad affrontare il tema nel!'analisi dei suoi termini generali, o nell'analisi di concrete situazioni attuali, che possano efficacemente illustrarne i problemi. _LE BASI SCIENTIFICHE DELLA POLITICA ECONOMICA 1. - Se ancora controverse e precarie appaiono le basi scientifiche della politica economica, ciò dipende anche dalla difficoltà di definire la natura stessa della scienza economica. Intorno a questo problema il pensiero economico si è affaticato fin dalle origini - cadendo talvolta in quella che Schumpeter ha chiamato « ipocondria metodologica >>- senza trovare una soluzione soddisfacente. Gioverà ripercorrere ancora una volta l'itinerario di questi tentativi, dei loro risultati e dei loro progressi, per delineare lo sfondo e i presupposti della presente ricerca. La questione della natura della scienza economica presenta due aspetti sostanziali : a) definizione dell'oggetto della scienza economica; b) determinazione · dei fondamenti scientifici (logici e metodologici) dell'indagine economica. Sono questi gli aspetti che interessano ai fini dell~ presente ricerca; trascureremo invece quelli formali, concernenti la delimitazione dell'ambito dell'economia come « disciplina>> rispetto ad altre limitrofe 1 • 1 M~ anche questa delimitazione in senso orizzontale ha molta importanza: cfr. al riguardo G. MYRDAL, pp. 154-55 (per l'opera di questo autore e degli altri citati in seguito, cfr. nota bibliografica in fondo). I Biblioteca Gino Bianco
2 Antonio Giolitti L'elemento politico è esplicitamente contenuto nelle prime defini~ zioni dell'oggetto della scienza economica e appare chiaramente nella terminologia stessa: dalla economia cipile, pubblica, nazionale, di Genovesi, Beccaria, Verri e Ortes, alla Nationaloekonomie dei tedeschi, alla Political Economy degli inglesi, alla Ricchezza delle nazioni di Smith 1 • Anzi, non solo l'elemento politico ma quello etico è dominante nelle manifestazioni del pensiero economico nel suo formarsi come scienza, per un lunghissimo periodo. L'economia e la crematistica dei Greci scaturivano dalla loro filosofia generale dello stato e ·della società (cfr. ScHUMPETEpR., 53); nel Medioevo e fino a un'epoca recente si può dire che« l'economia politica deriva dalla filosofia» (cfr. BoNARp, p~ 5-.6). Abbiamo scritto genericamente « fino a un'epoca recente», perché non è possibile fissare una data che segni effettivamente l'apparire di una scienza economica consapevolmente autonoma nel suo oggetto e nel suo metodo. Quello che è stato. cp.iamato il « grande spartiacque » nello sviluppo del pensiero economico postmercantilistico (RoLL, pp. 456-58) percorre un arco che và dagli immediati successori di Ricardo fino alla pubblicazione dei Principles di Marshall, che introdussero nella scienza economica. anglosassone l'uso del termine economics, e passa attraverso la critica di John Stuart Mill alla definizione smithiana (di cui parleremo tra poco a proposito del metodo) e attraverso la cosidd~tta « rivoluzione marginalista ». Il punto di rottura rispetto alla scuola classica è collocato da Marx (Storia, III, pp. 94-95) all'inizio di quel processo, nell'opera di James Mill, col quale « comincia ... la dissoluzione della scuola ricardiana >>: Il punto d'arrivo coincide in modo fin troppo sorprendente e suggestivo col sorgere dell'imperialismo moderno. Ma senza incorrere in « una giustapposizione troppo cruda e meccanica della realtà economica e del pensiero economicç>» 1 (RoLL,p. 457), si può rilevare - anche allo scopo di indicare un tema di ricerca - un parallelismo certamente significativo tra l'accentuata alienazione dell'uomo provocata _dalla nascita dell'imperialismo moderno e il processo che contemporaneamente attraversa il pensiero economico. La « conseguenzialità formalmente logica» a cui tende James Mill (MARX, Storia, III, p. 94) porta a un distacco dalla realtà so1 In~ questa sede è quasi superfluo ricordare che il termine di « economia politica » fu adoperato probabilmente per la prima volta dal MoNTCHRÉTIENnel !raicté d_el'économie politique (1615), che « deve a questo fatto una immeritata 1mmortahtà », come_ osserva ScttUMPETER (p. 21) rifiutandosi di nominarlo. Biblioteca Gino Bianco
Le basi scientifiche della politica economica 3 ciale storica alla quale aderiva l'opera di Ricardo: « Mill da un lato vuole rappresentare la produzione borghese come la forma assoluta della produzione, e quindi cerca di dimostrare che le sue contraddizioni reali sono soltanto apparenti. Dall'altrq, cerca di rappresentare la teoria ricardiana come la forma teoretica assoluta di questo modo di produzione e di dimostrare l'inesistenza delle contraddizioni teoretiche messe in evidenza da altri o impostesi da se stesse>>. Con Jol1n Stuart Mill e poi con l'utilitarismo e il marginalismo la dimensione sociale e storica viene sempre piu relegata nello sfondo e infine cancellata : si potrebbe dire che l'economia diventa metapolitica e metasociale; ma è ancora l'uomo, l'homo ceconomicus, sia pure universale e astratto, l'og- ·getto intorno al quale si definisce il contenuto della scienza economica. Con la crisi dell'utilitarismo, la realtà sociale storica ritorna a essere l'oggetto della scienza economica: ma quantum mutata ab illa! L'esame del sistema capitalistico « viene ad assumere caratteristiche sostanzialmente diverse da quelle che aveva nei classici e in Marx ... mentre il secondo è sostanziato dalla realtà storica capitalistica, il primo diventa inevitabilmente sempre piu un esame di rapporti quantitativi _tra cose,. tra i prodotti dell'attività economica, considerati in sé, cos1 come immediatamente, o per vie statisticamente elaborate, li si rileva, al di fuori~ di ogni contatto con la realtà umana che li pone in essere. Si dispiegano cosi di nuovo, e con forza inusitata, le conseguenze di quello che Marx chiamava il "carattere feticcio della merce", ossia del fatto che,. quando lo scambio e la produzione di merci sono divenuti sistematici,. com 'è appunto nel sistema capitalistico, i prodotti del lavoro possono assumere un'apparenza di esistenza autonoma, e il sistema dei rappo.r:-ti tra di essi fa velo al sistema dei rapporti in cui gli uornini entrano trai loro nella produzione della ricc~ezza >> (NAPOLEONI, p. 573). La riconquista della dimensione sociale storica risulta cos1 soltanto apparente: in realtà è scomparso l'uomo che opera economicamente nella situazione sociale storica. La separazione tra economia e politica n~n poteva essere piu completa e d~vastatrice: all'economia viene a mancare ogni riferimento all'operare umano, al lavoro dell'uomo socialmente organizzato, che produce le cose e crea le relazioni tra esse; alla politica viene a mancare l'essenziale fondamento conoscitivo del comportamento umano nei rapporti economici che si determinano concretamente nella socie~à storicamente data. Anche in questo caso, dunque, il superamento della crisi va cercato nel « ritorno- all'uomo >>in senso marxiano; piu s·iblioteca Gino Bianco
4 Antonio Giolitti precisamente, nel ritorno al lavoro umano. A questo punto occorre accennare al secondo aspetto enunciato all'inizio, cioè alla determinazione dei fondamenti scientifici dell'indagine economica. 2. - La questione della scientificità dell'economia verte essenzialmente sulla presenza dell'elemento normativo e teleologico rielle. premesse e nel ragionamento dell'economista. La critica di J. S. Mill alla definizione smithiana formulava nettamente la distinzione fra « arte » e « scienza» dell'economia. È la distinzione, in termini filosofici, tra essere ~ dover essere, che vieta alla scienza, per qualificarsi tale, ogni contaminazione con giudizi di valore. Questo criterio assoluto di scientificità è stato accettato anche da quegli economisti ·i quali dichiarano che la scienza economica deve avere per guida l'interesse pratico: per. esempio il Pigou, che accanto a quella dichiarazione scrive nella stessa pagina (II della trad. it.) che la scienza economica « sarà ... una scienza positiva di ciò che è e di ciò che sta divenendo, non una scienza normativa di ciò che dovrebbe essere >> 1 • La distinzione è senza dubbio essenziale per garantire il fondamento scientifico dell'indagine economica, e cioè la possibilità di verificare, logicamente e sperimentalmente, la verità di tutte le premesse. Ma questo fondamento scientifico è stato realmente assicurato dalla eliminazione di un contenuto normativo esplicito"? E quali conseguenze da ciò sono derivate per quanto riguarda il rapporto tra economia e politica? Alla prima domanda ha dato una recisa e argomentat~ risposta negatiya il Myrdal nella sua fondamentale opera sulla questione. Egli sostiene e dimostra che la pretesa di isolare l' « elemento economico >) da parte delle dottrine dell'economia « pura » si fonda in realtà sulle premesse normative del liberalismo, cosicché quel tentativo di definire l'economia come scienza raggiunge soltanto lo scopo di « dare u·na veste scientifica a un pregiudizio individualistico e antinterventistico >> e ottiene il risultato di « introdurre di contrabbando un contenuto normativo in espressioni apparentemente scientifiche >> ( capp. V e VI, e spec. pp. 137 e 155). Questo modo surrettizio e 110nesplicito di introdurre l'elemento normativo politico nella scienza economica conferisce un'i~profl:ta ben de1 , U?a distinzione piu sottile e sfumata, ma forse piu esa~ta e aderente alla realta,. ~ quella f?rmulata da ScHUMPETER (pp. 38-40) tra « pensiero economico n e « analisi economica ». Biblioteca Gino Bianco
Le basi scientifiche della politica economica 5 terminata alla separazione tra economia e politica, che viene proclamata in polemica con la posizione dei classici e di Marx. Il rapporto tra economia e politica viene dato come risolto, anzi eliminato una volta per tutte; ma in realtà si tratta soltant~ di una falsa soluzione, della subordinazione dell'economia a una politica, dell'assunzione sub specie reconomiae di premesse politiche determinate. Si pensi per esempio alla funzione che a questo proposito hanno svolto e continuano a svol- · gere il principio del laisser faire e l'ipotesi della concorrenza. Vengono cosi addirittura capovolti i termini del rapporto: l'elemento politico~ per sua natura storicamente determinato, viene universalizzato, ipostatizzato come principio di validità permanente; mentre q11ello che, se- ·condo le premesse metodologiche, doveva essere il concetto universale dell'attività economica e perciò il fondamento della scienza economica, viene surrettiziamente dedotto da premesse normative politiche storicamente determinate e assunto come .concetto universale dopo essere stato riempito di quel contenuto. In questa operazione il liberalismo è stato favorito da quella che Myrdal ha chiamato « la forza della parola sul pensiero » nella scienza economica. Egli ha acutamente osservato che « l'intera terminologia economica è fin dal principio imbevuta dalle massime giusnaturalistiche e poi utilitaristiche. Le forme verbali, che la tradizione scientifica offre al teorico dell'economia, lo traggono ad ogni passo nei lacci delle associazioni d'idee consolidate nel tempo e lo inducono continuamente a valutazioni e norme di condotta, mentre egli dovrebbe soltanto descrivere o spiegare disinteressatamente >> (p. 19). Ciò deriva indubbiamente dal fatto che la scienza economica deve trarre il suo materiale di analisi dal comportamento umano nella vita ordinaria e non può non attingere anche al linguaggio comune: solo limitatamente può essere ri • conosciuto agli economisti (e cosi pure per es. ai giuristi, ai sociologi) il diritto rivendicato dal Robertson di « parlarsi fra loro nel proprio gergo))' com'è uso nelle scienze 1natematiche e fisiche. D'altra parte, questa necessità, per il linguaggio eco,nomico, di non perdere il contatto con la realtà della vita quotidiana, determina anche una certa sua vis<!hiosità: come osserva giustamente ·Fraser, « vecchie parole sono state adoperate in nuovi significati senza perdere completamente le loro abituali associazioni ed accentuazioni; e la rivoluzione avvenuta nel pensiero è stata nascosta dietro un velo di continuità linguistica )) (p. _ 391). Perciò vogliamo inserire qui un accenno all'utilità che può avere, in relazione al nostro argomento, l'applicazione dell'analisi del Biblioteca Gino Bianco
6 · Antonio Giolitti linguaggio nella scienza economica 1 • Basti pensare all'ambiguità di termini come « legge » (continuamente tendente a scivolare dal significato descrittivo-esplicativo a quello normativo: cfr. FRASERc,ap. III e BoNAR,pp. 194-96), come « naturale >>(oscillante tra il significato di conforme alla rei natura e il significato di giusto), come « ricchezza » (wealth) e «benessere» (welfare) (cfr. MYRDAL,pp. 142-43). Particolarmente importante sembra essere a questo proposito l'uso del termine «società». Esso sta a designare - effettivamente o metaforicamente - un soggetto collettivo dell'attività economica nel quale si fondono in armonia i soggetti individuali: cos1, nell'economia di concorrenza, tutti i -fenomeni microeconomici concorrono alla formazione della superiore armonia macroeconomica di cui la « società » è il soggetto (cfr. MYRDALp, p. 143-4 7). E qui il discorso si deve riportare ai classici, a Marx, e al centro del nostro problema. I classici e poi Marx non persero mai di vista l'uomo economicamente operante in una società divisa da contrasti d'interessi, intesi questi in senso non psicologico individualistico bens1 appunto sociale, di classe, derivanti cioè dai rapporti di produzione e perciò non armonizzabili in quella società cosf struttùrata. A questa realtà sociale storica i classici riferirono le loro premesse normative politiche· esplicitamente ~?unciate : le quali, appunto perché esplicite, e trasparenti nella loro determinatezza sociale storica, anche quando venìvano universalizzate e ipostatizzate, non infirmavano il rigore scientifico dell'analisi ma ne indicav~no chiaramente i presupposti e i limiti. Nei classici il rapporto fra economia e politic_aera posto in termini tali da consentire un nesso tra ·1a teoria e la pratica, capace di fornire basi piu ·concrete e solide all1. verifica scientifica: come ha osservato Claudio Napoleoni (pp. 465-66), nell'opera di Adam Smith « la capacità dell'economia politica a indicare i mezzi mediante i quali si renda possibile a una collettività· di aumentare la propria ricchezza è considerata come il criterio per la verifica della verità delle proposizioni dell'economià politica stessa>>. Ciò che costituisce un limite alla scie11tificità del pensiero dei classici non è dunque la ~ichiarata politicità dell'economia, bensf l'assunzione di una realtà sociale storicamente determinata - il sistema capitalistico -- a postulato permanente e immutabile. È questa assunzione che quali-:-· fica l'elemento giusnaturalistico del pensiero economico classico: il si1 Se ne può trovare qualche esempio interessante in ScHUMPETERs,pe~. al cap. Il sulla Scolastica e sul giusnaturalismo. Cfr. al riguardo FRASER. Biblioteca Gino Bianco
Le basi scientifiche della politica economica 7 sterna capitalistico viene a esser considerato « naturale » e quindi « giusto». Inoltre lo stesso rapporto tra economia e politica e tra teoria e pratica, che era stato posto in termini cosf fecondi per la verifica scientifica, viene a essere infirmato dal limite che si oppone a questa verifica, e all'azione politica che ad essa si appoggia, quando viene esclusa l'ipotesi di_ una trasformazione del sistema, laddove proprio questa può esser necessaria per « rendere tnassima la ricchezza delle nazioni>) e quindi per verificare la validità scientifica dell'analisi eco- . nom1ca. 3. - Anche nel pensiero di Marx l'elemento normativo appare evi- . dente, sebbene non sia sempre esplicitamente dichiarato. Nella sua teoria del valore-lavoro l'analisi di ciò che è postula costantemente il riferimento a ciò che deve - essere. La concezione del plusvalore come lavoro non pagato è tutta sorretta da un'esigenza etica, ciò che peraltro non annulla la sua validità scientifica come strumento di analisi economica applicata alla realtà sociale del regime capitalistico. Il problema della divergenza del « prezzo di produzione» dal valore implica l'ipotesi - anch'essa analiticamente efficace - di un prezzo « naturale » e quindi «giusto». Ma sarebbe inutile proseguire in una esemplificazione di questo genere; anzi, sarebbe sbagliato se con essa si volesse suggerire una linea di ricerca tendente a sceverare in quel modo l'elemento politico nell'opera economica di Marx. Si può tuttavia convenire con· Schumpeter (p. 385) che « anche nell'opera piu scientifica di Marx la sua analisi è stata distorta non soltanto dall'influenza di fini pratici, non soltanto dall'influenza di appassionati: giudizi di valore, ma anche da una illusione ideologica »; e quindi anche all'opera di Marx si può applicare proficuamente l'analisi del linguagg·io per verificare la legittimità scientifica di ce~te implicazioni. Vogliamo dire, cioè, che anche in Marx può accadere e accade che la norma si trovi nascosta nel concetto e che quindi· si dia una patente di verità a ciò che non può essere né vero né falso perché appartiene alla sfera del dover essere; ma non è per un effetto di contaminazione che acquista rilievo· la. presenza dell'elemento politico nel pensiero economico marxiano. Il rapporto tra economia e politica in Marx si configura e si articola negli stessi termini e momenti in cui si effettua il suo « capovolgimento » della dialettica hegeliana. L'ultima pagina del poscritto alla seconda edizione del libro I del Capitçi,le è perfettamente chiara al riguardo e n<?n consente l'interpretazione di Schumpeter, secondo cui « l'hegelismo . Biblioteca Gino Bianco
8 Antonio Giolitti della sua (di Marx) esposizione non è altro che una forma che possiamo eliminare in ogni caso, senza intaccare la sostanza del suo ragionamento>> (p. 414). Quando Marx afferma, nel poscritto citato, che « l'indagine deve appropriarsi il materiale nei particolari, deve analizzare le sue differenti forme di sviluppo e deve rintracciarne l'interno concatena-- mento» (cfr. trad. it., ed. Rinascita 1951, vol. I, p. 27), egli non abbandona certo il metodo dialettico per l'empirismo. Solo limitatamente, quindi, e non in senso assoluto, può essere accettata l'opinione di Schumpeter, che « ogni proposizione di Marx, economica e sociologica, come pure la sua visione del processo capitalistico nel suo insieme, può essere ricondotta a fonti non filosofiche - come la teoria economica di Ricardo - oppure interpretata come risultato di una sua analisi strettamente empirica» (p. 414). Ma da questa indicazione, valida per una accurata e spregiudicata ricerca delle fonti, non si può giungere a vedere in Marx semplicemente « un analista sociologico ed economico, le cui proposizioni (teorie) hanno lo stesso significato e la stessa base metodologica e devono essere interpretate secondo gli stessi criteri che si applicano alle proposizioni di qualsiasi analista sociologico o econo-- mico » (p. 385; il corsivo è mio). Le categorie con le quali opera Marx hanno invece un significato metodologico e quindi esigono criteri di interpretazione diversi da quelli validi per l'analisi empirica. Esse hanno al tempo stesso dimensione economica e sociologica, scientifica e storica, analitica e politica. Il nesso tra economia e politica è nella analisi di Marx quello stesso che unisce teoria e pratica, scienza e storia. L'elemento politico non si presenta nella teoria economica di Marx come gi1..1dizio·di valore assunto a postulato, ma è anch'esso strumento di un'analisi che per essere economica non può non essere anche sociale e politica, perché è storica e dinamica, perché ha per oggetto le relazioni tra gli uomini e non tra le cose, perché storicizza .il quadro istituzionale, il sistema, il modo di produzione. In un senso diverso si potrebbe riferire anche a Marx l'avvertimento che dà il Little a proposito della welf are economics : « sbarazzarsi dei giudizi di valore sarebbe come buttar via il bambino con l'acqua del bagno» (p. 82). Ricordiamo il giudizio sul metodo del Capitale del critico russo riportato con piena approvazione da Marx nel citato poscritto : « Il valore scientifico di tale indagine sta nella spiegazione delle leggi specifiche che regolano nascita, esistenza, sviluppo e morte di un organismo sociale dato, e la sua sostituzione da parte di un altro, superiore » (ibid., p. 27). È chiaro che questo valore scientifico non può esBiblioteca Gino Bianco
Le basi scientifiche della politica economica 9 ~ere ridotto, senza venir mutilato e snaturato, a quello dell'analisi empirica, per concludere - come fa Schumpeter - che le proposizioni di Marx « hanno il solito significato empirico o non ne hanno alcuno >> (p. 385 n.). Ma rifiutare questo criterio d'interpretazione non vuol dire affatto che si considera il pensiero di Marx come « un corpo astrale, esente dalle regole ordinarie della procedura scientifica >> (ibid.); anzi, vuol dire impegnarsi a sottoporre a verifica scientifica e pratica - per ritradurlo da dogma in scienza e riportarlo dal mito alla realtà - il metodo di Marx nella sua interezza, tutte le sue ipotesi e i suoi risultati. E certamente l'uso dell'aggettivo «superiore>> nel passo del critico russo implica un giudizio di valore la cui legittimità non può essere ri- . conosciuta a priori. Di ciò gli epigoni di Marx hanno voluto tacere; successivamente, gli apologeti del periodo staliniano hanno fatto di quella <t. superiorità» un dogma e quindi del pensiero di_Marx davvero un « corpo astrale>>. Occorrerà dunque un paziente e rigoroso lavoro di analisi sull'opera di Marx per coglierne intera la validità scientifica, sfuggendo all'alternativa dilemmatica di erigerla a dogma o ridurla • • a emp1r1smo. Qui ora ci basta enucleare due elementi fondamentali della indagine economica di Marx : I) la distinzione del processo sociale di produzione dal processo lavorativo semplice, e piu specificamente la concezione del modo di produzione capitalistico come determi11ata forma storica e sociale, con una determinata base materiale, del processo lavorativo semplice che è soltanto un processo fra l'uomo e la 11atura; 2) la riduzione di ogni prodotto, di ogni bene economico, a risultato del lavoro umano, inteso questo come forza produttiva dell'uomo in generale e non nella sua forma storicamente determinata. Questo numero 2) può sembrare piu importante del nu~ero 1); e infatti lo è, ma in linea logica viene per secondo, perché solo dopo avere storicizzato il modo di produzione capitalistico Marx poteva giungere a un concetto di lavoro nel quale non si trovasse ipostatizzato il modo storicamente determinato in cui il lavoro si presenta - in rapporto al capitale - nel sistema , capitalistico. Ma questo concetto di lavoro, una volta raggiunto, consente e addirittura impone all'analisi economica di infrangere i limiti istituzionali, cioè di considerare come variabili e non come dati gli istituti e le istituzioni della forma sociale storica in cui essa si svolge. Il processo di creazione della ricchezza, e quindi di diminuzione della scarsità - che dall'economia classica all'economia pura e all'economia Bi.blioteca Gino Bianco
IO Antonio Giolitti del benessere è stato unanimemente considerato un elemento costante nell'oggetto della scienza economica - diventa processo di sviluppo della forza produttiva del lavoro umano. La scienza economica si troverà allora anche di fronte al problema del mutamento istituzionale - cioè della trasformazione dei rapporti di produzione - quando la forma sociale storica in cui si effettua l'analisi si rivela come un ostacolo alla soluzione del problema economico, inteso questo anche nel senso piu ristretto come problema di scelta « tra scopi e mezzi scarsi applicabili ad usi alternativi >> (RoBBINS,p. 20 ). La scienza economica non potrà eludere quel problema trincerandosi dietro il rifiuto di una contaminazione politica, se non al prezzo di rifiutare il suo stesso assunto fondamentale, la sua natura e la sua importanza. Tra le scelte economiche possibili non potrà non essere considerata anche quella che comporta una scelta politica. Ma questa non sarà piu per l'economista, dopo Marx, una verifica pratica nel senso smithiano, bensf una manifestazione del1'unità tra teoria e pratica, tra scienza e storia, tra economia e politica. Per il politico marxista, la scelta non potrà piu esser determinata sol- . tanto da un giudizio di valore sulla « superiorità » di un sistema rispetto all'altro, ispirato da esigenze etiche o edonistiche, da interessi di gruppo, da volontà di potenza, ma dovrà scaturire dall'analisi scientifica del modo di produzione e delle possibilità di sviluppo del lavoro umano. In questo senso potremo chiamare « politica dell'economia» una pulitica socialista che tenda a instaurare nuovi rapporti di produzione, nei quali possa avere piena espansione la forza produttiva del lavoro umano. 4. - Abbiamo detto che i classici e Marx non. persero mai di vista l'uomo economicamente operante in una società divisa da contrasti. di interessi. Furono le successive teorie dell'economia pura a ricorrere al postulato dell' « armonia», di derivazione giusnaturalistica. Su quel po stulato si appoggiò il liberalismo economico. Il Myrdal ha dimostrato che si tratta di una finzione, nella quale si cela una premessa normativa,. La scienza economica non deve eludere la realtà sociale storica degli interessi di classe in contrasto. Ma per l'economia pura questo ritorno alla .concretezza e a un .maggior rigore metodologico comporta necessariamente una piu netta separazione tra economia e politica. In presenza di un contrasto d'interessi l'economia pura non può, se vuol restare scienza, fare una scelta P<?liticané può ricorrere alla finzione dell'armonia (che Biblioteca Gino Bianco
Le basi scientifiche della politica economica II sarebbe pur sempre una scelta). Essa può solamente offrire al politico soluzioni alternative, ciascuna riferita a una premessa normativa esplicita, cioè a quella che tien conto di un determinato interesse. L'armonia sociale può essere assunta non come premessa fittizia ma come ipotesi reale: la politica economica « non può trarre conclusioni assolutamente valide come postulati di una condotta economicamente corretta in quanto tale, salvo, eventualm~nte, nella sfera limitata in cui si può dimo- - . strare che gli interessi sono identici», scrive Myrdal (p. 198). Sembra dunque che una soluzione scientificamente valida per l'economista e per il politico possa aversi solo quando si verifichi l'armonia degli interessi. Vale a dire, non è consentito all'economista « puro >>di formulare una conclusione scientificamente valida in presenza di interessi contrastanti; e non è quindi possibile che dalla conclusione scienti fica unica discenda l'unica scelta politica che sia fondata sull'elemento oggettivo fornito dalla verifica scientifica oltre che sull'elemento soggettivo dell'interesse particolare. Questa regola metodologica appare perfettamente coerente quando si consideri l'elemento politico come un dato, esterno all'economia, che· deve essere assunto di volta in volta esplicitamente nella sua determinatezza. Ma se il « dato >> lo si ricerca piu indietro, piu in fondo, e lo si trova - con Marx - nel lavoro umano sociale, allora il modo di produzione, il sistema sociale e politico e gli interessi di classe che in esso si determinano potranno essere considerati come « variabili >>e sarà metodologicamente lecito alla scienza economica occuparsi non soltanto dei « mezzi >>ma anche dei « fini», nella misura in cui questi influiscono sullo sviluppo della forza produttiva del lavoro. Una scienza economica che muova da tali premesse non sconfina illecitamente né surrettiziamente nel campo del « dover essere>> se _indica quale « è >>la scelta politica che secondo i risultati dell'analisi economica assicura il massimo sviluppo della forza produttiva del lavoro umano. Dal canto suo, il politico potrà prescindere da questi risultati solo se si propone dèlle finalità etiche o edonistiche che trascurano o trascendono l'esigenza dello sviluppo economico: sul piano puramente etico-politico è perfettament~ legittimo, ad esempio, preferire, a un benessere generale fondato sull'eguaglianza, la ricchezza di una élite e la povertà ascetica della massa. Ma per l'economista, che assuma come premessa fondamentale l'esigenza dello sviluppo della forza produttiva_ del lavoro, una sola delle due politiche può essere scientificamente legittima (a meno che ·entrambe soddisfino in pari Biblioteca Gino Bianco
12 -Antonio Giolitti misura q_uella esigenza): e cosi pure per il politico che sostenga un determinato interesse di classe non per fini particolaristici né per considerazioni puramente etiche,' ma perché ritiene che esso coincida con la soluzione storicamente e scientificamente valida del fondamentale problema politico-economico. In questo modo si può delineare, a mio avviso, un superamento della tradizionale separazione tra economia e politica. A questa sembra invece ritornare chi - pur facendo professione di ideologia marxista o ad-· dirittura di intransigentissima ortodossia marxista-leninista - scrive o parla dell'economia come di « condizioni materiali >>e della politica come di « condizioni soggettive>> e contrappone a un'azione « puramente economica>> un'azione « politica piu generale >>. A meno di supporre una totale ignoranza della concezione marxista del rapporto tra economia e politica, bisogna vedere in quella posizione un « revisionismo >> che da Marx ci riporta indietro alla concezione giusnaturalistica, la quale postulava la totale separazione tra natura e storia, in cui la legge economica era « naturale >>e l'azione politica era umana. E per civettare ancora una volta con l'analisi del linguaggio, vogliamo richiamare l'attenzione sull'uso e l'abuso che viene fatto dai politici, anche sedicenti marxisti, dell'aggettivo «politico>> e dell'avverbio « politicamente )), con i quali si indica un ordine di considerazioni dove ogni decisione spetterebbe all'intuito politico puro. Si discute, ad esempio, se una certa soluzione a un problema economico sia o no « politica >>,cioè « politicamente >>giusta, e poi si stabilirà che la questione va esaminata in sede « politica·>>perché deve essere decisa « politicamente >>S. ede e decisione che di solito si distinguono pe~ la deliberata ignoranza del problema economico; giacché l'economista è stato semmai consultato prima in sede tecnica, per un parere « economico tecnico>> (si noti quanto frequente è l'abbinamento di questi due aggettivi). 5. - Un'economia e una politica che abbiano per oggetto centrale lo sviluppo della forza produttiva del lavoro, come problema economico e politico sempre·rin~ovantesi nelle sue determinazioni sociali e storiche, convergono in una politica economica che sceglie fini e mezzi in base a un'analisi dei rapporti economici e dei rapporti politici nei quali si esplica il lavoro umano sociale. L'analisi degli interessi contrastanti - che è anche analisi sociologica della formazione e configurazione delle classi e delle loro suddivisioni e articolazioni - non si limita a identiBiblioteca Gino Bianco
Le basi scientifiche della politica economica 13 fìcare le diverse forze politiche e le loro scelte a'Iternative, alle quali dovrapno riferirsi le corrispondenti alternative di politica economica, tutte egualmente valide in relazione ciascuna alla propria esplicita premessa normativa. Essa deve anche saper indicare quali sono gli interessi e le forze politiche che perseguono, nella situazione storica determinata, fini piu conformi alle conclusioni raggiunte, riguardo alla medesima situazione, dalla scienza economica. I risultati dell'una e dell'altra si trovano cosi a convergere in una politica economica scientificamente e storicamente valida in relazione al problema del massimo sviluppo del lavoro umano. Anzi, a ben guardare, quei risultati saranno determinanti, in ultima analisi, per la politica tout court, o meglio per · una politica organica articolata nelle sue varie specificazioni. Che forse una politica estera, una politica scolastica, una politica interna, ecc., possono avere un fondamento scientifico se non in riferimento al fatto originario, elementare e permanente dell'uomo che lavora in società e tende a rendere sempre piu efficiente il proprio lavoro? Esse potranno bensi muovere da altre premesse (la volontà di potenza, la conservazione di valori tradizionali, la tutela della proprietà privata), ma allora dovranno rinunciare alla pretesa di darsi un fondamento scientifico; solo per la scelta dei mezzi potranno rivolgersi alla scienza economica. Tale pretesa può invece essere accampata da upa politica che sia unita all'economia secondo il rapporto che abbiamo cercato di configurare. L'interesse della tesi qui svolta sembra risiedere soprattutto nella possibilità di dare un fondamento scientifico alla politica economica senza dover ricorrere alla finzione dell'armonia o ipostatizzare in interesse generale un interesse particolare di classe o di gruppo. Sul piano delle considerazioni d'int~resse, nessuna classe e nessun gruppo potrà mai dimostrare il suo diritto a rappresentare o incarnare l'interesse economico generale: per il semplice e noto fatto che questo non esiste quando esiste contrasto d'interessi di classe. Ma si' può invece dimostrare alla luce dell'analisi scientifica - storica e sociologica - che in una situazione determinata un determinato interesse costituisce la forza politica che opera per la soluzione del problema economico fondamentale - che è al tempo stesso problema sociale e politico - in senso conforme a quello indicato dalla scienza economica. La reciproca integrazione tra economia e politica presuppone una omogeneità dei rispettivi campi di applicazione, non soltanto per quanto BibliotecaGinoBianco
Antonio Giolitti riguarda il problema essenziale, ma anche nei confronti della specifica realtà in cui quel problema storicamente si traduce. Ciò significa che nel processo di analisi e sintesi l'economia e la politica, per quanto possano differenziarsi, mantengono un comune costante riferimento a una rappresentazione del concreto determinata secondo 11ncerto grado di astrazione. Dal particolare concreto che lo storicismo idealista chiama « individuale >> si perviene al concreto tipico che è proprio dello storicismo sociologico. Elementi essenziali del ragionamento economico e politico, applicato a una determinata realtà sociale storica, non saranno dunque le singolarità irripetibili di tale realtà (per esempio quelle strettamente nazionali), bensf le caratteristiche che essa presenta nella sua configurazione tipica, cioè - seco do le espressioni usate da Marx _nella Introduzione alla critica dell'economia politica - come « forma di socie~à >> e « organizzazione storica della produzione >>. Decisivo, insomma, è il concetto marxiano di formazione economico-sociale, corrispondente a un grado di astrazione scientifica che senza perdere il contatto con la realtà storica rende possibile la elaborazione di un modello e quindi la previsione fondata sulla ripetibilità. Poiché i fatto~i che determinano il tipo di formazione economico-sociale sono il livello di sviluppo delle forze produttive e la struttura dei rapporti di produzione, su questi due elementi si fonda la politica dell'economia. Osserviamo; infine, che la possibilità di dare un fondamento scientifico alla politica economica, e quindi di determinare la scelta politica che corrisponde all'indicazione della scienza economica, si presenta anche come possibilità _di superare certe antinomie o eteronomie molto frequenti nella politica economica dei paesi capitalistici sviluppati. Ci limitiamo a tre esempi, che potranno valere come temi per una ulteriore ricerca suscettibile di verificare la fecondità ·specifica dei criteri metodologici qui enunciati· a) in una situazione in cui la « legge·» economica è sempre meno il risultato di una somma di co~portamenti microeconomici e sempre piu la conseguenza diretta di una decisione macroeconomica (connessa con una scelta politica), l'economista non potrà superare il dilemma tra il rifiuto o l'assunzione di una responsabilità politica se non riuscirà a superare la tradizio11ale separazione tra economia e politica; b) il frequente contrasto tra scelte politiche e soluzioni economiche nella gestione dell'impresa pubblica può essere superato se a questa si attribuisce come funzione essenziale, economica e politica a· un tempo - coerentemente con la tesi che abbiamo sostenuto - il massimo sviluppo della forza produttiva del lavoro su scala Biblioteca Gino Bianco
Le basi scientifiche della politica economica nazionale; e) la politica di piena occupazione (cioè della piena utilizzazione della forza produttiva del lavoro) non può mai essere incompatibile con qualsiasi altra esigenza di politica economica che pretenda di fondarsi sull'obiettività scientifica, bensi deve costituirne il presupposto costante. • NOTA BIBLIOGRAFICA (per ordine alfabetico degli autori) ANTONIO G10LITTI J. BoNAR, Phylosophy and Politica/ Economy, London 1893 (II ed. 1922). M. DoBB, On Economie Theory and Socialism, (cap. V), London 1955. L. M. FRASER, Pensiero e linguaggio nella scienza economica, Torino 1955. W. D. LAMONT, The Value fudgement, Edinburgh 1955. I. M. D. LITTLE, A Critique of Welfare Economics, (cap. V), Oxford 1950. K. MARX, Storia delle teorie economiche, Torino (vol. III in corso di stampa). K. MARX, Introduzione alla critica dell'economia politica, Roma 1954. K. GuNNARMYRDAL, The politica/ element in the development of economie theory, London 1953. C. NAPOLEONvI,oce « Economica (scienza)>> nel Dizionario di economia politica, Milano 1956. A. G. P1Gou, Economia del benessere, Torino 1947. L. RoBBINs, Saggio sulla natura e l'importanza della scienza economica, Torino 1947. E. RoLL, Storia del pensiero economico, Torino 1954. J. A. ScHUMPETER, History of Economie Analiysis, New York 1954. • Bi"bliotecaGino Bianco
IL CONCETTO DI LAVORO IN MARX Non credo che lo scopo dell'articolo di Antonio Giolitti sia quello di presentare un'interpretazione, e magari una nuova interpretazione, di alcuni aspetti sia pure fondamentali del pensiero di Marx. Lo prova chiaramente il corso cosI vario del suo scritto, la gamma dei temi che esso accenna, e non ultima, direi, anche una certa eterogeneità degli stimoli e dei suggerimenti ch'esso accoglie. L'intento dell'articolo sembra piuttosto quello di mettere a punto alcuni principi teorici che servano da base a un discorso sulla natura e i compiti della politica economica. E in questo senso è da auspicare che su questi temi prendano la parola persone ben piu competenti di me, che non lo sono affatto. Tuttavia, se è vero che lo scritto non si presenta programmaticamente come un discorso su Marx, a me pare - e la cosa del resto non deve sembrar strana - che in alcuni noqi cruciali esso sia anche (per no11 dire soprattutto) un 'interpretazione di 1"1arx, al punto tale che isolarne e discutern.e questo aspetto già consente, a mio avviso, di afferrare un intreccio di questioni tutt'altro che marginale nell'argomentazione di Giolitti. Un punto sul quale io credo si possa essere senz'altro d'accordo con il suo articolo e dal quale anche a me sembra sia bene muovere, è la constatazione che, a partire dalla dissoluzione della scuola ricardiana, attraverso John Stuart Mili; l'utilitarismo e poi il marginalismo, l'analisi economica si spoglia sempre piu del suo carattere storico-sociale, portando al limite estremo la separazione di produzione e distribuzione, di economia e politica, di natura e storia. L'analisi economica diventa cosI « metapolitica e metasociale », l'economia si fa metafisica. L'argomento con cui vari econo,misti e sociologi borghesi motiva110 questa separazione è presto detto : esso si riassume nella tesi secondo cui an1rebbero considerati come appartenenti alla storia umana solo i rapporti di distribuzione, quei rapporti cioè - come dice Lenin - che « prima di formarsi passano attraverso la coscienza degli uomini», - ma non la pro~uzione. La produzione dipende piuttosto, essi dicono, Biblioteca Gino Bianco
• Il concetto di lavoro in Marx da leggi « naturali » eterne, mentre la distribuzione dipende dalla politica, dall'influenza che esercitano sulla società il potere, gli intellettuali· ecc. Il loro argomento è questo. La ragione, invece, da cui la se- . parazione procede, sta nel fatto che questi economisti credono che la produzione materiale, nella sua « essenza », possa ridursi a un semplice rapporto tra il singolo uomo e la natura. Nella produzione, cioè, essi vedono solo un processo lavorativo semplice, solo un rapporto tra l'uomo e la natura, e ~on anche un rapporto dell'uomo con l'uomo. Cos1 « la reale produzione della vita appare come fatto preistorico», presoci·ale, « mentre il fatto storico, inteso come qualche cosa che è separato dalla vita comune, appare come extra e sovramondano. Conseguentemente il rapporto dell'uomo con la natura vien escluso dalla storia e da qui si genera l'antitesi natura-storia », natura-spirito 1 • La srparazione tra produzione e distribuzione, tra economia e politica, si configura, quindi, come separazione tra un rapporto (che è presunto come) esclusivamente materiale o naturale da un lato, e un rapporto (che è presunto come) esclusivamente umano, o meglio esclusivamente spirituale dall'altro. In questo modo, cioè, si viene a scindere il rapporto uomo-natura nel rapporto sociale, perché si divide nell'uomo, per cos1 dire, « anima » e « corpo », considerando solo come . corpo l'uomo che è in rapporto con la natura (e, quindi, l'intero processo produttivo come un processo regolato da leggi « naturali>> eterne) e, inversamente, solo come anima, solo come coscienza, l'uomo che è in rapporto con gli -altri uomini (e, quindi, l'intero processo «storico» come un processo essenzialmente politico o ideale). Ma, di nuovo, perché la produzione viene intesa a questo modo, cioè come un processo lavorativo semplice? Un primo spunto per rispondere a questa domanda ci è offerto dalle considerazioni di M yrdal che Giolitti riporta : la pretesa di isolare « l'elemento economico >>da parte delle dottrine dell'economia «pura>> si fonda in realtà sulle « premesse normative >>del liberalismo, cioè su un atteggiam~ento « individualistico e antiinterventistico >>che è chiaramente un atteggiamento politico. In altre parole, la scissione tra economia e politica, che ha la sua esasperazione nelle concezioni dell'economia « pura >>è, in realtà apparente. Di fatto, l'economia «pura» è essa stessa un'economia « impura», pregna cioè di una valutazione politica. La sola differenza è che in . 1 ~- MARX,. Ideologia tedesca. Il passo si può leggere in MARX-ENGELS, Sul materialismo storico, Roma 1949, p. 20. · - 2 Biblioteca Gino Bianco
-18 Lucio Colletti questo caso si ottiene il risultato di « introdurre di contrabbando un contenuto normativo in espressioni apparentemente scientifiche », cioè che l'elemento politico si maschera sotto « una veste di alta scientificità >>, ovvero - come commenta Giolitti -· eh~ « l'elemento normativo politico >>viene qui assunto e introdotto « in modo surrettizio e non esplicito>>.L'apparente eliminazione del rapporto tra economia e politica implica, in effetti, una « subordinazione dell'economia a una politica>> e, cioè, « l'assunzione sub specie reconomiae di premesse politiche determinate >>.Cosf - egli conclude - i termini del rapporto « vengono capovolti>>. È questo il punto a cui fa capo sia il mio consenso che il mio dissenso da Giolitti. Divido, infatti, con lui il riconoscimento che l'economia «pura>> opera un processo di ipostatizzazione mediante il quale un principio, per sua natura storicamente determinato, « viene universalizzato, ipostatizzato come principio di validità permanente »; e, quin~ di, che questa ipostasi ha per contropartita l'introduzione surrettizia di contenuti empirici astratti, cioè un'assunzione di dati di fatto non mediata, incontrollata, e perciò viziosa. Solo che, proprio in quanto Giolitti a mio avviso non coglie con chiarezza tutte le. implicazioni di metodo che qui sono in gioco, le conclusioni che entrambi ne ricaviamo· sono diametralmente opposte. Perçhé la .cosa sia chiara, consideriamo brevemente la natura di questo processo di ipostatizzazione alla luce di uno dei tanti testi di Marx in cui esso è analizzato: per es. alla luce dell'lntroduzi~ne (del '57) alla critica dell'economia politica. L'economia politica, specie postricardiana (che è poi quella che il Capitale chiama Vulgi:iroekonomie), non formula - dice Marx - le proprie astrazioni distinguendo quali siano i caratteri essenziali (specifici) e q1Jelli non essenziali di un determinato sistema di produzione, bens1 combinando semplicemente, attraverso. un procedimento formale, le proprietà comuni a situazioni e sistemi eterogenei, senza tener in alcun conto le loro differenze storico-concrete. Cos1, mentre per es. l'astrazione della produzione, la « produzione in generale >>,dà una nozione articolata e complessa che contiene, oltre ai caratteri generali comuni a qualsiasi tipo di produzione, anche i caratteri specifici che contrassegnano solo talune epoche a differenza di altre: gli economisti « volgari>> prendono di quest'astrazione proprio i caratteri « piu semplici >>,i caratteri comuni a tutte le epoche. Essi spiegano, cosf, che « nessuna produzione è possibile senza uno strumento di ·produzione,· - questo strumento non fosse altro che la mano »; o Biblioteca Gino Bianco •
Il concetto di lavoro in Marx « senza lavoro passato e accumulato, - questo lavoro non fosse altro che l'abilità riunita e concentrata per reiterato esercizio nella mano qi un selvaggio>>; per concludere, infine, con l'affermazione. che il « mq-- derno capitale >>(che è anche uno strumento di produzione nonché l~- voro passato e oggettivato) è un fattore senza il quale nessuna prod~-- zione è concepibile, un elemento che contrassegna tutte le epoche sto-- riche, « una legge di natura >>uni versale e eterna 1 • In altre parole, mentre nell'analisi scientifica « le determinazioni che· valgono per la produzione in generale debbC?novenir escluse in modo, che per l'unità - che deriva già dal fatto che il soggetto, l'umanitàT e l'oggetto, la natura, sono gli stessi - non vada poi dimenticata la_ differenza essenziale>> (ibid.), l'economista compie invece il processo inverso. Scarta, ossia, i tratti specifici che differenziano in modo essenziale una determinata forma storica di produzione da tutte le altre, per attenersi invece proprio all'unità, cioè all'elemento generico che le accomuna. In tal modo la produzione - che è sempre produzione storicamente, cioè socialmente determinata - gli si riduce a un processo tra il singolo uomo e la natura, in quanto - volendo tener fermo l'elemento generale comune - egli deve prescindere dai rapporti sociali, sempre diversi, in cui essa si instaura di fatto. La produzione si vanifica cosf in quel processo lavorativo semplice che è « condizione generale del ricambio organico fra uomo e natura; condizione naturale etern~ della vita umana; quindi, indipendente da ogni forma di tale vita, e anzi comune egualmente a tutte le forme di società della vita umana>>. E a proposito del quale, co1ne Marx osserva, non si ha « bisogno di presentare il lavoratore in rapporto con altri lavoratori », giacché qui sono « sufficienti da una parte l'uomo e il suo lavoro, e dall'altra la natura e i suoi materiali >>. « Come dal sapore del grano non si sente _chil'ha coltivato, cosf non si vede-da questo processo - egli conclude - sotto quali condizioni esso si svolga, sotto la sferza brutale del sorvegliante di schiavi o sotto l'occhio ìnquieto del capitalista, non si vede se lo compie Cincinnato arando i suoi pochi jugeri o il selvaggio che abbatte una bestia con un sasso >> 2 • ~ Introduzione alla critica del!'economia politica, Roma 1954. Salvo avvertenza contraria, _tutte le citazioni di Marx riportate nel testo sono dalle pp. 12-15 di questo ~cr1tto. Sul met-0do d'astrazione indeterminato o generico della moderna economia, cfr. DoBB, Economia politica e capitalismo, Torino 1950, pp. 129 sgg. e SwEEZY, La _teoria dello svil~ppo capitalistico, Torino 1951, pp. 21-27. 2 Il Capitale, I, 1, Roma 1951, p. 202. · Biblioteca Gino Bianco
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